lunedì 23 novembre 2009

France Telecom: crisi e suicidi

France Telecom, la paura e il terrore della riorganizzazione tocca un po tutti: negli ultimi tempi si è visto un dirigente pugnalarsi davanti ai suoi colleghi durante una riunione e una giovane dipendente si è lanciata dal 4° piano.

E chi tra i suicidi ha lasciato qualche spiegazione ha accusato France Telecom, i suoi dirigenti e i suoi metodi brutali.

Il messaggio inviato da Stéphanie, 32 anni, poco prima di suicidarsi è terribile: “il mio capo non lo sa ancora, ovviamente, ma sarò la 23iesima dipendente a suicidarmi.
Non accetto la nuova riorganizzazione del servizio.
Cambio di capo e per avere quel che avrò preferisco morire.
Lascio in ufficio la borsa con le chiavi e il telefonino.
Porto con me la mia carta di donatrice di organi, non si sa mai.
Mi dispiace che tu riceva un messaggio di questo genere, ma sono più che persa.
Ti voglio bene, papà”.

Pochi minuti dopo la ragazza si è buttata giù dalla finestra del suo ufficio.

Trascorsi alcuni giorni un altro dipendente si è lanciato giù da un viadotto, la ventiquattresima vittima.
Nella lettera alla moglie si è detto disperato per le condizioni di lavoro.

Sotto accusa in particolare il numero due di France Telecom, Luois-Pierre Wenes, l’uomo incaricato di tagliare i costi, “una volta ci ha detto: sottomissione o dimissione” racconta un sindacalista.

E a metà ottobre purtroppo c’è stato il 25esimo suicidio: un ingegnere di 48 anni si è suicidato a casa sua impiccandosi, lavorava nello stesso centro di ricerca e sviluppo dove, alla fine di agosto, si era tolto la vita un altro collega.
Appena qualche giorno prima i vigili del fuoco avevano sventato un altro suicidio bloccando un lavoratore di FT che tentava di impiccarsi nella sua cantina.

Sotto accusa pure il presidente di FT Lombard anche per la diffusione di un video nel quale rivolgendosi ai dipendenti aveva dichiarato “che chi pensa di riposarsi sugli allori e di starsene tranquillo, si sbaglia di grosso… quelli che non sono a Parigi, che pensano che andare a pesca sia meraviglioso, beh è finita…”.

Secondo alcuni sindacalisti di base la situazione è gravissima: “quel che temiamo veramente è che qualche lavoratore disperato faccia un massacro”.

fonte: Giornalino dei Call center e TLC

martedì 17 novembre 2009

MTM, è proprio così difficile cercar di cambiare?

A maggio 2008, a Guasticce, nasce una fabbrica che comincia a produrre con una cinquantina di operai e operaie, con contratto a termine o come interinali.

È un inizio promettente, perché il mercato "tira" e si devono installare altre linee, anzi si deve mettere in piedi una seconda fabbrica, a qualche chilometro dalla prima, a Montacchiello. Nuove assunzioni, sempre con gli stessi tipi di contratto.

Ma il mercato continua a essere favorevole, quindi si raddoppia Guasticce, nel senso che ci si installa una seconda unità produttiva, vicino alla prima, si lascia Montacchiello e si raggiungono i 400 dipendenti, di cui 390 precari e 10 a tempo indeterminato.

È un record assoluto nel panorama italiano, pure pesantemente sbilanciato nel senso della precarietà del lavoro.

A Guasticce, infatti, il rapporto tra contratti a tempo indeterminato e quelli a termine o interinali è di 1 a 39. Cioè, su 40 dipendenti, 1 solo è stabile e 39 sono precari, come ai tempi della cosiddetta "rivoluzione industriale". Ma s'era nel 1800!

Intanto, la Direzione si arrampica sugli specchi per tentare di giustificare questa mostruosità contrattuale raccontando ai giornali che l'azienda si deve ancora assestare sul mercato, su cui si trova da appena (!!!) 18 mesi.

E così, la barca va, ma va come un tempo andavano le galee, o galere come si chiamavano, dove a remare erano installati i galeotti, cioè disgraziati resi schiavi e incatenati ai remi.

Si dirà che i lavoratori della MTM (sì, parliamo proprio di lei!) non sono schiavi e non hanno le catene e, se vogliono smettere di remare, sono liberi di tuffarsi in mare.

Ma non si dice che, anche se sanno nuotare, rischiano di fare una finaccia, perché quello è il mare della disoccupazione, dove ai 2milioni e mezzo di disoccupati di un anno fa se ne sono aggiunti altri 500mila in questi mesi di crisi economica, mentre almeno altrettanti se ne aggiungeranno nei prossimi 12 mesi.

E' troppo dire che questo permette alla Direzione di ricattare i suoi dipendenti?

Per non parlare delle condizioni di lavoro, fatte:

•- di ritmi sempre più insostenibili, frutto del controllo asfissiante sui tempi di lavoro e del loro continuo taglio;

•- di riduzione progressiva del numero di postazioni per linea, cosa che, insieme alla intensificazione dei ritmi, determina un enorme aumento dei livelli produttivi;

•- della posizione pesantemente tesa e ricurva con cui il nostro corpo deve stare sulla postazione, che è un autentico massacro per la colonna vertebrale, con un tempo complessivo di pausa che è assolutamente insufficiente a salvaguardarne la salute.

Il tutto condito da promesse di promozione e stabilizzazione per i "migliori", usate come specchietto per le allodole, per farci sopportare quest' "inferno" in attesa del meritato "paradiso" e, al tempo stesso, per metterci in competizione tra noi e dividerci in "buoni" e "cattivi".

Ma è davvero così che potremo avere i nostri diritti? O non è il caso di cominciare a organizzarci e unirci, stabilire tra noi una vera unità come condizione fondamentale per cambiare la situazione?

Non è ancora arrivato il momento di rivendicare passaggi a tempo indeterminato, bloccare l'intensificazione dei ritmi lavorativi, avere pause adeguate alla tutela della nostra salute?

Leggi e contratti collettivi prevedono soluzioni per i problemi più acuti che finora abbiamo vissuto in silenzio e con rassegnazione. Si tratta di farli rispettare!

COBAS METALMECCANICI

sabato 14 novembre 2009

NON COLLABORARE ALLA DISTRUZIONE DELLA SCUOLA PUBBLICA, OPPONITI ALLE DECISIONI ILLEGALI DEI DIRIGENTI SCOLASTICI


CAMPAGNA CONTRO L’ILLEGALITA’ E IL COLLABORAZIONISMO NELLE SCUOLE

Contro i gravissimi tagli a posti di lavoro, scuole, classi, ore di lezione

Contro l’espulsione dei precari

I colleghi precari/e, per difendere il lavoro e la scuola pubblica, sono in lotta da mesi con cortei, sit-in, occupazioni di USP e di tetti simbolici. La loro assenza nelle scuole sta danneggiando la qualità dell’istruzione e comportando aumenti pesanti e ingiustificati dei carichi di lavoro per tutti i docenti ed ATA. Ma ad immiserire ulteriormente l’istruzione pubblica contribuiscono in maniera enorme le decisioni dei dirigenti scolastici, illegali alla luce delle normative vigenti e di recenti circolari e Note ministeriali, sulla assegnazione di cattedre extralarge oltre le 18 ore frontali alle medie e alle superiori, sull’uso delle ore delle ex-compresenze alle elementari, sulla copertura delle assenze brevi, sulla formazione di classi ......continua a leggere

lunedì 9 novembre 2009

Dead Peasant insurance : ovvero guadagnare sulla morte dei dipendenti

Nel film di Michael Moore, "Capitalism" si parla dei “Dead Peasant insurance” (assicurazione sul contadino morto), una sorta di assicurazione sulla vita che le società statunitensi stipulano sugli impiegati «non indispensabili». Tale assicurazione ha due caratteristiche particolari:
a)Il beneficiario non è l’impiegato assicurato bensí la societá stessa;
b)Non è necessario il consenso dell’assicurato e nemmeno che egli sia a conoscenza dell’esistenza del contratto.
In sostanza, molte società senza scrupoli vedono nella morte dei dipendenti una fonte di guadagno piuttosto cospicua e non tassabile, come la legge fiscale prevede a proposito degli introiti provenienti dalle assicurazioni sulla vita.
Questo tipo di contratto è vietato, perché può rappresentare un incentivo alla privazione e al non rispetto della vita umana, tale divieto non esiste, ad esempio, in Georgia. Per una società non è certo un problema stipulare un contratto assicurativo con una compagnia avente sede in un altro stato.
Il segreto professionale in materia rende molto difficile (se non impossibile) identificare con precisione quante polizze di questo tipo siano state stipulate e quali società ne siano beneficiarie; nel maggio 2002 si parlava di miliardi di dollari provenienti dalle “assicurazioni sul contadino morto” depositati nelle principali banche degli Stati Uniti d’America.
Casi portati alla notorietà dai media hanno consentito di stabilire una lista di colossi commerciali, che utilizzano sistematicamente le “assicurazioni sul contadino morto”, alcuni di essi sono:
Wal-mart (grande distribuzione)
Camelot Music / CM Holdings Inc (catena di negozi di articoli musicali)
Nestlé Usa (industria alimentare)
Procter & Gamble (proprietaria di innumerevoli marchi, ad es. Pringles, Topexan, Pampers, Pantene e moltissimi altri)
Enron (industria energetica)
Pitney Bowes (settore Internet technology)
Panera (distribuzione alimentare)
AT & T (telecomunicazioni)
Dow Chemical (industria chimica)
Walt Disney (industria dell’intrattenimento)
National Convenience Stores (grande distribuzione)
Alcuni dati:
Nel 1998 gli impiegati della «Camelot Music / CM Holdings Inc» scoprirono di essere potenziali «contadini morti» assicurati, la società avrebbe incassato, alla morte di ognuno di loro, tra i 273.000 e i 368.000 dollari; la morte di diversi impiegati procurò alla società 1,3 milioni di dollari.
La morte di impiegati della «Panera» fruttò alla società stessa, nel 2002, 3 milioni di dollari.
Nel 2002 350.000 impiegati della «Wal-mart» erano potenziali «contadini morti», come del resto lo erano 18.000 dipendenti della «Nestlé Usa», 23.000 della «Pitney Bowes» e 15.000 della «Procter & Gamble».
Hanno destato inoltre particolare scalpore alcuni casi specifici, ne ricordiamo alcuni:
«Camelot Music / CM Holdings Inc» percepì nel 1992 339.302 dollari alla morte dell’impiegato Felipe Tillman, la famiglia di quest’ultimo non vide nemmeno un centesimo.
In caso di morte per incidente sul lavoro (ad esempio a causa delle frequenti rapine) un impiegato della «National Convenience Storse» fruttava alla società 250.000 dollari, uno di essi fu William Smith (morto nel 1991).
«Wal-mart» intascò, nel 1998, 64.000 dollari alla morte di Douglas Sims; anche in questo caso non fu dato nulla alla famiglia.
Nel 1994 la «Advantage Medical Services Inc» si rifiutò di partecipare alle spese funebri di Peggy Stillwagoner (impiegata come infermiera) nonostante la sua morte fruttò alla società 200.000 dollari.
Questo deprecabile prodotto assicurativo ha permesso di incassare a molte società americane milioni di dollari esentasse, addirittura si parla di 6 miliardi di dollari di reddito d’imposta perso dal Ministero del Tesoro.
Queste cifre spaventose hanno risvegliato l’interesse del governo, il quale, anziché battersi contro questa odiosa pratica, ne ha tratto ispirazione: nell’aprile 2003, infatti, il repubblicano Kenny Marchant (membro del governo Texano) ha istituito le G.O.L.I., ovverossia Government Owned Life Insurance, uno strumento del tutto simile a quello visto sopra, che consente al governo del Texas di assicurare qualsiasi pensionato texano senza che egli dia il proprio consenso o che ne sia a conoscenza, incassando il premio alla morte di quest’ultimo.
Fonti:
http://www.hereinreality.com/deadpeasant.html
http://www.gwu.edu/~ccps/etzioni/B413.html
http://best.enigmati.ca/trans-action/200204/0407.html
http://www.walmartwatch.com/
http://www.chron.com/
http://deadpeasantinsurance.com/
Michael Moore, «Ma come hai ridotto questo paese?» Edizioni Mondadori.

mercoledì 4 novembre 2009

La vita di un lavoratore vale mille e ottocento euro

La vita di Mario Soggiu vale mille e ottocento euro. La cifra stampata sull'assegno che, ad oggi, ha ricevuto la moglie Mariangela Stoccaro madre delle loro due bambine rispettivamente di 10 e 12 anni. Mario Soggiu aveva 56 anni quando lo scorso 15 luglio ha perso la vita nel cantiere del nuovo ospedale di Bergamo. «Mario era uno molto attento sul lavoro - racconta al Fatto Quotidiano la signora Mariangela da Alghero -. Era abituato a svolgere anche lavori molto pericolosi ma era uno con la testa sulle spalle. Faceva il tubista industriale. Non era un semplice idraulico come hanno scritto i giornali. In passato aveva ricoperto anche mansioni di responsabilità. Quello era il suo primo giorno di lavoro a Bergamo». Le due figlie lo avevano salutato la domenica precedente alla sua partenza: prima tappa Roma per sistemare alcune pratiche per il nuovo lavoro e poi il viaggio per Bergamo dove avrebbe lavorato per conto della Ildocat Spa.
Mario Soggiu è morto precipitando dal quinto piano di una delle sette torri del cantiere. Una scala poco illuminata e senza alcuna protezione. Il suo corpo privo di vita è stato rinvenuto da un compagno di lavoro. Ma per l'Inail alla moglie Mariangela non spetta alcun indennizzo. Per la precisione nella lettera inviata dall'Istituto nazionale di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è scritto che «non spetta alcuna indennità in quanto l'infortunio non risulta avvenuto per rischio lavorativo bensì per il verificarsi di un rischio generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano».