giovedì 31 dicembre 2009

Viareggio a sei mesi dalla strage: occupata la stazione

Sono stati occupati dai manifestanti per alcuni minuti i binari della stazione centrale di Viareggio, a sei mesi dalla strage, per chiedere giustizia. Il comico Paolo Rossi presente su uno dei treni bloccati scende e solidarizza con i manifestanti.

Il racconto dai compagni di www.dada-tv.org:

Sono passati sei mesi da quel maledetto giorno di giugno: 32 sono i morti ma ancora 0 gli iscritti nel registro degli indagati. Sembra quasi che il fuoco di Gatx e trenitalia che ha seminato tanto dolore abbia bruciato pure il registro degli indagati. A sei mesi dalla strage l’Assemblea 29 giugno ha deciso di occupare per alcune decine di minuti i binari della stazione di Viareggio durante il passaggio di due treni eurostar per protestare contro la mancata giustizia. Quasi 400 persone si sono predisposte sui binari con striscioni e gridando slogan per la verità e la giustizia. Il sindaco di Viareggio il signor Luca Lunardini assieme ai suoi amici della maggioranza erano latitanti. Una parte di viareggini stufa dei sorrisini ipocriti, delle frasi di circosatanza e della sudditanza psicologica verso il governo Berlusconi ha deciso di riprendere la lotta con più decisione.
Erano presenti esponenti di CGIL, Cobas, Arci e di una serie di altre realtà, oltre a tanti cittadini comuni. A portare solidarietà ai manifestanti è arrivato anche un commosso Paolo Rossi, il noto comico si trovava su uno dei due treni bloccati e appena ha saputo quanto accadeva è sceso a portare il suo saluto ai manifestanti. Alcuni giovani volevano continuare la protesta anche quando l’assemblea 29 giugno ha sgombrato i binari a dimostrazione che in città nonostante i tentativi del palazzo di normalizzare la faccenda c’è ancora tanta rabbia! In molti hanno promesso che la giornata del 29 dicembre è solo l’inizio di una lotta che è lontana dal finire.

CSA Dada Viruz Project Viareggio

SICURI SI, MA DI REDDITO

Il consiglio comunale di Empoli, lunedì 28 dicembre, ha approvato all'unanimità una mozione presentata dalla commissione economia, qualità e sicurezza del lavoro relativa alla riorganizzazione del servizio della raccolta dei rifiuti solidi urbani e delle eventuali ricadute sui lavoratori attualmente occupati.

Tale testo è il lavoro svolto dalla commissione sulla mozione originaria presentata dai gruppi consiliari Rifondazione, Comunisti Italiani e Marconcini Sindaco presentata nel consiglio comunale del 26 novembre e che vide l'invasione pacifica da parte di una trentina di lavoratori con uno striscione: SICURI SI, MA DI REDDITO.

Pensiamo che le preoccupazioni dei lavoratori siano legittime, Publiambiente, con Montelupo Fiorentino, ha innescato un meccanismo che riteniamo inverso alla logica. Se la priorità è la salvaguardia del livello occupazionale esistente si deve, innanzitutto, pensare al ricollocamento del personale che svolge attualmente servizio di igiene ambientale e cioè il personale attualmente impiegato da Publiambiente, quello della società cooperativa ATI e quello delle cooperative sociali Orizzonti e Mimosa. In seguito, poiché il "porta a porta" produce generalmente una crescita occupazionale, passare alle nuove assunzioni.

Non siamo contrari al servizio, anzi, lo abbiamo auspicato da sempre in quanto alternativa reale alla discarica e all'incenerimento.

Ci sembra inoltre che la tariffazione applicata, denominata puntuale, sia percepita come più equa e quindi più accettabile.

Non siamo neanche contrari al fatto che parte del servizio venga svolto direttamente da Publiambiente, pensiamo sia una importante inversione di tendenza per quanto riguarda le esternalizzazioni.

Elemento fondamentale per noi è che i lavoratori attualmente impiegati siano inderogabilmente ricollocati, i numeri della crisi, anche nel circondario, sono spaventosi, abbiamo perso il 25% dei contratti a tempo indeterminato in un anno, ci sono seimila lavoratori andati in disoccupazione e duemila di questi restano , ad oggi, disoccupati.

Con questo voto il sindaco e la giunta di Empoli si impegnano ad adoperarsi affinché venga rispettato l' art. 6 del CCNL di Federambiente e sia mantenuta un'attenzione privilegiata nei confronti della cooperazione sociale dentro la filiera del lavoro (anche attraverso il ricorso alla legislazione regionale per gli importi di minore entità), oltre a valorizzare adeguatamente l'esperienza maturata sul campo in eventuali future selezioni per assunzione di personale da parte di Publiambiente, al fine di tutelare il più possibile il futuro occupazionale di tutti i lavoratori coinvolti.

Siamo, infine, sorpresi dalla presenza della questura, anche se discreta, al consigilo comunale di lunedì: Il lavoro è un diritto, non un problema di ordine pubblico!

COBAS Empoli-Valdelsa.

martedì 22 dicembre 2009

Reddito contro la crisi

Empoli 22 dicembre
La Comunità in Resistenza di Empoli irrompe nell'assemblea del circondario sulla crisi.

Oggi, 22 dicembre si riunivano i sindaci degli undici comuni che compongono il circondario empolese-valdelsa per discutere della crisi. Gli studenti, i migranti e i precari sono entrati nell'assemblea, che si è svolta nella sala del consiglio comunale di Empoli, al grido “noi la crisi non la paghiamo” ed hanno distribuito un volantino con le loro richieste necessarie per affrontare la crisi e per non farla pagare alle categorie di cittadini più deboli: reddito minimo garantito per tutti e blocco degli sfratti.

Di seguito il volantino distribuito ai presenti:
CHI PERDE IL LAVORO PERDE LA CASA: REDDITO CONTRO LA CRISI!
La crisi economica che ci circonda è un dato di fatto in tutto il mondo e non risparmia il nostro territorio. Ogni giorno la cronaca locale è dominata da notizie di aziende che mettono in cassa integrazione o licenziano direttamente i lavoratori.
Il problema abitativo che sta affliggendo una sempre più larga fascia di popolazione è una delle prime conseguenze di questa crisi.
Da questo punto di vista le ripercussioni sul nostro territorio sono forti e siamo ben lontani dall’intravedere soluzioni.
Le istituzioni e gli enti locali, abituati ad un sistema sociale che si è sempre basato sugli alti livelli occupazionali, si trovano assolutamente impreparate nella gestione della precarietà sociale diffusa, sia per quanto riguarda le leggi e i regolamenti attuali, che per le iniziative e i progetti politici di breve e lungo termine.
Basti pensare ad esempio che né lo stato di disoccupazione o la cassa integrazione, né le morosità conseguenti alla perdita del lavoro, comportano alcun punteggio aggiuntivo nelle graduatorie per gli alloggi popolari.
Che il problema abitativo sia strettamente connesso alla crisi che vive il territorio è un dato incontestabile.
I dati che abbiamo acquisito dal tribunale di Empoli registrano segnali molto preoccupanti: su 232 udienze di sfratto, il 91% (211) sono per morosità; il dato nazionale e regionale è del 78%.
Questo significa un prevedibile e considerevole aumento di famiglie con sfratto entro la fine del 2010.
Se la crisi spinge alla crescita il numero di richieste d’aiuto, paradossalmente le misure prese in questi anni sono andate nella direzione opposta: il fondo affitti su base nazionale ha subito una vistosa riduzione (-69,58% dal 2000 al 2009), mentre le domande di contributo aumentavano in maniera esponenziale.
Il patrimonio abitativo pubblico (alloggi ERP), più che essere incentivato è stato svenduto: 37 mila euro di media per alloggio (dati Publicasa); oggi si vendono cioè in media 4 alloggi per costruirne uno. Teniamo presente che un’indagine SUNIA-CGIL del febbraio 2009 ha evidenziato che il 77,1% delle famiglie italiane ha un reddito annuo di 20.000 euro, cifre che rendono praticamente impossibile il ricorso al mercato privato o il pagamento di una rata di un mutuo.
Nel nostro ultimo dossier Empoli Precaria 2.0 abbiamo evidenziato la pesante mancanza di finanziamenti e programmi per l’Edilizia Residenziale Pubblica e gli inaccettabili meccanismi legati all’Housing Sociale, ennesimo regalo che il “pubblico” fa agli speculatori privati e alla rendita.
Uscire dalla crisi è possibile solo con la presa d’atto di una radicale inversione di tendenza dove è il pubblico a dover tornare protagonista. Il diritto alla casa non è per noi solo uno slogan.
E’ un principio che investe la sfera dei bisogni primari e, in quanto tale, tutelato dalla costituzione e dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.
Disconoscere tutto questo e delegare la “questione abitativa” esclusivamente ai provvedimenti giudiziari è perciò inaccettabile. Lo sfratto, qualsiasi sfratto, non è un fatto privato tra proprietario e inquilino: è un fatto politico, d’urgente e drammatica rilevanza sociale. La questione deve perciò trovare soluzioni adeguate in sede amministrativa e non nelle aule giudiziarie.
Sindaci e Prefetti sono figure con ampie possibilità di intervento nella vita pubblica. Fino ad oggi lo hanno dimostrato firmando i protocolli che limitano le libertà di manifestare, colpendo le libertà democratiche, vorremmo invece che questo impegno cominciassero a rivolgerlo contro gli speculatori, requisendo gli appartamenti e bloccando gli sfratti e la vendita del patrimonio pubblico.
Torniamo a chiedere oggi che sia il circondario a farsi carico delle politiche sociali per tutto il territorio, in modo che i comuni più virtuosi possano aiutare su questo tema quelli con meno possibilità.
Inoltre chiediamo agli amministratori locali di portare in regione la proposta di istituire anche in Toscana il reddito minimo di cittadinanza, come succede in molti (quasi tutti) i paesi europei, e come hanno fatto altre regioni, ultima la regione Lazio.
Un reddito minimo garantito, per tutti e slegato dal lavoro darebbe autonomia, sicurezza e possibilità di vivere una vita dignitosa a migliaia e migliaia di precari, disoccupati e sottopagati che abitano nella nostra regione e vivono sotto il perenne ricatto dell'arrivo a fine mese, del pagamento del mutuo o dell'affitto, del dover accettare lavori rischiosi per la propria sicurezza e salute.
COMUNITA’ in RESISTENZA EMPOLI

lunedì 14 dicembre 2009

Cronaca di un furto annunciato

Lo stupore dei complici. Cgil, Cisl, Uil, Ugl, che hanno fortemente voluto e sostenuto il trasferimento del Tfr ai fondi pensione e lo smantellamanto di fatto dell'istituto del Tfr, oggi sembrano stupirsi dell'uso che il Governo ne intende fare.

Per far quadrare i conti della Finanziaria 2010 da 9,2 miliardi, quel genio della finanza creativa che è il ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, ha pensato bene di ricorrere al prelievo di 3,1 miliardi dal TFR dei lavoratori dipendenti da imprese con oltre 49 addetti, che, pur avendo deciso di lasciare il proprio TFR in azienda, se lo sono visti dirottato in un fondo presso l'INPS a disposizione del Tesoro tramite la Cassa Depositi e Prestiti.

L'opposizione parlamentare (PD, IdV, UDC) ed i sindacati concertativi – Cgil/Cisl/Uil/Ugl – hanno gridato allo scippo dei soldi dei lavoratori (il TFR è salario differito).

Il governo Berlusconi replica perfidamente, affermando che utilizza legittimamente i fondi del TFR, che furono dirottati all'INPS proprio da un provvedimento varato nella Finanziaria 2007 dal governo Prodi; nel contempo garantisce ai lavoratori pensionandi che neanche un centesimo verrà sottratto alle loro liquidazioni.

Epifani controreplica, tirando in ballo Confindustria ai tempi ipercritica verso Il governo Prodi oggi silente nei confronti del governo Berlusconi, che con il governo Prodi il TFR dirottato presso l'INPS poteva servire per investimenti produttivi ed infrastrutturali e non per coprire la spesa corrente, come vuol fare oggi Tremonti.

A qualcuno di bocca buona e che probabilmente aspetta il minimo appiglio possibile verrà da dire che, seppure in ritardo, opposizione parlamentare e sindacati concertativi si sono finalmente svegliati e magari daranno battaglia.

Siamo dolenti di contraddire gli iperfiduciosi, ma le cose non stanno così.

Prima di tutto questo non è uno scippo, ma semplicemente l'indegna conclusione (o forse ci potrebbe essere anche di peggio) di un indecente percorso in cui lo scippo è stato già perpetrato a monte. Ci riferiamo evidentemente al lancio e alla generalizzazione dei Fondi Pensione, con il terrificante codazzo del meccanismo del silenzio/assenso e l'intrappolamento a vita, un vero e proprio ergastolo, del lavoratore che incautamente si era lasciato adescare dal 2007 in avanti iscrivendosi ad un Fondo Pensione.

I massimi sponsorizzatori di tale infame ed antidemocratica campagna sono state proprio, oltre le solite finanziarie e banche, Cgil-Cisl-Uil e la ruota di scorta Ugl.

Il precedente governo Berlusconi (2001 – 2006) tramite l'allora ministro del lavoro Maroni stabilì le regole, il successivo governo Prodi le perfezionò e ne anticipò l'entrata in vigore (dal 2008 al 2007).

Tutte le forze politiche parlamentari hanno appoggiato e appoggiano quello scippo del TFR.

I lavoratori si sono ben difesi, nel senso che la stragrande maggioranza ha rifiutato l'iscrizione ai Fondi e le mancate adesioni sarebbero state ancora più consistenti, se Prodi e Padoa Schioppa, avendo già sentore della crisi in arrivo, non avessero anticipato al 2007 l'entrata in vigore del meccanismo del silenzio/assenso.

Dopo gli scarsi risultati, in termini di iscrizione ai Fondi, allora conseguiti, nel mondo politico-istituzionale si levò qualche voce (per es. Amato) a chiedere almeno la possibilità di fuoriuscita, dopo un congruo periodo dall'adesione iniziale, per chi fosse iscritto ai Fondi; si parlò di rendere più appetibile, con la libertà di uscita, l'iscrizione ai Fondi.

Dai sindacati concertativi, nessun segnale in tale direzione; neanche da parte della “conflittuale” e “difensora della democrazia” FIOM; anzi è proprio il Cometa (fondo di categoria dei metalmeccanici) il Fondo pensione con il maggior numero di iscritti, che appunto sono presenti soprattutto nelle grandi fabbriche, ove le adesioni alla Fiom e al Cometa si sovrappongono. La Fiom non ha mosso un dito neanche nel periodo più acuto della crisi, per consentire la fuoriuscita dai fondi pensione.

Adesso, invece, anche quelle deboli voci che si erano levate per contestare l'ergastolo dei fondi pensione tacciono. Anzi si arriva a nuove provocatorie proposte (in parte già realizzate) come i fondi sanitari integrativi (già presenti nel contratto del commercio) o addirittura circola una proposta di legge per la cassaintegrazione “integrativa”, che sarebbe pagata con fondi gestiti tramite i famigerati Enti Bilaterali da aziende e sindacati concertativi; in più, non l'ultimo arrivato, ma il governatore della Banca d'Italia, Draghi, chiede che siano aumentati i contributi dei lavoratori per i Fondi pensione privati.

Adesso con il prelievo del TFR depositato all'INPS il governo mette in atto un prestito forzoso; è come se, avendo bisogno di soldi, emettesse BOT o CCT, solo che chi li compra lo fa liberamente e percepisce un interesse; sarebbe il caso che i lavoratori, il cui TFR è stato prelevato forzosamente, ne richiedano almeno gli interessi.

Rispetto poi alle lamentele di Epifani (sì all'utilizzo del TFR per investimenti produttivi, no per la copertura delle spese correnti), beh, lasciamo perdere. O meglio no, imponiamogli di non giocare più con i soldi dei lavoratori.

E comunque continuiamo a gridare il nostro NO ai fondi pensione e alla demolizione dello stato sociale.

lunedì 7 dicembre 2009

LIBER* TUTT* LIBERTA' DI MOVIMENTO

Sabato 12 dicembre alle 15.30 piazza San Marco a Firenze, manifestazione regionale.

Appuntamento Empoli ore 14,30 stazione ferroviaria.

Le operazioni di polizia e magistratura delle ultime settimane hanno creato in Toscana un clima di pesante intimidazione nei confronti di quanti sono impegnati nei movimenti in opposizione alle tante devastazioni sociali, sanitarie ed ambientali dei nostri territori e alla precarietà dell' esistenza e del lavoro.

Per il danneggiamento della sede di Casa Pound a Pistoia avvenuta l'11 ottobre 7 compagn* di Livorno, Pistoia e Colle Val'd'Elsa sono in carcere o agli arresti domiciliari, altri 5 denunciat*, senza alcun motivo, dal momento che sono estranei ai fatti e che la loro unica "colpa" e' quella di aver partecipato ad un' assemblea regionale che si svolgeva nel vicino circolo di un comitato di quartiere al momento dell’accaduto.

La polizia entra nel circolo, li trascina in questura e procede. Altri 4 arresti arrivano con il prosieguo delle indagini. Le accuse pesantissime per tutt* "lesioni" "violenza" e, non a caso, "Devastazione e Saccheggio", un’accusa gravissima, punibile con 8-15 anni di carcere. Lo stesso reato contestato ai responsabili della Strage del Vajont di 40 anni fa (3.500 morti e 3 paesi spazzati via) e, con disinvoltura, ai 10 manifestanti condannati per le proteste al G8 di Genova 2001.

A Firenze altre indagini portano all'arresto di un compagno ed alla perquisizione di altri 11. Contro "Mannu" viene addirittura usata l'aggravante di "Terrorismo". Gli altri 11 subiscono perquisizioni alla ricerca di materiale esplosivo ed il prelievo del DNA con l'accusa di "tentata rissa" per aver risposto alla chiamata d'aiuto di una ragazza minacciata da un gruppo di neofascisti nel centro di Firenze.

E' un clima di accanimento giudiziario e poliziesco inaccettabile.

Da anni assistiamo alla volontà di criminalizzare le pratiche dei movimenti sociali, dalle lotte sul territorio a quelle degli studenti, dei lavoratori, dei migranti. Sono centinaia le denunce, i processi e le condanne che tentano di trasformare in problemi di ordine pubblico le occupazioni, i cortei, le tante pratiche di riappropriazione e di solidarietà che quotidianamente i movimenti mettono in campo.

Stiamo sperimentando un clima sociale che alimenta l' insicurezza, fatto di odio, di discriminazione verso tutti i "diversi" possibili, di rottura dei legami sociali per una guerra di tutti contro tutti. Un clima nel quale crescono e si diffondono organizzazioni fasciste e razziste, responsabili di aggressioni ormai quotidiane, nel silenzio complice e spesso con la protezione delle istituzioni e di gran parte delle forze politiche. E’ una situazione voluta da questo come dai precedenti governi. Mentre vengono ridotti i diritti, lo stato sociale, i salari si producono strumenti di disciplina e controllo. A questo servono le leggi razziali del "pacchetto sicurezza" che rendono la vita impossibile per i migranti e a questo servono le tante ordinanze dei sindaci sceriffi delle nostre città che ignorando completamente i bisogni sociali creano il capro espiatorio nei marginali e nei poveri.

E' la politica di poteri che hanno paura, di istituzioni delegittimate da una crisi irreversibile della rappresentanza e che con la paura e il controllo cercano di governare una crisi economica dalle conseguenze sociali devastanti nella quale riprodurre e accentuare lo sfruttamento sempre più selvaggio del lavoro, il saccheggio dei territori, l'espropriazione dei beni comuni.

LA RISPOSTA CHE COME MOVIMENTI DIAMO A QUESTA SITUAZIONE PARLA DI LIBERTA' E DI DIRITTI, DI SOLIDARIETA' E DI UGUAGLIANZA. PARLA DELLA RICCHEZZA DELLE RELAZIONI SOCIALI CHE VIVONO NELLE PRATICHE DI AUTORGANIZZAZIONE, DI AUTOGESTIONE E DI CONFLITTO. Siamo impegnati a sviluppare percorsi di lotta aperti e partecipati, che mettono al centro i bisogni per rovesciare la precarietà della vita che ci viene imposta. La sicurezza che vogliamo conquistare è quella del e sul lavoro, quella del reddito, della casa, della formazione, di cicli produttivi puliti contro le nocività, della libertà di circolazione per sfuggire a guerre e miseria.

Movimenti e realtà di base contrappongono democrazia diretta e partecipazione ad un sistema politico utile solo a garantire privilegi.

E' per questo che fanno paura. E' per questo che contro le lotte si intensifica l'uso dei manganelli, del codice penale, delle operazioni di polizia, delle forme di controllo sociale.

PER TUTTO QUESTO SAREMO IN PIAZZA. PER L'IMMEDIATA LIBERAZIONE DEI COMPAGN* IN ARRESTO.

PER DENUNCIARE UN CLIMA PERSECUTORIO CHE QUESTA REGIONE NON VUOLE E NON TOLLERA.

PER RICORDARE IL 40° DELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA E LE TANTE VITTIME DELLA STRATEGIA DELLA TENSIONE.

SAREMO IN PIAZZA PER COMINCIARE A COSTRUIRE RELAZIONI E RETI CHE DIFENDANO E CONQUISTINO, TRA I TANTI DIRITTI E LIBERTA', UNA LIBERTA' IMPRESCINDIBILE OGGI PIU' CHE MAI: LA LIBERTA' DI MOVIMENTO.

TUTT* IN PIAZZA sabato 12 dicembre alle 15.30 piazza San Marco a Firenze

Libertà di movimento - Liber* tutt*

ASA – Lucca-

Centro di Documentazione di Pistoia

Comitato Antifascista San Lorenzo -Pistoia-

Comitato Pistoiese per la Palestina

Comunita' in resistenza/CSA Intifada - Empoli-

Confederazione COBAS

CSA nEXt Emerson – Firenze-

CUB Pistoia

Dada Viruz Project -Viareggio-

Movimento Antagonista Livornese

Movimento di Lotta per la Casa - Firenze-

Precari Autorganizzati -Pisa-

Progetto Prendo Casa -Pisa-

Spazio Liberato Ex-Breda - Pistoia-

Spazio Antagonista Newroz -Pisa-


IL GUERRIERO PACIFICO E I SERVI ITALIANI

Tutti insieme appassionatamente in Afghanistan

Non sappiamo come l’abbiano presa i cervelloni di Stoccolma, che qualche settimana fa ebbero l’ardire di regalare il Nobel per la pace ad Obama, la notizia che il novello “guerriero pacifico” (sulle orme della dalemiana “guerra umanitaria”) invierà altri 30 mila soldati nell’inferno afgano ad ammazzare e ad essere ammazzati. Immaginiamo però cosa ne debbano pensare quelle centinaia di migliaia di militanti statunitensi che tanto si spesero per l’elezione di Obama, nella ingenua convinzione che il primo “nero” presidente USA magari non avrebbe abbattuto il capitalismo ma almeno avrebbe posto fine alle guerra permanente e globale: e che certo non s’aspettavano che superasse in bellicismo persino Bush, visto che nessuno sano di mente può credere alla sua promessa di un ritiro delle truppe fin dal luglio 2011.

Ma a noi spetta soprattutto segnalare l’ennesimo e plebiscitario atto di super-servilismo non solo del governo ma dell’intero mondo politico-parlamentare italico che, battendo gli altri europei in volata, ha subito garantito ad Obama l’invio di altri 1140 militari in Afghanistan, a poche settimane dalle promesse leghiste di riportare “entro Natale” una parte delle truppe a casa. Dicono i mass-media che Hillary Clinton, altra “guerriera pacifica”, abbia “ reagito con gioia, affermando che l’Italia è un alleato di ferro”, aggiungendo poi che gli USA “contano sull’Italia anche per convincere gli altri alleati NATO, visto che l’Italia ha mostrato un ruolo-guida in Afghanistan”. E a conferma del ruolo super-bellico italico, il ministro della Difesa La Russa, giulivo, ha spiegato che “tutta la zona ovest dell’Afghanistan sarà controllata dagli italiani”. Ampio consenso da parte di tutta la sedicente opposizione parlamentare, PD e IDV in primis. Anzi: da bravo “primo della classe” Piero Fassino, che tanto si lamentò quando non lo volevamo alle manifestazioni no-war, ha criticato le intenzioni del governo di aumentare sì le truppe in Afghanistan ma di diminuire quelle in Bosnia e Kosovo.

Prima che, di fronte a nuovi e inevitabili “lutti nazionali”, ripartano i sempre più insopportabili e iper-ipocriti piagnistei massmediatici, in seguito ad altrettanto scontate morti in combattimento di guerrieri italiani, non sarebbe il caso che il movimento no-war ridesse significativi segni di vita e ricordasse in piazza che la maggioranza degli italiani continua ad essere ostile alla guerra in Afghanistan e altrove?

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

giovedì 3 dicembre 2009

Empoli vs Copenhagen

"Non possiamo risolvere i nostri problemi nello stesso modo in cui li abbiamo causati" A. Einstein
1/12/09. Comunicato stampa
Dal 7 al 18 dicembre 2009 i governi del mondo si riuniranno a Copenhagen per la XV conferenza ONU sul clima (COP15). Il compromesso che si annuncia esclude qualsiasi impegno concreto di riduzione delle emissioni nel medio periodo, sottoscrivendo una generica dichiarazione d’intenti per il 2050 unicamente per evitare il fallimento. La rete globale dei movimenti sociali, le associazioni indigene, contadine e ambientaliste saranno presenti negli stessi giorni per chiedere a gran voce di fermare questa follia.

Perché 350
350.org è una campagna internazionale che ha indicato il limite di 350 parti per milione come soglia di concentrazione di Co2 in atmosfera (ora siamo a 384) che il pianeta terra è in grado di sopportare. A distanza di 15 anni dal “Protocollo di Kyoto”, Copenhagen ospita la stessa conferenza per rinegoziare tale protocollo.

Il 24 Ottobre di quest’anno, la rete dei movimenti e delle associazioni ambientaliste ha lanciato una serie di azioni in centinaia di luoghi simbolici -dal Taj Mahal alla Grande Barriera corallina, dalle piramidi egizie a quella Maya. Anche in Italia sono state numerose le iniziative che hanno portato il numero “350” come simbolo della giornata di protesta per la giustizia climatica (www.350.org).

Ancora una volta le stesse persone che stanno causando la catastrofe climatica ci dicono di avere le soluzioni: commercio delle emissioni, il cosiddetto “carbone pulito”, più energia nucleare, biocarburanti, perfino un nuovo capitalismo verde (”Green New Deal”).

Viene prospettata una borsa dell’inquinamento attraverso l'erogazione di crediti negoziabili come qualunque altro bene e si chiamano tali investimenti “riduzione delle emissioni”. Persino il cambiamento climatico si trasforma in business: realizzare una centrale nucleare in Romania o Iran fa acquistare crediti re-investibili ad esempio, nel non rispetto delle soglie di produzione di Co2 nel paese costruttore.

Il sistema neoliberista e il produttivismo hanno prodotto negli ultimi secoli disuguaglianze sociali, sfruttamento e povertà. Lo sfruttamento intensivo delle risorse del pianeta ha causato la devastazione di immensi territori, e presto queste risorse termineranno. Oggi difendere il pianeta significa difendere l’umanità, significa rendere possibile un futuro a noi, ai nostri figli ai nostri nipoti. Per questo non facciamo alcuna differenza fra la lotta per la giustizia climatica e quella per la giustizia sociale.

Per questo riaffermiamo la nostra contrarietà a chi pensa di imporre nel nostro territorio la costruzione della più importante fabbrica di diossina oggi esistente: l'INCENERITORE. Non riconosciamo alcuna “sostenibilità” ad un impianto in grado di emettere DA SOLO, un quantitativo di diossina annuo pari a quello di 71 milioni di auto in movimento (400 t/g . Fonte medicina democratica). La difesa dei territori passa oggi dalla difesa dei beni comuni, contro ogni forma di privatizzazione e dalle lotte quotidiane per difendere ambiente e condizioni di vita.

Solo le azioni collettive di contrasto che sapremo intraprendere contro le cause sistemiche del cambio climatico ci daranno un futuro migliore, non qualche lampada a basso consumo energetico.

Il futuro può essere riscritto; se non ora, quando?

lunedì 23 novembre 2009

France Telecom: crisi e suicidi

France Telecom, la paura e il terrore della riorganizzazione tocca un po tutti: negli ultimi tempi si è visto un dirigente pugnalarsi davanti ai suoi colleghi durante una riunione e una giovane dipendente si è lanciata dal 4° piano.

E chi tra i suicidi ha lasciato qualche spiegazione ha accusato France Telecom, i suoi dirigenti e i suoi metodi brutali.

Il messaggio inviato da Stéphanie, 32 anni, poco prima di suicidarsi è terribile: “il mio capo non lo sa ancora, ovviamente, ma sarò la 23iesima dipendente a suicidarmi.
Non accetto la nuova riorganizzazione del servizio.
Cambio di capo e per avere quel che avrò preferisco morire.
Lascio in ufficio la borsa con le chiavi e il telefonino.
Porto con me la mia carta di donatrice di organi, non si sa mai.
Mi dispiace che tu riceva un messaggio di questo genere, ma sono più che persa.
Ti voglio bene, papà”.

Pochi minuti dopo la ragazza si è buttata giù dalla finestra del suo ufficio.

Trascorsi alcuni giorni un altro dipendente si è lanciato giù da un viadotto, la ventiquattresima vittima.
Nella lettera alla moglie si è detto disperato per le condizioni di lavoro.

Sotto accusa in particolare il numero due di France Telecom, Luois-Pierre Wenes, l’uomo incaricato di tagliare i costi, “una volta ci ha detto: sottomissione o dimissione” racconta un sindacalista.

E a metà ottobre purtroppo c’è stato il 25esimo suicidio: un ingegnere di 48 anni si è suicidato a casa sua impiccandosi, lavorava nello stesso centro di ricerca e sviluppo dove, alla fine di agosto, si era tolto la vita un altro collega.
Appena qualche giorno prima i vigili del fuoco avevano sventato un altro suicidio bloccando un lavoratore di FT che tentava di impiccarsi nella sua cantina.

Sotto accusa pure il presidente di FT Lombard anche per la diffusione di un video nel quale rivolgendosi ai dipendenti aveva dichiarato “che chi pensa di riposarsi sugli allori e di starsene tranquillo, si sbaglia di grosso… quelli che non sono a Parigi, che pensano che andare a pesca sia meraviglioso, beh è finita…”.

Secondo alcuni sindacalisti di base la situazione è gravissima: “quel che temiamo veramente è che qualche lavoratore disperato faccia un massacro”.

fonte: Giornalino dei Call center e TLC

martedì 17 novembre 2009

MTM, è proprio così difficile cercar di cambiare?

A maggio 2008, a Guasticce, nasce una fabbrica che comincia a produrre con una cinquantina di operai e operaie, con contratto a termine o come interinali.

È un inizio promettente, perché il mercato "tira" e si devono installare altre linee, anzi si deve mettere in piedi una seconda fabbrica, a qualche chilometro dalla prima, a Montacchiello. Nuove assunzioni, sempre con gli stessi tipi di contratto.

Ma il mercato continua a essere favorevole, quindi si raddoppia Guasticce, nel senso che ci si installa una seconda unità produttiva, vicino alla prima, si lascia Montacchiello e si raggiungono i 400 dipendenti, di cui 390 precari e 10 a tempo indeterminato.

È un record assoluto nel panorama italiano, pure pesantemente sbilanciato nel senso della precarietà del lavoro.

A Guasticce, infatti, il rapporto tra contratti a tempo indeterminato e quelli a termine o interinali è di 1 a 39. Cioè, su 40 dipendenti, 1 solo è stabile e 39 sono precari, come ai tempi della cosiddetta "rivoluzione industriale". Ma s'era nel 1800!

Intanto, la Direzione si arrampica sugli specchi per tentare di giustificare questa mostruosità contrattuale raccontando ai giornali che l'azienda si deve ancora assestare sul mercato, su cui si trova da appena (!!!) 18 mesi.

E così, la barca va, ma va come un tempo andavano le galee, o galere come si chiamavano, dove a remare erano installati i galeotti, cioè disgraziati resi schiavi e incatenati ai remi.

Si dirà che i lavoratori della MTM (sì, parliamo proprio di lei!) non sono schiavi e non hanno le catene e, se vogliono smettere di remare, sono liberi di tuffarsi in mare.

Ma non si dice che, anche se sanno nuotare, rischiano di fare una finaccia, perché quello è il mare della disoccupazione, dove ai 2milioni e mezzo di disoccupati di un anno fa se ne sono aggiunti altri 500mila in questi mesi di crisi economica, mentre almeno altrettanti se ne aggiungeranno nei prossimi 12 mesi.

E' troppo dire che questo permette alla Direzione di ricattare i suoi dipendenti?

Per non parlare delle condizioni di lavoro, fatte:

•- di ritmi sempre più insostenibili, frutto del controllo asfissiante sui tempi di lavoro e del loro continuo taglio;

•- di riduzione progressiva del numero di postazioni per linea, cosa che, insieme alla intensificazione dei ritmi, determina un enorme aumento dei livelli produttivi;

•- della posizione pesantemente tesa e ricurva con cui il nostro corpo deve stare sulla postazione, che è un autentico massacro per la colonna vertebrale, con un tempo complessivo di pausa che è assolutamente insufficiente a salvaguardarne la salute.

Il tutto condito da promesse di promozione e stabilizzazione per i "migliori", usate come specchietto per le allodole, per farci sopportare quest' "inferno" in attesa del meritato "paradiso" e, al tempo stesso, per metterci in competizione tra noi e dividerci in "buoni" e "cattivi".

Ma è davvero così che potremo avere i nostri diritti? O non è il caso di cominciare a organizzarci e unirci, stabilire tra noi una vera unità come condizione fondamentale per cambiare la situazione?

Non è ancora arrivato il momento di rivendicare passaggi a tempo indeterminato, bloccare l'intensificazione dei ritmi lavorativi, avere pause adeguate alla tutela della nostra salute?

Leggi e contratti collettivi prevedono soluzioni per i problemi più acuti che finora abbiamo vissuto in silenzio e con rassegnazione. Si tratta di farli rispettare!

COBAS METALMECCANICI

sabato 14 novembre 2009

NON COLLABORARE ALLA DISTRUZIONE DELLA SCUOLA PUBBLICA, OPPONITI ALLE DECISIONI ILLEGALI DEI DIRIGENTI SCOLASTICI


CAMPAGNA CONTRO L’ILLEGALITA’ E IL COLLABORAZIONISMO NELLE SCUOLE

Contro i gravissimi tagli a posti di lavoro, scuole, classi, ore di lezione

Contro l’espulsione dei precari

I colleghi precari/e, per difendere il lavoro e la scuola pubblica, sono in lotta da mesi con cortei, sit-in, occupazioni di USP e di tetti simbolici. La loro assenza nelle scuole sta danneggiando la qualità dell’istruzione e comportando aumenti pesanti e ingiustificati dei carichi di lavoro per tutti i docenti ed ATA. Ma ad immiserire ulteriormente l’istruzione pubblica contribuiscono in maniera enorme le decisioni dei dirigenti scolastici, illegali alla luce delle normative vigenti e di recenti circolari e Note ministeriali, sulla assegnazione di cattedre extralarge oltre le 18 ore frontali alle medie e alle superiori, sull’uso delle ore delle ex-compresenze alle elementari, sulla copertura delle assenze brevi, sulla formazione di classi ......continua a leggere

lunedì 9 novembre 2009

Dead Peasant insurance : ovvero guadagnare sulla morte dei dipendenti

Nel film di Michael Moore, "Capitalism" si parla dei “Dead Peasant insurance” (assicurazione sul contadino morto), una sorta di assicurazione sulla vita che le società statunitensi stipulano sugli impiegati «non indispensabili». Tale assicurazione ha due caratteristiche particolari:
a)Il beneficiario non è l’impiegato assicurato bensí la societá stessa;
b)Non è necessario il consenso dell’assicurato e nemmeno che egli sia a conoscenza dell’esistenza del contratto.
In sostanza, molte società senza scrupoli vedono nella morte dei dipendenti una fonte di guadagno piuttosto cospicua e non tassabile, come la legge fiscale prevede a proposito degli introiti provenienti dalle assicurazioni sulla vita.
Questo tipo di contratto è vietato, perché può rappresentare un incentivo alla privazione e al non rispetto della vita umana, tale divieto non esiste, ad esempio, in Georgia. Per una società non è certo un problema stipulare un contratto assicurativo con una compagnia avente sede in un altro stato.
Il segreto professionale in materia rende molto difficile (se non impossibile) identificare con precisione quante polizze di questo tipo siano state stipulate e quali società ne siano beneficiarie; nel maggio 2002 si parlava di miliardi di dollari provenienti dalle “assicurazioni sul contadino morto” depositati nelle principali banche degli Stati Uniti d’America.
Casi portati alla notorietà dai media hanno consentito di stabilire una lista di colossi commerciali, che utilizzano sistematicamente le “assicurazioni sul contadino morto”, alcuni di essi sono:
Wal-mart (grande distribuzione)
Camelot Music / CM Holdings Inc (catena di negozi di articoli musicali)
Nestlé Usa (industria alimentare)
Procter & Gamble (proprietaria di innumerevoli marchi, ad es. Pringles, Topexan, Pampers, Pantene e moltissimi altri)
Enron (industria energetica)
Pitney Bowes (settore Internet technology)
Panera (distribuzione alimentare)
AT & T (telecomunicazioni)
Dow Chemical (industria chimica)
Walt Disney (industria dell’intrattenimento)
National Convenience Stores (grande distribuzione)
Alcuni dati:
Nel 1998 gli impiegati della «Camelot Music / CM Holdings Inc» scoprirono di essere potenziali «contadini morti» assicurati, la società avrebbe incassato, alla morte di ognuno di loro, tra i 273.000 e i 368.000 dollari; la morte di diversi impiegati procurò alla società 1,3 milioni di dollari.
La morte di impiegati della «Panera» fruttò alla società stessa, nel 2002, 3 milioni di dollari.
Nel 2002 350.000 impiegati della «Wal-mart» erano potenziali «contadini morti», come del resto lo erano 18.000 dipendenti della «Nestlé Usa», 23.000 della «Pitney Bowes» e 15.000 della «Procter & Gamble».
Hanno destato inoltre particolare scalpore alcuni casi specifici, ne ricordiamo alcuni:
«Camelot Music / CM Holdings Inc» percepì nel 1992 339.302 dollari alla morte dell’impiegato Felipe Tillman, la famiglia di quest’ultimo non vide nemmeno un centesimo.
In caso di morte per incidente sul lavoro (ad esempio a causa delle frequenti rapine) un impiegato della «National Convenience Storse» fruttava alla società 250.000 dollari, uno di essi fu William Smith (morto nel 1991).
«Wal-mart» intascò, nel 1998, 64.000 dollari alla morte di Douglas Sims; anche in questo caso non fu dato nulla alla famiglia.
Nel 1994 la «Advantage Medical Services Inc» si rifiutò di partecipare alle spese funebri di Peggy Stillwagoner (impiegata come infermiera) nonostante la sua morte fruttò alla società 200.000 dollari.
Questo deprecabile prodotto assicurativo ha permesso di incassare a molte società americane milioni di dollari esentasse, addirittura si parla di 6 miliardi di dollari di reddito d’imposta perso dal Ministero del Tesoro.
Queste cifre spaventose hanno risvegliato l’interesse del governo, il quale, anziché battersi contro questa odiosa pratica, ne ha tratto ispirazione: nell’aprile 2003, infatti, il repubblicano Kenny Marchant (membro del governo Texano) ha istituito le G.O.L.I., ovverossia Government Owned Life Insurance, uno strumento del tutto simile a quello visto sopra, che consente al governo del Texas di assicurare qualsiasi pensionato texano senza che egli dia il proprio consenso o che ne sia a conoscenza, incassando il premio alla morte di quest’ultimo.
Fonti:
http://www.hereinreality.com/deadpeasant.html
http://www.gwu.edu/~ccps/etzioni/B413.html
http://best.enigmati.ca/trans-action/200204/0407.html
http://www.walmartwatch.com/
http://www.chron.com/
http://deadpeasantinsurance.com/
Michael Moore, «Ma come hai ridotto questo paese?» Edizioni Mondadori.

mercoledì 4 novembre 2009

La vita di un lavoratore vale mille e ottocento euro

La vita di Mario Soggiu vale mille e ottocento euro. La cifra stampata sull'assegno che, ad oggi, ha ricevuto la moglie Mariangela Stoccaro madre delle loro due bambine rispettivamente di 10 e 12 anni. Mario Soggiu aveva 56 anni quando lo scorso 15 luglio ha perso la vita nel cantiere del nuovo ospedale di Bergamo. «Mario era uno molto attento sul lavoro - racconta al Fatto Quotidiano la signora Mariangela da Alghero -. Era abituato a svolgere anche lavori molto pericolosi ma era uno con la testa sulle spalle. Faceva il tubista industriale. Non era un semplice idraulico come hanno scritto i giornali. In passato aveva ricoperto anche mansioni di responsabilità. Quello era il suo primo giorno di lavoro a Bergamo». Le due figlie lo avevano salutato la domenica precedente alla sua partenza: prima tappa Roma per sistemare alcune pratiche per il nuovo lavoro e poi il viaggio per Bergamo dove avrebbe lavorato per conto della Ildocat Spa.
Mario Soggiu è morto precipitando dal quinto piano di una delle sette torri del cantiere. Una scala poco illuminata e senza alcuna protezione. Il suo corpo privo di vita è stato rinvenuto da un compagno di lavoro. Ma per l'Inail alla moglie Mariangela non spetta alcun indennizzo. Per la precisione nella lettera inviata dall'Istituto nazionale di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è scritto che «non spetta alcuna indennità in quanto l'infortunio non risulta avvenuto per rischio lavorativo bensì per il verificarsi di un rischio generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano».

sabato 31 ottobre 2009

Martedì 3 Novembre: ANCORA UN ALTRO SFRATTO PER MOROSITA’

L'ufficiale giudiziario arriverà probabilmente puntuale come sempre, alle 8 di Martedì 3 novembre, con il consueto corollario di forza pubblica, fabbro etc.. ad eseguire lo sgombero nella casa di S.Miniato in cui vive Zahara. L'ennesima esibizione muscolare nei confronti di un soggetto debole per definizione: migrante, attualmente sola con tre figli minorenni e un lavoro part-time che non le consente il pagamento di un affitto a prezzi di mercato. Da diversi mesi seguiamo il suo caso accompagnandola nei vari incontri con assessori e assistenti sociali del comune di S.Miniato. A pochi giorni dallo sgombero abbiamo soltanto una dichiarata disponibilità dell’amministrazione nel ricercare soluzioni adeguate ma nessuna proposta concreta.. Considerato che l'ultimo possibile tentativo di mediazione è stato fissato lunedì 2 novembre, giorno precedente allo sgombero, siamo costretti a indire comunque il presidio antisfratto, con l'auspicio di poterlo revocare nel caso di un eventuale soluzione. Speriamo che in questo clima di generale indifferenza, alimentato molto spesso da amministratori che preferiscono voltarsi altrove ed affrontare l'emergenza abitativa in forme caritatevoli, assistenziali ed emergenziali l'amministrazione di S.Miniato possa garantire scelte in controtendenza.
Da tempo chiediamo un tavolo del circondario, allargato a tutte le componenti istituzionali, sindacali e associative. Da oltre due anni offriamo consulenza legale gratuita, blocchiamo gli sfratti e denunciamo politiche urbanistiche tanto indifferenti alle questioni sociali quanto colluse (come nel caso di Montespertoli) con la tutela di interessi particolari. Nessuno ci ha mai risposto. Per farci ascoltare abbiamo dovuto a volte alzare la voce, occupando ad esempio simbolicamente l'ufficio casa del comune di Empoli o un edificio di proprietà pubblica.
Da tempo affermiamo come la morosità non sia una libera scelta individuale ma il prodotto di una crisi innescata dalla speculazione finanziaria e da politiche di liberalizzazione da noi sempre contrastate e i cui costi non intendiamo pagare. La casa non è un problema di ordine pubblico ma un diritto universalmente riconosciuto e come tale va strenuamente difeso.
Sportello sociale COBAS – ORDA PRECARIA
Empoli, 31/10/2009

giovedì 29 ottobre 2009

LA LOTTA PAGA- reintegrato Dante De Angelis

Lunedì 26 ottobre il giudice del lavoro del Tribunale di Roma ha reintegrato Dante De Angelis, annullando il licenziamento di Trenitalia del 15 agosto 2008!

Dante, macchinista Fs e delegato alla sicurezza (Rls) era stato licenziato perché aveva lanciato il campanello di allarme sulla sicurezza in ferrovia, dopo gli incidenti ai treni Eurostar.
Dante si è sempre battuto per la sicurezza di tutti: lavoratori, viaggiatori e cittadini. Ha dato un grande contributo sulla questione delle “Porte killer”, il cui mal funzionamento è la prima causa di infortuni, anche mortali, di viaggiatori e lavoratori. Dante è impegnato sulla sicurezza in tutti i luoghi di lavoro, battendosi, insieme a Rls, delegati e attivisti, perché un giorno non debbano più verificarsi infortuni e morti sul (e da) lavoro.

Al suo reintegro ha contribuito la lotta dei ferrovieri, di tanti lavoratori e dell’Assemblea 29 giugno, organismo di ferrovieri, lavoratori, giovani e cittadini, nato dopo la strage di Viareggio, che si è posto, fra gli altri, l’obiettivo della reintegrazione di Dante al suo posto di lavoro e di lotta.
Come Assemblea abbiamo organizzato un pullman da Viareggio e partecipato al presidio davanti al Tribunale di Roma, insieme a ferrovieri, lavoratori, cittadini e forze politiche e sindacali, con la consapevolezza che “sicurezza e salute” sono parole vuote se si accetta che delegati alla sicurezza siano intimiditi, minacciati, sospesi e licenziati, come nel caso di Dante. Questi lavoratori sono un patrimonio, da proteggere e difendere nell’interesse di tutti: infatti, il disastro di Viareggio è un incidente sul lavoro che ha coinvolto persone che riposavano nelle proprie abitazioni.

Come Assemblea, dopo questo primo, importante, obiettivo, continueremo la battaglia per:
- sostenere i familiari delle vittime e quanti sono stati colpiti dalla strage; - socializzare e sviluppare le lotte sulla sicurezza in ferrovia; - accertare le responsabilità e la verità sulla strage di Viareggio.

L’8 settembre scorso l’Assemblea 29 giugno ha partecipato alla “Conferenza sulla sicurezza ferroviaria” di Bruxelles, istituita dalla Commissione Europea in seguito alla strage di Viareggio, nella quale abbiamo presentato proposte concrete per far sì che quanto avvenuto il 29 giugno non debba ripetersi mai più. Ad oggi, nessuno degli organismi competenti è intervenuto nel merito.
Invece, a giorni avrà inizio lo smantellamento dei binari 9 e 10 della stazione di Viareggio! Intervento che, oltre ad essere ininfluente rispetto alla sicurezza (in quanto sono binari in cui avviene lo stazionamento di alcuni treni), può contribuire, invece, al depotenziamento e al declassamento della stazione, con il rischio della chiusura (almeno notturna) penalizzando appunto la sicurezza (!).

L’Assemblea è impegnata a socializzare, definire e sviluppare le nostre proposte, anche attraverso un seminario che si terrà a fine novembre. Inoltre, oggi, partecipiamo alla manifestazione del 29 ottobre, promossa dai volontari della P.A. Croce Verde di Viareggio anche perché dopo 4 mesi: 31 morti e 0 indagati.

Invitiamo lavoratori e cittadini ad unirsi alla nostra attività per la sicurezza, la verità e la giustizia e a partecipare alla manifestazione
del 29 ottobre (appuntamento alle 21.15 in piazza Mazzini)

Viareggio, 29 ottobre 2009

Assemblea 29 giugno

martedì 27 ottobre 2009

E' ora di farsi sentire ad alto volume ... Quanto Basta

Pubblichiamo l'editoriale di "Quanto Basta", testata a numero unico a cura della cooperativa Liberaroma e di Asia Rdb, distribuito gratuitamente il 23 ottobre a Roma, durante la manifestazione nazionale legata allo sciopero generale

E’ ora di farsi sentire.

E siccome abbiamo davanti dei padroni chiusi a riccio nella difesa dei propri profitti in crisi, e un governo totalmente sordo a qualsiasi problema sociale, è ora di farsi sentire ad alto volume. Con l’avvio della crisi l’Italia è cambiata. In peggio. Il quadro in cui ci eravamo abituati a vivere è decisamente mutato.

Un esempio: persino quella vergogna che chiamavamo «consociativismo» tra imprese e sindacati, tra partiti di governo e di opposizione, tra diavoli veri e acque sante finte è stato cancellato.

Ai sindacati, oggi, non viene più offerta nemmeno la «concertazione». Da loro si pretende, e si ottiene, la complicità. Cisl e Uil, insieme a Ugl e cento sigle corporative, l’hanno già garantita; era nel loro dna. La Cgil è invece spaccata verticalmente tra chi vorrebbe fare altrettanto e chi, come i metalmeccanici, mostra volontà e capacità di resistenza. Le centinaia di scioperi spontanei seguiti alla firma del contratto separato fanno vedere a tutti che i lavoratori non sono pecore da portare al macello; che una reazione adeguata è possibile.

In ogni caso, però, la difesa di condizioni di vita e di reddito decenti da tempo non più garantite è oggi esclusivamente in mano nostra. Trenta anni di sindacalismo di base dimostrano che si può fare. Un patrimonio immenso di strutture, esperienze, militanti, che copre l’intero territorio nazionale.

Ma l’attacco al lavoro oggi è a tutto campo. Non si può pensare di resistere a questa offensiva e rovesciare la tendenza se ognuno si muove da solo, come organizzazione, categoria, posto di lavoro.

E’ il momento di mettere in comune noi stessi , di generalizzare e unificare stabilmente le lotte. Siano esse di fabbrica, di ufficio, per la casa o per il reddito. Ognuno di noi è una persona che nel corso della giornata sembra vestire «abiti» sociali differenti. Siamo lavoratori, utenti, telespettatori, automobilisti, consumatori. Ma anche disoccupati, precari, intermittenti, con casa o in cerca di una casa. Siamo «bianchi» quando c’è da rivendicare un posto più alto in graduatoria o un diritto riservato a pochi; siamo «neri» quando dobbiamo contrattare una retribuzione davanti a un padrone.

Paghiamo il mutuo o l’affitto, e in entrambi i casi lasciamo a qualcun altro una fetta mostruosa del nostro reddito. Un reddito che ormai non basta a chi pure un lavoro (o una pensione) ancora ce l’ha; e che sembra un miraggio ormai a chi l’ha perso o non lo ha mai trovato.

Vorrebbero dividerci tra «garantiti» e «non», «stabili» e «precari», tra nonni, padri, madri e figli. Come se ognuno di noi non facesse ogni giorno i conti con un genitore o con un figlio, per cercare di condividere quel che serve per vivere. O semplicemente per sopravvivere. Come se ognuno di noi non sapesse quanta fatica costa l’incrociare reddito e bisogni, il possibile e l’indispensabile. Nell’ultimo anno quasi un milione di noi ha perso il lavoro, precario o stabile che fosse. E un altro milione attraversa periodi sempre più lunghi di cassa integrazione; ovvero l’anticamera del licenziamento, visto che la «ripresa» proprio non si vede, neppure all’orizzonte.

Questo governo non ha fatto nulla per ridurre o attenuare questo problema. Anzi, lo ha aggravato licenziando 57.000 lavoratori della scuola, con altri 73.000 in uscita nei prossimi due anni. Quel che sta avvenendo è chiaro: imprese, banche e governo stanno scaricando su di noi il costo della crisi. E noi non possiamo accettarlo.

Ci hanno già tolto quasi tutto, non possiamo arretrare ancora. Abbiamo bisogno di lavoro; e, se non c’è, di reddito. Ogni essere umano ha diritto a vivere; come gli altri e insieme agli altri. Per questo siamo scesi oggi in piazza, occupati e non, dipendenti pubblici e «privati», uomini e donne, nativi e migranti, «a tempo indeterminato» e precari, giovani e «anziani».

Perché abbiamo capito che ora siamo precari tutti, sul lavoro e nella vita. E che l’unica «stabilità» è privilegio dei padroni più cattivi degli altri.

Per questo ci mettiamo insieme senza voler più tollerare distinzioni ossia divisioni tra i diversi modi di «stare sotto».

Non siamo impazienti, sappiamo che ci vorrà tempo e saggezza per riannodare i fili di una socialità consapevole di cui si è persa memoria.

Ma siamo come sempre intransigenti: sta con noi solo chi lotta, chi non pietisce, chi non cerca una raccomandazione o, strumentalmente, un voto elettorale.

E’ l’ora di farsi sentire. Col volume alto. Cominciamo oggi un’altra storia.

vai a Liberaroma.org

venerdì 23 ottobre 2009

Patto di base, 150.000 in corteo a Roma. Bloccati i trasporti in tutta Italia


UNIFICARE LE LOTTE PER NON PAGARE LA CRISI. CENTINAIA DI MIGLIAIA IN PIAZZA PER LO SCIOPERO GENERALE DEL PATTO DI BASE.
Sono centinaia di migliaia i lavoratori che questa mattina hanno manifestato in tutto il Paese con il Patto di Base in occasione dello sciopero generale nazionale di 24 ore proclamato RdB, SdL Intercategoriale e Confederazione Cobas.
150.000 a Roma per la manifestazione nazionale, dove hanno sfilato in corteo da Piazza della Repubblica a San Giovanni i tanti protagonisti delle lotte in corso in tutti i settori del mondo del lavoro: dalle fabbriche mobilitate contro la chiusura, ai dipendenti pubblici contro il decreto Brunetta, dai lavoratori della scuola che contrastano la distruzione dell’istruzione pubblica, ai lavoratori dei trasporti ai tanti precari che, nonostante Tremonti ed ormai immunizzati agli annunci, sono scesi in piazza sotto l’ala protettrice della Beata Assunta per rivendicare lavoro vero e reddito per tutti/e.

Il corteo è stato aperto dallo striscione unitario del Patto di Base: UNIFICARE LE LOTTE PER NON PAGARE LA CRISI.
Nonostante con il galoppare della crisi sia sempre più difficile per i lavoratori/trici rinunciare ad un giorno di retribuzione, circa due milioni di salariati hanno scioperato in tutta Italia. Le medie più alte nella scuola (circa il 40% secondo i dati affluiti dalle 30 città più grandi) e nei trasporti urbani, ma buona anche la partecipazione in tante fabbriche, nel pubblico impiego, sanità, commercio, trasporto ferroviario, aereo e marittimo, telecomunicazioni e aziende pubbliche.
...... (continua )

martedì 20 ottobre 2009

Venerdì 23 é SCIOPERO GENERALE

I Cobas Empoli-valdelsa aderiscono allo sciopero generale di otto ore per tutte le categorie private e pubbliche di venerdì 23 ottobre indetto dalle sigle sindacali di base Confederazione Cobas, CUB, SdL intercategoriale. Vista l’alta adesione dei lavoratori della Cooperativa ATI si informano gli utenti che ci saranno ritardi e disservizi per quanto riguarda la raccolta differenziata della carta. Si rende inoltre pubblico che la perdita dell’appalto della raccolta della carta a Montelupo Fiorentino ha comportato l’impossibilità di rinnovare alcuni contratti di lavoro a tempo determinato. Alcuni lavoratori iscritti ai Cobas, per garantire il rinnovo di tali contratti, si sono accordati con il consiglio di amministrazione della cooperativa per una riduzione dell’orario di lavoro, attraverso la trasformazione di contratti full-time, in contratti part-time. La rinuncia ad una quota significativa di salario, seppur per un periodo limitato di tempo, si rende necessaria per difendere il diritto al reddito di altri lavoratori e per riaffermare quei principi di solidarietà dal basso che contraddistinguono il nostro agire.
Cobas Empoli-valdelsa aderente alla Confederazione Cobas del lavoro privato.

lunedì 19 ottobre 2009

Roma antirazzista: 200.000 in piazza

Migliaia in strada contro tutte le forme di intolleranza: razzismo, xenofobia, omofobia. Al centro della protesta anche il pacchetto sicurezza e l'istituzione concentrazionaria dei cie.

Dire no a ogni forma di razzismo e discriminazione e ottenere un radicale cambiamento delle politiche sull'immigrazione, in primis l'abrogazione del pacchetto sicurezza: sono queste le parole d'ordine scandita durante la grande manifestazione nazionale antirazzista di sabato 17 a Roma. L'appuntamento è stato volutamente fissato a vent'anni di distanza da un'altra grande iniziativa contro le discriminazioni, quella organizzata per ricordare Jerry Masslo, il migrante sudafricano ucciso a Villa Literno il 25 agosto del 1989. Il corteo si è mosso in anticiporispetto all'orario previsto per il gran numero di partecipanti provenienti da ogni parte d'Italia, partendo da piazza della Repubblica, per concludersi poi intorno alle 18.30 in piazza Bocca della Verità.

Variegata, trasversale e mista la composizione del corteo. Tantissimi i/le migranti. Molto nutrita la partecipazione delle comunità immigrate giunte a Roma, anche con treni speciali, da tutta Italia. In piazza anche le immagini del 'santino' di "San Papier, protettore degli imigrati" e striscioni contro la camorra. Tra gli striscioni sono comparsi anche piccoli canotti gonfiabili con scritte come "Maroni sui gommoni" e "No ai respingimenti", oltre all'immagine di una grande onda affiancata dalla scritta "Respingiamo il razzismo". Da Roma, ovvimanete ma anche da molte altre località: Bologna, Veneto, Sud Tirolo addirittura. Nel corteo, c'e' un enorme spezzone, tutto di migranti, da Caserta con uno striscione recante la scritta "Contro la camorra e il razzismo" e lo slogan "Papi permesso di soggiorno".
Grossa la partecipazione degli studenti e delel studentesse dell'Onda Anomala della capitale, con lo striscione "Respingiamo il razzismo - studenti e migranti in Onda".
Da segnalare anche la presenza di una delegazione di cittadini de L'Aquila, che pur in una situazione personale difficile hanno deciso di partecipare a una manifestazione giudicata importante. Presenti anche le comunità palestinese e curda.


La lotta dal di dentro
Appena hanno saputo che un grosso corteo antirazzista stava percorrendo le strade della Capitale, i reclusi di Ponte Galeria si sono chiesti cosa fare per poter dare il proprio contributo alla mobilitazione. E una piccola risposta l’hanno trovata subito: hanno preso le lenzuola di carta nelle quali la Croce Rossa li costringe a dormire e ne hanno fatto degli striscioni da appendere sulle gabbie. Quattro striscioni, con due messaggi sopra: «Vogliamo libertà!» e «Non vogliamo i 6 mesi!». Poliziotti e soldati, dopo un primo momento di agitazione, sono tornati al proprio posto, e gli striscioni sono rimasti lì appesi a significare che, per quanto alte, le sbarre dei Centri non sono mai invalicabili - soprattutto quando si lotta.

sabato 10 ottobre 2009

Case senza gente, gente senza casa

Comunicato stampa, Empoli 10 Ottobre 2009 :: Sportello sociale

Occupazione temporanea di un edificio in disuso

Comincia oggi la campagna di censimento dal basso. Comincia con questa occupazione simbolica temporanea di un edificio lasciato chiuso da anni. In circa sessanta tra attivisti e attiviste della Comunità in Resistenza di Empoli, famiglie organizzate nello sportello sociale e cittadini solidali abbiamo occupato l'edificio di Via Barzino 3, in cui fino a qualche anno fa c'erano degli uffici dell'USL 11.
La volontà di effettuare questa occupazione nasce per portare ancora una volta alla luce la grave situazione che il nostro territorio sta attraversando dal punto di vista dell'emergenza abitativa, soprattutto legata alla questione sfratti.
In Francia nel 2005 si sono costruite 300 mila case, di cui 120 mila alloggi sociali. In Italia nello stesso periodo si sono costruite più abitazioni (350 mila) e molti meno alloggi sociali: 1.500! Solo l'8% delle domande di alloggio popolare in Italia è soddisfatto dai comuni. La spesa sociale per la casa è in Italia pressoché inesistente, appena 3,3 euro pro capite contro i 53,3 euro della Germania e i 214 euro della Francia.
Intanto la crisi va avanti, e secondo il Sunia per suo effetto oltre 150 mila famiglie potrebbero restare senza abitazione entro i prossimi due anni.
Questi sono solo alcuni dei dati che denotano un Paese in una grave situazione dal punto di vista sociale, soprattutto riguardo all'accesso all'abitare, e contenuti all'interno di un'inchiesta che come sportello sociale abbiamo prodotto e che oggi rendiamo pubblica.
L'inchiesta è liberamente scaricabile da tutti i nostri siti, inoltre abbiamo preparato una versione cartacea da diffondere nel territorio, in quanto essa si occupa più da vicino anche del circondario.
Più di 100 sfratti eseguiti nel 2008 (108) nel circondario, il 15% in più del 2007, di questi il 40% solo a Empoli, dove ci sono 484 famiglie in attesa di un alloggio popolare in base alla graduatoria del bando del 2006, nell'attesa di quella del 2009. Quasi 200 sfratti convalidati dal tribunale di Empoli nei primi nove mesi del 2009, con un aumento tendenziale rispetto al 2008 di circa il 15%: nel 2008 si sono svolte nel tribunale di Empoli 294 udienze di sfratto; quest'anno, se tutto va bene (cioè se la crisi non aggraverà questa situazione), si arriverà a circa 350, quasi una al giorno. Il 91% degli sfratti sono per morosità, cioè il reddito alle famiglie oggi non basta per poter pagare l'affitto e vivere dignitosamente. Si può osservare anche un aumento di sfratti contro aziende o attività commerciali, insomma nei due anni di crisi piena si passa dal 20% di sfratti verso attvità del 2008 al 26% del 2009. "Ma questa è un'altra storia" come direbbe Lucarelli, anche se non è proprio un'altra storia: la crisi non guarda in faccia a nessuno e colpisce sia il lavoro che la possibilità di vivere una vita dignitosa sotto un tetto, in affitto o con un mutuo.

Con questa occupazione chiediamo:

- Che le istituzioni riconoscano che c'è un'emergenza abitativa nel circondario. A partire da ciò, ribadiamo che c'è l'esigenza di affrontare tale situazione con un tavolo di circondario a cui siano invitate tutte le parti, istituzionali e sociali, come già richiesto da tempo.

- Che il circondario si faccia garante di una richiesta al prefetto (per quanto di sua competenza) di una proroga degli sfratti, a causa della crisi in atto, comprensiva di quelli per morosità incolpevole, che abbia una durata congrua per avviare e completare adeguati piani di realizzazione e ristrutturazione di alloggi destinati alla locazione a canone sociale. In questo senso chiediamo che sia data concreta applicazione a quanto previsto dalla legge n. 9 del Febbraio 2007: la predisposizione di un piano per affrontare in maniera strategica e non più emergenziale il tema del fabbisogno abitativo, a partire dalla garanzia del passaggio da casa a casa per le centinaia di famiglie che oggi vivono sotto il ricatto dello sfratto e di rimanere senza alcun intervento pubblico che garantisca il diritto ad una abitazione adeguata.

- Il blocco della vendita del patrimonio pubblico, e che vengano avviati progetti di recupero di immobili pubblici in disuso per chi è in emergenza abitativa o in graduatoria per l'assegnazione di un alloggio popolare.

- Che publicasa spa renda pubblici tutti gli interventi di manutenzione e recupero di immobili che sta facendo o che ha intenzione di fare, a partire dal proprio sito internet, con tempi, modalità e spese di intervento. Solo in questo modo i cittadini possono controllare chi gestisce un patrimonio pubblico così importante. La stessa carta dei servizi, pubblicata da Publicasa pochi mesi fa, nel capitolo sulla trasparenza della gestione del patrimonio pubblico lo dice chiaramente.

- Che il comune di Montelupo trovi una sistemazione adeguata per la famiglia Louarchani, sfrattata ormai 25 giorni fa e da allora in un albergo a 80€ al giorno, e ancora in attesa che il comune trovi una soluzione. Invece di sperperare denaro pubblico in alberghi per "fronteggiare" le emergenze abitative, crediamo che il comune debba pensare a immobili e case pubbliche per garantire passaggio da casa a casa, o comunque a stipulare accordi con enti che possono aiutare i comuni da questo punto di vista. Gli interventi immediati in materia di politiche abitative dovrebbero evitare proprio questo sperpero di denaro pubblico e garantire allo stesso tempo un tetto a tutti i cittadini.

- All'USL 11 e al comune che cosa hanno intenzione di fare di questo stabile attualmente non in uso: visto che il sociale ne avrebbe tanto bisogno, delle idee ce l'avremmo.

L'inchiesta completa sull'emergenza abitativa nel circondario si può scaricare liberamente dai nostri siti:
www,ordaprecaria.org
www.cobasempoli-valdelsa.blogspot.com

info:
valdelsa_precaria@libero.it
cobasempolivaldelsa@alice.it

SPORTELLO SOCIALE della Comunità in Resistenza di Empoli

giovedì 8 ottobre 2009

MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA

ROMA 17 OTTOBRE 2009 – P.za della Repubblica ore 14.30

contro il pacchetto sicurezza ed il reato di clandestinità e per la regolarizzazione per tutte/i gli immigrati/e

Pullman da Empoli- info: cobasempolivaldelsa@alice.it
cittameticcia@gmail.com cell.
tel. 3294536137 - 0571 931021

Da quando è in carica, il governo di centrodestra attua una vergognosa campagna di chiara marca razzista e xenofoba. L’approvazione del pacchetto sicurezza, con l’introduzione del reato di “immigrazione clandestina”, insieme ad un complesso di misure vessatorie che ledono la dignità umana e i diritti fondamentali dei migranti, peggiorano enormemente le loro condizioni di vita ma rendono meno liberi anche tutti noi.

Il governo Berlusconi usa il tema della “sicurezza“ per impaurire ed invelenire la convivenza civile, al fine i nascondere i veri problemi del paese: crisi economico-sociale, caduta produttiva, licenziamenti, disoccupazione, precarietà, lavoro nero, morti del lavoro, carovita, privatizzazioni (perfino dell’acqua), degrado dei servizi pubblici, sanità, istruzione e ricerca, sfratti e carenza di case, degrado ambientale e disastri idrogeologici, ed infine nucleare invece di energie rinnovabili.

Temi al centro anche dello Sciopero Generale del 23 ottobre e della concomitante manifestazione nazionale a Roma indetti dal Patto di Base.

Questa drammatica situazione sta pericolosamente incoraggiando e legittimando nella società la paura e la violenza nei confronti di ogni diversità di razza, genere, religione.
Il razzismo va combattuto giorno per giorno, parlando ai lavoratori e ai settori sociali più colpiti dalla crisi, attraverso lotte capaci di indicare i veri nemici - banchieri, rendita parassitaria e finanziaria, padronato e speculatori - che succhiano risorse allo società sottraendoli a scuola e sanità (dove migliaia di precari vengono licenziati), ai trasporti pubblici, alle pensioni e ai contratti, alle opere pubbliche necessarie al risanamento ambientale e al rilancio dell’occupazione.

E’ il momento di reagire e costruire insieme una grande risposta di lotta.

Il Patto di Base invita tutti e tutte a manifestare sabato 17 ottobre 2009

per dire no a razzismo, xenofobia, pacchetto sicurezza e per garantire a tutti, italiani ed immigrati, il diritto a: lavoro reddito casa salute

COBAS RdB SDL intercategoriale

sabato 3 ottobre 2009

Solidarietà ai lavoratori delle Pubbliche Assistenze di Castelfiorentino.
I Cobas Empoli-valdelsa esprimono la loro solidarietà ai lavoratori delle Pubbliche Assistenze Riunite che hanno visto in questi giorni tagliare pesantemente il loro contratto di lavoro. Lo facciamo al termine del presidio, dopo aver constatato l'insoddisfazione dei lavoratori e lo sconcertante comunicato firmato dalla CGIL-funzione pubblica che esprime “notevole soddisfazione” per i possibili esiti della trattativa, prodigandosi altresì in ringraziamenti per tutti (Presidente regionale dell'ANPAS e Assessorato regionale alla salute). A tal proposito è bene ricordare come oggi (giovedì 1ottobre) sia stato impedito ai lavoratori di prendere regolare servizio. La vicenda sembrerebbe surreale se non fosse che i protagonisti rappresentano al meglio le contraddizioni e le degenerazioni del cosiddetto terzo settore. Basti pensare che a guidare la ONLUS è un esponente del sindacalismo confederale che, a fronte di una incapacità nel gestire i bilanci dell'associazione, decide di fare quello che solitamente fanno i “padroni”: tagliare il personale per contenere i costi. A questo occorre aggiungere che difficilmente il dirigente di una ONLUS, essendo volontario, potrà essere chiamato a rispondere di eventuali danni o soprusi verso i dipendenti.
Sempre più spesso il terzo settore si trasforma nel luogo dello sfruttamento e del precariato con l'aggravante di fare tutto questo con soldi pubblici. Colpire questi lavoratori che svolgono un lavoro qualificato e importante per il territorio significa danneggiare non solo le loro famiglie ma anche i cittadini in condizione di maggiore disagio. Come COBAS abbiamo sempre contestato la necessità di esternalizzare i servizi sociali e sanitari, consapevoli che dietro a questi processi si nasconde molto spesso la precarizzazione dei rapporti di lavoro, condizioni contrattuali e retributive peggiori (un operatore del terzo settore guadagna in media 500 euro circa in meno di un dipendente ASL, molto spesso non ha ferie pagate...).
I Cobas Empoli-valdelsa oltre alla doverosa solidarietà e vicinanza ai lavoratori colpiti, offrono all'occorrenza tutto il supporto legale ove si rendesse necessario.
Cobas Empoli-valdelsa aderente alla Confederazione Cobas del lavoro privato

mercoledì 23 settembre 2009

venerdì 18 settembre 2009

Forti con i deboli, deboli con palazzinari e speculatori

Lo sportello sociale della comunità in resistenza di Empoli oggi pomeriggio aiuterà la famiglia Louarcani a traslocare in una struttura provvisoria ad Empoli.

Abbiamo voluto evitare la spettacolarizzazione dello sgombero forzato e violento previsto per domani, in accordo con la famiglia, per non aggravare ulteriormente le condizioni di chi è già stato ampiamente provato dalle vicende di questi mesi. La tutela e la salvaguardia dei diritti vengono prima delle prove muscolari a cui anche una parte del mondo istituzionale locale sembrava puntare.

Abbiamo accettato questo trasferimento solo in via provvisoria, evitando i tentativi di deportazione in località “con affitti più bassi” e mantenendo perciò tutti i legami con il territorio (residenza, scuola per i figli, graduatorie erp). Consideriamo molto grave sia che vicende umane drammatiche, come quelle degli sfratti, siano ridotte a semplici pratiche burocratiche da evadere, sia l'assordante silenzio dell'associazionismo e dei partiti della sinistra del territorio rispetto a queste tragedie: ciò è sintomo di una deriva culturale che evidentemente investe anche i nostri territori e contro cui tutta la cittadinanza democratica dovrebbe battersi. La questione dei diritti non basta enunciarla, occorre praticarla. La totale assenza di una politica sulla casa non è addebitabile unicamente a patti di stabilità o a leggi regionali datate, ma anche alla complicità con il quale si è svenduto il patrimonio pubblico, alla deregolamentazione del mercato immobiliare e all'assenza di qualsiasi programmazione sulla questione del diritto all'abitare.

Le nostre battaglie non riguardano noi, investono tutti, sono battaglie di dignità, di indipendenza, di libertà.
La città che vogliamo è a misura di cittadini, non di clienti.
Ovviamente continueremo ad assistere la famiglia in questi giorni di transizione, aiutandola con tutti i canali possibili a trovare un'altra casa, a montelupo.

SPORTELLO SOCIALE della COMUNITA' IN RESISTENZA _ Empoli

SEI MORTI DELL’ESERCITO ITALIANO DI INVASIONE A KABUL. RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE.

Comunicato stampa.

Era assolutamente prevedibile. Tutta la odiosa demagogia di questo governo (e del precedente di centrosinistra) sulla “pacificità” del contingente italiano di invasione dell’Afghanistan, sulla “sicurezza” della presenza a Kabul, dove i guerriglieri afgani non sarebbero mai arrivati, sul “contingente di pace”, viene brutalmente spazzata via dall’uccisione, da parte dei combattenti afgani, di sei militari della Folgore e dal ferimento di altri quattro nel pieno centro di Kabul.

L’ipocrito “cordoglio” che il governo insieme a tutto l’arco politico istituzionale manifesta ora è tanto più disgustoso quanto evidente è la piena consapevolezza di tutti coloro, ex-governo Prodi compreso, che hanno mandato in questi anni i militari italiani a rischiare la pelle in Afghanistan e in Iraq, che l’invasione dei due paesi nulla ha a che fare con la “lotta al terrorismo” o con “missioni di pace” o di “esportazione della democrazia”, ma con la volontà imperialistica statunitense e dei suoi fedeli alleati, l’Italia tra questi, di dominare territori cruciali per materie prime fondamentali per l’economia dei paesi più potenti, stroncando ogni volontà di quei popoli di conservare o recuperare il controllo sulle proprie ricchezze nazionali, liberandosi dal dominio USA.

I governi italiani in questi anni hanno consapevolmente messo in campo le vite e il sangue di decine di migliaia di militari, ingigantendo la spesa (sesta al mondo) per l’esercito e per le armi e tagliando servizi sociali, salari e pensioni, per guadagnare un posto di rilievo nella spartizione delle ricchezze mondiali: e dunque il sangue degli uccisi e dei feriti ricade su chi, scientemente, li ha mandati a morire in spregio anche alla Costituzione, che vieta di partecipare a missioni di guerra e a invasioni di paesi, a cui i popoli, in base ad ogni diritto, internazionale, politico e umano, si oppongono con ogni strumento a disposizione.

Contro le richieste che vengono anche dalla presidenza Obama di un ulteriore impegno italiano in Afghanistan, ribadiamo con ancora maggior forza, insieme alle condoglianze che esprimiamo alle famiglie delle vittime, ma che rinnoviamo ogni giorno a quelle delle incalcolabili vittime afgane della guerra imperialista, che c’è un’unica soluzione per evitare che si versi altro sangue:

IL RITIRO DELLE TRUPPE DI INVASIONE DALL’AFGHANISTAN A PARTIRE DA QUELLE ITALIANE.

Invitiamo dunque il movimento no-war e tutti i cittadini/e amanti della pace a riprendere la mobilitazione in tutta Italia per chiedere con la massima forza tale ritiro.

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

giovedì 10 settembre 2009

Il 14 settembre giornata nazionale in difesa dei precari e della scuola pubblica No ai contratti "ammazza-precari"

Mentre si avvicina il giorno di inizio delle lezioni scolastiche, si estende e si approfondisce in tutta Italia la mobilitazione dei precari della scuola. Ieri l'ultima occupazione in ordine di tempo, quella dell'USP di Pisa, mentre a Roma prosegue l'"assedio" del Ministero P.I. L'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di ieri del cosidetto provvedimento "salva-precari" (quei "contratti di disponibilità" che in realtà sono dei veri "ammazza-precari") - finalizzato a dividere la categoria con una mancia supplementare
nell'indennità di disoccupazione in cambio della totale disponibilità a fare lavori ultra-flessibili, sottopagati, e da "tappabuchi universali" - non solo non ha fermato la mobilitazione ma ha suscitato ulteriore rabbia e indignazione.
I precari in lotta hanno respinto il decreto "ammazza-precari" e in tutta Italia stanno intimando ai sindacati concertativi di "non firmare alcuna intesa sulla testa dei precari e del mondo della scuola": in caso contrario, dice il Coordinamento Nazionale Precari Scuola, "apriremo una campagna di massa di disdette delle iscrizioni nei confronti di quei sindacati che firmeranno l'accordo-bidone".
In questo crescente quadro di lotte, i Cobas indicono per il 14 settembre, primo giorno di scuola per milioni di studenti, una giornata di lotta con sit-in e manifestazioni nelle principali città italiane davanti a luoghi legati
al conflitto in atto (a Roma la manifestazione si svolgerà davanti al Ministero P.I. di Viale Trastevere a partire dalle 16) per ribadire la ferma richiesta propria e del movimento dei precari di annullamento dei tagli,
di assunzione stabile di tutti i precari e di rifiuto dei "contratti ammazza-precari" e delle cattedre superiori alle 18 ore, che contribuiscono non poco all'espulsione dei precari. Durante la giornata invitiamo docenti
ed Ata, come forma lampante di sostegno alla lotta dei precari, ad andare a scuola con capi di abbigliamento stagliuzzati ed adesivi con le scritte "No ai Tagli. Difendiamo la scuola pubblica".

venerdì 4 settembre 2009

La rivolta dei precari della scuola



















Contro la falcidia dei precari della scuola, il farsesco progetto della Gelmini dei "contratti di disponibilità", un gruppo di Lavoratori Precari Scuola di Roma è sul tetto dell' Ufficio Scolastico Provinciale di Roma ( Via Pianciani ), occupandolo e megafonando la loro protesta.

Le forze dell'ordine sono accorse sul posto, chiuso il provveditorato e stanno salendo con l'intenzione di sgomberare .

I Cobas, tra i principali promotori della battaglia in corso contro i tagli e sostenitori di tutte le lotte che i precari stanno portando avanti, dopo il sit-in di ieri al ministero della P.I., solidarizzano ed appoggiano i lavoratori impegnati in questo ulteriore momento di mobilitazione ed invitano tutti/e a portare la propria solidarietà agli occupanti

LA RIVOLTA DEI PRECARI DELLA SCUOLA

giovedì 3 settembre 2009

E' cominiciata da Benevento la mobilitazione dei professori precari della scuola, lasciati senza cattedra dalla riforma del maestro unico del ministro

Le mobilitazioni dei professori precari lasciati senza incarico dalla Gelmini si espande in tutta Italia.

E' cominiciata da Benevento la mobilitazione dei professori precari della scuola, lasciati senza cattedra dalla riforma del maestro unico del ministro Gelimini. Da alcuni giorni infatti i docenti precari si sono barricati sul tetto dell'ufficio scolastico regionale per difendere il proprio posto di lavoro, seguendo la scia delle mobilitazioni operaie del mese di agosto come quelle della Innse e della Lasme. Per Sabato a Benevento è previsto un corteo convocato dal Comitato Insegnanti Precari.

Proprio in Campania è esplosa la rabbia dei precari con i tafferugli a Salerno nel tentativo di occupazione dell'Ufficio Scolastico Regionale, e poi a Napoli dove si sono registrati momenti di tensione per due giorni consecutivi proprio per la determinazione dei precari di barricarsi nel ex provveditorato agli studi, per mercoledi' è convocato un incontro in prefettura.
In tutta Italia si sta estendendo la mobilitazione dal Sud al Nord.
In Campania si registra una delle situazioni più difficili con oltre 8.000 esuberi, e con una percentuale altissima di docenti costretti a fare domanda presso gli istituti scolastici del Nord, alimentando il flusso di emigrazione interna del paese.
Molti insegnanti del Sud, che registra il più alto numero di tagli anche a causa del mancato calcolo della dispersione scolastica come fattore di valutazione nella formazione delle classi, riescono a prendere incarico solo nei comuni del Nord, dove gli insegnanti del territorio restano senza cattedra.

Oltre 57.000 in tutta Italia i docenti che rischiano il posto, e le mobilitazioni da Milano a Roma si alimentano giorno per giorno.
A Roma i docenti si sono messi in mutande, a Milano si sono incatenati al provveditorato agli studi, sit-in davanti all'ufficio scolastico regionale a Torino, sit-in anche a Venezia ed a Palermo i precari hanno attrezzato un presidio permanente.

Intanto per il 23 ottobre è stato proclamato dai sindacati di base il primo sciopero di categoria, ma fino a quella data le mobilitazioni spontanee dei precari rappresentano l'asse portante della lotta.
Il ministero da parte sua invita inoltre ad ignorare la sentenza dal Tar che distribuisce diversamente le nomine. Se il Consiglio di Stato dovesse confermare però questa sentenza si rischierebbe il collasso amministrativo, con tutte le nomine da rifare ad anno scolastico abbondantemente iniziato.

Una mobilitazione che si annuncia dunque determinata e radicata sui territorio, dove, in alcuni casi, gli effetti della riforma Gelimini rappresentano una vera e propria emergenza sociale.

RINVIATO ANCORA LO SFRATTO A MONTELUPO

Questa mattina in una trentina tra attivisti e attiviste dello sportello sociale, famiglie, studenti e cittadini solidali, abbiamo effettuato il picchetto sicurezza annunciato, portando la nostra solidarietà davanti la casa dei Louarcani.
Lo sfratto è stato rinviato di quindici giorni, al 17 Settembre. La trattativa che si è aperta in questa settimana ha permesso insieme al picchetto di oggi di rinviare lo sfratto e avere un altro po' di tempo per trovare una soluzione per la famiglia. Ci adopereremo dunque in questi giorni e settimane per trovare insieme all'amministrazione di Montelupo una soluzione.
Rinnoviamo l'invito alle amministrazioni locali di pensare al disagio abitativo in zona, compresa l'esigenza di gestire le emergenze sfratti che sono numerose e tendenzialmente, vista la crisi che c'è, in crescita. Visto che anche a Montelupo non è l'unico caso, crediamo che sia doveroso pensare e cercare meccanismi per ammortizzare questo tipo di problemi sociali.

SPORTELLO SOCIALE della Comunità in Resistenza _ Empoli

martedì 1 settembre 2009

Nuovo Picchetto Sicurezza, giovedì 3 settembre, Montelupo

Confermato picchetto sicurezza

In attesa di capire gli sviluppi della trattativa in corso con l'amministrazione comunale di Montelupo Fiorentino riguardo la situazione della famiglia Louarcani sotto imminente sfratto esecutivo, confermiamo l'appuntamento per Giovedì 3 Settembre davanti l'ingresso dell'abitazione.
Già dalla prima mattina dunque saremo al fianco della famiglia per impedire con i nostri corpi un atto di violenza che condannerebbe una famiglia con quattro minori alla strada.
Siamo fiduciosi che una situazione si debba e si possa trovare, visto anche che l'amministrazione comunale non ha dichiarato di avere grandi quantità di casi emergenziali come questo. Ribadiamo l'esigenza di un rinvio dello sfratto, nell'attesa di riuscire a garantire un passaggio da casa a casa, e la non accettabile condizione di divisione della famiglia.
Invitiamo tutte le persone solidali, i movimenti e le organizzazioni per i diritti a partecipare in forza Giovedì 3 settembre sin dalla prima mattina, per un determinato picchetto sicurezza: non c'è sicurezza senza diritti!


SPORTELLO SOCIALE COBAS/ORDA PRECARIA _ Empoli

giovedì 27 agosto 2009

RINVIATO SFRATTO A MONTELUPO

Questa mattina alle ore nove, in una ventina fra attivisti e famiglie dello sportello sociale di Empoli, abbiamo bloccato lo sfratto della famiglia marocchina Louarcani a Montelupo Fiorentino. Lo sfratto è stato rinviato a Giovedì 3 Settembre.
Visti i tempi così stretti che sono stati dati alla famiglia, e la concreta possibilità che lo sfratto di giovedì prossimo sia eseguito materialmente, con la forza pubblica, abbiamo deciso di andare in comune a Montelupo per parlare con l'assessore di competenza, nonché vicesindaco, Giacomo Tizzanini, chiedendogli di adoperarsi in questo arco di tempo per trovare una soluzione che garantisca a questa famiglia (padre, madre e quattro minori) il diritto alla casa o un passaggio non traumatico da casa a casa.
La risposta dell'assessore è stata molto poco soddisfacente e preoccupante, in quanto egli ha dichiarato che a Montelupo non è prevista una procedura di intervento per chi è in emergenza sfratto, e le uniche strade che l'amministrazione propone sono: o quella di dividere la famiglia mandando moglie e bambini in un istituto e il padre in un albergo casa, oppure quella di pagare un eventuale anticipo per un nuovo contratto d'affitto, che la famiglia deve provvedere ad individuare (in un mercato in cui la condotta delle agenzie è, come si è dimostrato, altamente razzista), magari "in un altro comune in cui gli affitti sono più accessibili", in quanto "a Montelupo, si sa, gli affitti sono troppo alti per una famiglia così in difficoltà". Queste risposte ci appaiono inaccettabili e non danno nessuna garanzia di un futuro dignitoso per la famiglia.
La nostra mediazione con l'amministrazione negli ultimi mesi non ha portato ad alcunché e non si capisce come mai, visto che Montelupo non ci risulta un paese ad alta tensione abitativa, se così non fosse chiediamo all'amministrazione di farlo sapere rendendo pubblici i numeri e le dimensioni del problema. Oltretutto stiamo parlando di un comune in cui rifondazione comunista è in giunta, e siamo profondamente rammaricati di come un assessore come il Rovai che si dichiara comunista, non faccia nulla per risolvere la situazione, in maniera democratica e solidale, ma si appiattisce su posizioni che nulla hanno a che fare con la tradizione comunista, a lui molto cara. Lo sportello sociale chiederà a breve, la prossima settimana, un incontro con la sindaca di Montelupo Rossana Mori, per tentare ancora una volta di trovare mediando una soluzione adeguata, anche se temporanea.
Inoltre vogliamo denunciare in questa conferenza stampa la situazione che stiamo vivendo dal punto di vista dell'emergenza abitativa nel circondario, non solo a Montelupo dunque, a partire da ciò che vediamo attraverso l'attività dello sportello. Come sportello sociale ci troveremo di fronte, da oggi ai prossimi due mesi, a più di dieci sfratti esecutivi, tutti nei comuni del circondario: a Vinci, a San Miniato, a Montelupo, a Empoli... Avendo ben presente che la quantità di persone e famiglie sotto sfratto che si rivolge allo sportello è una piccola parte rispetto a tutte quelle che vivono la stessa situazione, deduciamo che quelli che noi conosciamo come sfratti in attesa di esecuzione non sono altro che la punta di un iceberg ben più grande.
Per questo motivo chiediamo alle istituzioni, in particolare al circondario, di aprire un tavolo per discutere le modalità con cui affrontare, sia nell'immediato che nel medio-lungo periodo, tutte le situazioni di sfratto in modo da garantire il diritto alla casa, con passaggio da casa a casa, a tutti, evitando drammatiche divisioni di famiglie in difficoltà, inutili regali di denaro pubblico alla rendita privata e l'espulsione delle fasce sociali più povere dalle città verso le periferie.
Chiediamo un tavolo che sia a livello di circondario perché sulle questioni sociali, come è quella che stiamo ancora una volta portando alla luce, ci sembra opportuno che i comuni più virtuosi aiutino quelli con meno possibilità. Per quanto ci riguarda siamo, come sempre, disponibili al dialogo, nell'assunto che per noi la questione dei diritti è un punto fermo: crisi o non crisi devono essere garantiti a tutti.
Confidando nella non volontà dell'amministrazione montelupina di trasformare quello che è un problema sociale in una questione di ordine pubblico, ribadiamo l'invito all'amministrazione a cercare una soluzione adeguata e duratura per questa famiglia e diciamo sin da ora che il giorno Giovedì 3 Settembre, in mancanza di soluzioni alternative trovate dalle amministrazioni locali saremo ancora qui per un nuovo determinato picchetto sicurezza, con la solidarietà, anche attiva, della rete nazionale dei movimenti di lotta per la casa, a partire dalle realtà a noi più vicine come il movimento di lotta per la casa di Firenze.
SPORTELLO SOCIALE/Comunità in Resistenza _ Empoli
OrdaPrecaria & COBAS Empoli-valdelsa
MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA _ Firenze