mercoledì 29 dicembre 2010

Solidarietà all'Movimento dei Pastori Sardi bloccato e sequestrato dalla polizia di Maroni a Civitavecchia.

Circa 200 manifestanti sono sbarcati a Civitavecchia per manifestare il rifiuto degli accordi del de minimis sul prezzo del latte (60 centesimi al litro il prezzo pagato dagli industriali a fronte di un costo alla produzione che supera gli 80 centesimi). La loro intenzione era quella di bloccare il grande raccordo anulare per far si che si venisse a conoscenza del loro malessere e venisse riconosciuta la loro istanza direttamente dal governo. Quest'ultimo ha risposto con una repressione preventiva che a molti ha ricordato le proposte di Maroni di istituire una specie di Daspo per gli studenti. Infatti la polizia ha proibito loro di poter salire sui treni, di arrivare al luogo concordato dell'appuntamento con i pullman già noleggiati, e hanno anche pensato di dare qualche manganellata e di fermare due dei manifestanti per usarli sia come deterrente che come merce di scambio per frenare sul nascere la protesta dei pastori.
"Altro che trattato di Schengen e libero movimento delle persone" – ha dichiarato il portavoce del Movimento dei pastori sardi, Felice Floris - "Si sono comportanti in maniera vigliacca arrivando quasi alla schedatura di ognuno di noi, cosa che ci siamo naturalmente rifiutati di accettare. Per tutta risposta un pastore è stato fermato e ammanettato e liberato solo in seguito alle nostre pressioni e ad una lunga trattativa in piazza”.
In Sardegna ci sono 20.000 aziende di pastorizia che danno lavoro a oltre 50.000 persone.

La sicurezza negata per i lavoratori: chi denuncia i padroni perde il lavoro

I 13 lavoratori Thyssenkrupp di Torino costituitisi parte civile contro l'azienda, a fine anno potrebbero perdere anche la cassa integrazione.
A Natale, i 13 operai hanno denunciato la loro situazione e la mancata ricollocazione nelle aziende della provincia di Torino. Una solidarietà di classe tra padroni mirante ad escludere da ogni impiego questi 13 lavoratori che non hanno accettato pochi euro di elemosina chiedendo nelle aule del tribunale verità e giustizia per i loro 7 colleghi uccisi nel rogo della fabbrica. I 13 operai chiedono un nuovo periodo di cassa integrazione in deroga, come previsto per altro dagli accordi tra azienda e enti locali e denunciano l'abbandono da parte delle istituzioni , anche quelle governate dal centrosinistra. La richiesta del Pm di una condanna di 16 anni per l'amministratore delegato della fabbrica tedesca, conferma che questa strage sarebbe stata evitata rispettando le più elementari norme di sicurezza.
Nella Torino di Marchionne ormai chi si ribella alle ingiustizie e ai soprusi padronali viene espulso dal mercato del lavoro e soggetto ad ogni tipo di vessazione come accadeva per gli operai antifascisti nel ventennio, espulsi dalle fabbriche dall’oggi al domani e costretti alla fame.
Quanto accade ai 13 lavoratori di Torino può domani accadere a tutti noi. Cassa integrazione per i 13, verità e giustizia per tutti i morti sul lavoro.
Rappresentanti lavoratori alla sicurezza

sabato 25 dicembre 2010

Dopo Pomigliano, anche Mirafiori: bisogna fermarli!

Agli operai e alle operaie era già chiaro: l’assalto alle condizioni di lavoro e di vita concordato, per Pomigliano, tra la Fiat e i sindacati a lei asserviti (Fim/Cisl, Uilm/Uil, Ugl, Fismic) era la prima mossa per far precipitare i metalmeccanici e tutti gli altri lavoratori in una situazione di schiavitù da 1800.

Così, due giorni prima di Natale, questi pescecani delle relazioni sindacali non hanno esitato a porgere i loro “auguri” ai lavoratori di Mirafiori (ridotti a 5.500 dai 55.000 che erano nel 1980!), firmando un accordo, il quale, dopo che per altri 18 mesi la fabbrica sarà andata avanti a forza di cassa integrazione, prevede dal luglio 2012 un autentico capestro, fatto non di uno ma di tanti nodi scorsoi:

- adozione di un sistema produttivo finalizzato all’abolizione dei “tempi morti”;

- taglio di 10 minuti del tempo complessivo di pausa, che passa da 40 a 30 minuti;

- facoltà per la direzione di spostare la mensa a fine turno;

- triplicazione dello straordinario obbligatorio, che passa da 40 a 120 ore annue;

- fino a 6 giorni lavorativi a settimana, con riposi a scorrimento e con 3 turni giornalieri di 8 ore l’uno (6-14, 14-22, 22-6), oppure con 2 turni giornalieri di 10 ore l’uno (6-16 e 20-6);

- a seconda dei casi, non retribuzione della prima o delle prime 2 giornate di malattia;

- sanzioni contro i lavoratori che scioperano;

- cessazione dell’attività di Fiat Mirafiori con licenziamento di tutti i lavoratori e costituzione di una nuova società con riassunzione solo di quelli che saranno disposti a firmare un contratto individuale basato su questo accordo.

Un accordo, che fa carta straccia di ogni precedente contratto collettivo, sia aziendale che nazionale, tant’è vero che la Fiat intende dare vita a un nuovo contratto collettivo, quello del settore auto, da allargare, magari, alle aziende dell’indotto.

Ma c’è dell’altro: l’accordo prevede anche l’abolizione delle RSU e la loro sostituzione con le RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali), non elette dai lavoratori, ma nominate dalle segreterie sindacali, con esclusione di quei sindacati, come Fiom/Cgil e Cobas, che respingono tutta questa mascalzonata sindacal-padronale.
Tra l’altro, questo punto sulla rappresentanza sindacale fa fuori, per quanto riguarda la Fiom, lo Statuto dei lavoratori, mentre le sanzioni contro gli scioperanti calpestano la Costituzione.

Intanto, è già partita la campagna terroristica della direzione: “O quest’accordo sarà approvato a gennaio dalla maggioranza dei lavoratori con un referendum, o la Fiat porterà all’estero lo stabilimento e il miliardo da investirci per ammodernarlo”. Insomma: o schiavi o disoccupati!

Questo, mentre i sindacati firmatari dell’accordo tentano ignobilmente di indorare la pillola, facendolo apparire come una specie di cuccagna, che aumenterebbe di migliaia di euro all’anno le retribuzioni.
Non dicono che se questo avverrà sarà dovuto agli straordinari e alle maggiorazioni per il lavoro notturno, di sabato, di domenica: fingono perfino d’ignorare che le bugie hanno le gambe corte!

Cosa fare in questa situazione? Di certo, non si devono ancora fare concessioni alle aziende (com’è successo in Magna) e non si può aspettare a scendere in lotta, intanto aziendalmente e poi nazionalmente e in modo generale, non solo come metalmeccanici, ma anche come insieme di categorie del lavoro dipendente, pubblico e privato.
In ballo, ci siamo tutti e tutte, come libertà e come diritti, come condizioni di lavoro e come modi di vivere, come tutela della nostra salute in fabbrica e della nostra dignità, come lavoratori e come cittadini, per il nostro presente e per il nostro futuro.
Aspettare vorrebbe dire farci calpestare, fare calpestare le aspettative dei nostri figli.


Cobas Lavoro Privato (comparto metalmeccanici)

mercoledì 22 dicembre 2010

Camusso? No, McCluskey, il leader del più importante sindacato inglese appoggia gli studenti.

Troppo presi dal teatrino della tristezza sindacale nazionale, gli italiani sanno poco di Len McCluskey eletto da pochi mesi segretario di Unite, il più importante sindacato britannico.

In una intervista domenicale al Guardian, Len McCluskey ha avvisato che un'ondata di scioperi sta per partire in Inghilterra. A difesa dello stato sociale e del salario. McCluskey nell'intervista ha parlato a lungo della protesta degli studenti. L'ha definita "magnifica", ha denunciato la violenze della polizia (tutto il contrario del misero comunicato Fiom del 14 contro i "violenti") e li ha chiamati ad un comune fronte di lotta contro il liberismo.
Bene, anzi benissimo. Come avvenuto dopo le proteste londinesi, quando accade qualcosa di significativo in Inghilterra accade anche in Italia.
E' una vecchia, silenziosa, efficace regola

(red) 20 dicembre 2010 - www. senzasoste.it

la fonte:
http://www.guardian.co.uk/politics/2010/dec/19/unions-warn-massive-wave-strikes

martedì 21 dicembre 2010

Piccolo pro-memmoria dei paladini antiviolenza

Piccolo pro-memmoria dei paladini antiviolenza odierni.
1) Gianni Alemanno:
Entra da giovanissimo in politica, nelle organizzazioni giovanili del MSI-DN diventando segretario provinciale romano del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile missino.
Ha al suo attivo 3 arresti: nel novembre 1981 per aver partecipato insieme ad altri quattro componenti del Fronte della Gioventù all’aggressione di uno studente di 23 anni. (Ansa, 20/11/1981)
Nel 1982 viene fermato per aver lanciato una molotov contro l’ambasciata dell’Unione Sovietica a Roma, scontando poi 8 mesi di carcere a Rebibbia. (Ansa, 15/05/1988)
Il 29 maggio 1989 viene arrestato a Nettuno per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, tentato blocco di corteo ufficiale, lesione ai danni di due poliziotti, in occasione della visita del Presidente Usa George H. W. Bush (Ansa 29 e 30/05/1989).
Inopportune appaiono perciò le sue reazioni alla manifestazione del 14 dicembre scorso ("VIOLENZA VERGOGNOSA", "Non dobbiamo tornare agli anni '70". Soprattutto se si tiene conto che gli arresti ai danni di Alemanno non avvenivano nei confronti di un giovane studente (incensurato, casomai importasse) che protestava in piazza. Avvenivano nei confronti di un militante di un'organizzazione post fascista che faceva della violenza (fisica, verbale, potendo anche armata) il proprio segno di riconoscimento, soprattuto (e chissa' quanti episodi non sono agli atti) verso i ragazzi di sinistra, i migranti, e tutti coloro giudicati 'non conformi', si direbbe oggi usando il linguaggio squadrista.

2) Ignazio (Benito) La Russa:
(Da un articolo di Lala Vantaggiato, “il manifesto”, sabato 18 dicembre 2010). Il più fascista tra i postfascisti. Questo era il ministro Ignazio La Russa e questo rimane. Arrogante, violento, provocatore. E persino brutto a vedersi, con quegli occhi da invasato, lo sguardo furbetto oppure assetato di sangue, il gesticolare scomposto con cui impone il silenzio o ti dice «vai vai». Irritante a sentirsi. Monotono, grottesco, volgare. Sempre uguale a se stesso, inelegante per natura.
Alle sue esibizioni sopra tono credevamo di esserci abituati ma quella che lo ha visto protagonista dell’ultima puntata di «AnnoZero» - giovedì scorso – ha veramente oltrepassato il limite e impone un immediato ridimensionamento delle sue presenze in televisione. Un quarto d’ora di «mantra» durante il quale ha ossessivamente dato del «vigliacco» a Luca Cafagna – lo studente della Sapienza di Roma in studio per commentare la manifestazione del 14 e colpevole – sempre secondo La Russa – di apologia di reato.
Si agita sulla sedia La Russa quando parla Cafagna - «vigliacco, fifone», interrompe, sbuffa, si alza, minaccia di andarsene. «Qui non c’è neanche un poliziotto – urla impazzito manco si trovasse sul set di “Platoon” – solo studenti». Suda La Russa però quando gli fanno osservare che anche lui in piazza c’è stato. A Milano per la precisione, era il 12 aprile del 1973 e quel giorno morì un poliziotto non certo per mano dei comunisti. No, non era proprio in piazza, La Russa, ma in Prefettura a trattare dice lui come chiaramente smentiscono le immagini di repertorio con cui si apre il film di Marco Belloccio «Sbatti il mostro in prima pagina», che quella giornata racconta e che mostra un giovane – ma non era per questo più avvenente – ministro degli esteri che megafono in mano, arringa le folle della «Maggioranza silenziosa». «Vai vai» questa volta non lo dice La Russa ma poi si riprende e si scaglia contro chi gli dà del fascista. Ignorante è la risposta e poco ci manca che non risponda «fascista a chi?»
Già, perché Ignazio Benito Maria La Russa è figlio del senatore missino Antonino La Russa e fratello di Romano. Trapiantati a Milano, i due fratelli sono tra i principali dirigenti di “Fronte della Gioventù” e il loro ruolo è delicato: tenere i contatti con i matti di San Babila, già all’epoca tutti armati ma anche e soprattutto incontrollabili e – a modo loro - «anarchici».
Dopo la vittoria elettorale dell’aprile del 1973 – con l’Msi che sfiora l’8% - l’attuale ministro dell’Interno è tra quelli che decidono di dar vita alla grande manifestazione della «Maggioranza Silenziosa», un comitato anticomunista a cui aderivano esponenti democristiani, missini, liberali e monarchici. Con lui, Ciccio Franco – già leader della rivolta di Reggio – e neo eletto senatore.
Parte male quella giornata e finisce peggio. La manifestazione «contro la violenza rossa» è vietata ma i sansabilini arrivano in piazza portandosi dietro le bombe “srmc”: sarà una di queste bombe ad uccidere l’agente Antonio Marino. Romano La Russa, fratello del ministro, finisce a San Vittore per «adunata sediziosa e resistenza alla forza pubblica». Ignazio viene indicato dalla stampa – sicuramente anche all’epoca comunista – come uno dei «responsabili morali» Per il Msi, partito d’ordine, è un disastro dal quale non si riprenderà più. Almirante reagisce denunciando i colpevoli e col Fronte è quasi rottura ma i due La Russa restano a galla e dopo poco Ignazio aderisce a “Lotta popolare”, la «sinistra» del Msi, dalla quale poi esce.
«Fascista a chi?».
Come ministro tocca tenercelo (anche se l’Idv ieri ha inviato una lettera aperta a Napoletano protestando per la presenza dentro un governo democratico di un ministro fascista) ma dagli schermi fatelo sparire.

Liberi Tutti! No alla criminalizzazione della rivolta studentesca

La piazza del 14 dicembre ha dimostrato che le mille vertenze contro i licenziamenti e le chiusure aziendali, per la difesa del salario e per un accesso al reddito si possono e si devono saldare con le lotte per la sopravvivenza della Scuola Pubblica e dell’Università, per lo sviluppo di Scienza e Ricerca autonomamente dalle logiche aziendalistiche, per la salvaguardia dei territori dalle devastazioni ambientali, per il diritto a una casa per tutti. Voci differenti che, per una volta, si sono sentite unite nella lotta per il nostro futuro e dignità che ora Governo e Confindustria ci vogliono negare

Liberi Tutti! No alla criminalizzazione della rivolta studentesca.
Come lavoratrici e lavoratori, pur appartenenti a differenti percorsi politici e sindacali, abbiamo partecipato alla mobilitazione del 14 dicembre e abbiamo condiviso le rivendicazioni che la piazza ha espresso a gran voce in un coro formato da studenti e precari, insegnanti e ricercatori, lavoratori del pubblico e del privato, immigrati e disoccupati. La piazza del 14 dicembre ha dimostrato che le mille vertenze contro i licenziamenti e le chiusure aziendali, per la difesa del salario e per un accesso al reddito si possono e si devono saldare con le lotte per la sopravvivenza della Scuola Pubblica e dell’università, per lo sviluppo di Scienza e Ricerca autonomamente dalle logiche aziendalistiche, per la salvaguardia dei territori dalle devastazioni ambientali, per il diritto a una casa per tutti.
Voci differenti che, per una volta, si sono sentite unite nella lotta per il nostro futuro e dignità che ora Governo e Confindustria ci vogliono negare. Un’opposizione corale contro le politiche basate sulla prevalenza della logica del profitto per pochi a scapito dell’interesse di molti.

Non pensiamo che con queste manifestazioni siano risolti i problemi dei rapporti di forza che in questo paese sono da anni sfavorevoli ai settori sociali subalterni, così come non pensiamo che si sia ancora battuta l’egemonia reazionaria che fa leva sulle paure della crisi che fomenta continuamente una guerra tra poveri contro i più deboli.

Però un segnale di vera opposizione sociale alla crisi e alle politiche di austerity è stato dato e lo dobbiamo rivendicare fino in fondo.

Per questi motivi in questo momento dobbiamo condannare fermamente la repressione indiscriminata e ogni tentativo di criminalizzazione che sta colpendo decine di giovani e giovanissimi che insieme a decine di migliaia di persone hanno cinto d’assedio quei palazzi di un potere corrotto e irresponsabile, delegittimato al di là degli inciuci e degli scambi di poltrone e totalmente incapace di programmare un futuro dignitoso per la stragrande maggioranza dei lavoratori, dei giovani precari e delle donne senza futuro.

Per gli stessi motivi esprimiamo tutta la nostra vicinanza ai giovani arrestati e portati in Tribunali che si dimostrano celeri nel “giudicare” sommariamente questi ragazzi, mentre sono sempre lenti e permissivi verso i rappresentanti del parlamento indagati e verso gli omicidi sul lavoro come quello alla Thyssen-Krupp.

Ora sono stati quasi tutti rilasciati tranne uno. Tutti però subiranno a brevissimo un processo con accuse gravissime. Non abbasseremo quindi il livello di attenzione e chiediamo sin da subito il pieno proscioglimento.

RIBELLARSI E’ GIUSTO! Oggi non è una frase fatta, ma un qualcosa che rende il senso preciso della situazione.

L’opposizione parlamentare è paralizzata e se non lo facciamo noi non lo farà nessuno al posto nostro: che se ne vada Berlusconi e tutte le cricche parlamentari che vogliono sostenere le politiche confindustriali di tagli, licenziamenti e zero diritti.

Noi siamo con la ribellione di questa generazione, al di là di incidenti che possono essere evitati solo dalla fine delle zone rosse e da una politica alternativa a quella attuale.

Giù le mani dai diritti

Riprendiamoci il nostro futuro

No alla criminalizzazione del conflitto sociale

No allo nuovo patto sociale

Per uno sciopero generale vero e unitario

LIBERI TUTTI!

elenco dei firmatari

sabato 18 dicembre 2010

solidarietà a Mario Miliucci

I cobas Empoli-Valdelsa esprimono la loro solidarietà a Simonetta e Vincenzo per l'arresto del figlio Mario , avvenuto durante la manifestazione del 14 dicembre a Roma.

"A Mario, come a tutti i fermati , è stata contestata la " resistenza in concorso" , ovvero la colpa delle giovani generazioni di gridare e lottare per un avvenire tuttora negato.

Solo a Mario -- a cui ora si aggiunge il minorenne Sirio Massidda -- è stato disposto l'arresto per il cognome dei padri : la reiterata vendetta delle istituzioni nei confronti di quanti nella vita osano annunciare e lottare per la società di " liberi e uguali" !

Solo per Mario il processo si terrà per direttissima il 23 dicembre , con ostili presagi nonostante la vigilia di Natale! "

venerdì 17 dicembre 2010

Intorno al 14 dicembre

Breve estratto da un articolo di Gigi Roggero.
Dov'è finito il popolo educato dell'anti-berlusconismo, dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi che piacciono a XL e che si difendono con la cultura e i libri? Scomparsi, e al loro posto ecco calare da chissà dove i black bloc. Il sapere non è più la sacra icona del pubblico da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. É l'intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori.
I buoni e i cattivi, storia nota si potrebbe pensare. E invece, qua c'è una grande novità. A prendere parola, collettivamente e in modo giustamente furioso, è una generazione di studenti, precari e operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come orizzonte permanente. L'assenza di futuro è, innanzitutto, insopportabilità del presente. Sono passati due anni dall'Onda, dall'illusione che mettendo in galera i corrotti si risolvesse la propria condizione di precarietà. La crisi ha scavato a fondo. Le lotte hanno determinato la crisi, la crisi ha lavorato per le lotte: nelle assemblee di scuole e università i discorsi sulla meritocrazia si indeboliscono, non si sentono quasi più quelli sulla legalità o la giustizia. La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia e delle banche, e forza costituente. Studenti medi e appena entrati all'università, i veri soggetti nuovi del movimento, sono radicali nei comportamenti e nell'espressione di piazza perché hanno afferrato la radice della questione: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Insomma, a bruciare sulle barricate dei palazzi assediati è la fiducia non solo in questo o quel governo ma nella speranza, che - come Monicelli ci ha insegnato - è una trappola dei padroni.

giovedì 16 dicembre 2010

Marco Travaglio, Repubblica, Fatto Quotidiano. Perchè non vi impiccate?


Durante il tg7 di martedì sera Marco Travaglio si è intrattenuto, bontà sua, a parlare dei manifestanti di Roma. Giusto per dare, letteralmente, del "demente" a chi è sceso in piazza nel pomeriggio. E' chiaro che gente come Travaglio ha un ruolo quando le piazze sono silenziose e il protagonismo politico passa a chi, in televisione, fa tanto l'onesto nei salottini digitali tra uno spot pubblicitario e un servizio lacrimevole. E' da comprendere la preoccupazione di Marco Travaglio: quando la politica passa in mano ai protagonisti collettivi per gente come lui c'è il rischio di tornare ai tempi in cui faceva il garzone di Indro Montanelli. Travaglio è un buon cronista e ha anche senso dell’umorismo. Ma il suo è un mondo molto ristretto. Si divide tra notizie di interesse per la magistratura e notizie che non interessano agli inquirenti. Tutto quello ..........

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domenica 12 dicembre 2010

Il 12 dicembre, non è un giorno qualsiasi!

piazza_fontanaIl 12 dicembre, non è un giorno qualsiasi!

Dal 1969 scandisce la feroce violenza della borghesia, che non ha esitato di ricorrere allo stragismo per mantenersi al potere, come nel ventennio aveva fatto con il fascismo! Sono trascorsi 41 anni dalla Strage di P.za Fontana : i mandanti di Stato e i criminali fascisti sono tuttora impuniti ; sono del tutto evidenti le complicità della partitocrazia nel tentativo di obliare il passato: ad oltre 40 anni, i governi continuano a negare l'abolizione del " segreto di Stato" sullo stragismo. Lo stragismo servì alla DC dell’epoca per continuare a governare , inglobando prima il PSI nei governi di centrosinistra e poi il PCI nel compromesso storico. La generazione del Vietnam si fece carico di riscattare il Paese e di apportare significative conquiste sociali alla classe lavoratrice e ai ceti popolari. Non fu certo un pranzo di gala! Lo scontro , definito dagli storici come una guerra di bassa intensità, comportò pesanti sacrifici e la perdita di numerosi compagni/e, di cui vogliamo ricordare per tutti il compagno Pino Pinelli, fatto precipitare dal 3° piano della Questura di Milano, dove era sottoposto ad un duro interrogatorio con l’accusa di essere l’esecutore della strage alla Banca dell’Agricoltura, da parte del Commissario Calabresi, sulle cui responsabilità non è possibile tacere riscrivendo la storia.

In memoria del 12 dicembre e delle vittime dello stragismo di Stato, siamo altrettanto determinati nel combattere oggi la degenerazione autoritaria che procede inesorabile e spedita con il beneplacido di entrambi gli schieramenti parlamentari.'. Gli orribili delitti perpetrati nelle caserme, nelle celle giudiziarie, nelle carceri - da Stefano Cucchi ad Aldo Bianzino, da Aldrovandi a Lonzi , giusto per citare solo i casi più noti - i pestaggi mortali e l'inaudita violenza di cui sono oggetto i giovani, i diversi, le donne, i migranti e i rom ,non sono frutto di mele marce , ma l'indice di un abuso sistematico nella certezza dell’impunità.
Tutori dell’ordine, guardie carcerarie, forze armate: solo quando vanno sotto processo, viene fuori la tremenda denuncia nei confronti di chi li addestra e li dirige!
Ammaestrati per annichilire-distruggere un nemico non per soccorrere-rispettare un cittadino!
Lo Stato di Diritto, sotto l'incalzare di leggi ad personam che permettono a Berlusconi di farla franca fregandosene della Costituzione,è stato sublimato nella legge del più forte, nell’evidenza della progressiva sottrazione delle libertà fondamentali e politiche.

NON CI ARRENDEREMO A QUESTO STATO DI COSE !

L’Italia che soffre e protesta, quella degli studenti e dei professori contro la Gelmini e i tagli all’istruzione-ricerca-cultura ; quella dei lavoratori ridotti alla fame e all’azzeramento dei diritti con i diktat feroci di Fiat-Marchionne ; quella dei giovani che vivono un presente-futuro precario e miserevole, che si battono per un lavoro-reddito-servizi garantiti ; quella dei milioni di pensionati, ancora più disperati di fronte a pensioni di fame ; quella dei cittadini sempre più indigenti, in lotta per il diritto alla casa,alla salute,all’assistenza ; quella delle popolazioni in difesa dei beni comuni, dell'acqua pubblica ; contro le " grandi opere" (Tav, Ponte), i " piani rifiuti"(discatiche-inceneritori), "l'energia padrona"(nucleare,carbone, scempio rinnovabili); quella dei migranti , sottoposti a vessazioni e vituperi da parte di leggi liberticide e razziste: OGGI RESISTE E ANNUNCIA LA VOLONTA’ DI CAMBIARE IL SISTEMA, DI TRASFORMARE LA SOCIETA’. 12 DICEMBRE , ABBIAMO SBARRATO LA STRADA ALLO STRAGISMO , RIUSCIREMO A FERMARE LA DERIVA AUTORITARIA E PRESIDENZIALISTA!

Vincenzo Miliucci- Confederazione Cobas

giovedì 9 dicembre 2010

Seminario su COLLEGATO LAVORO DIRITTO DI SCIOPERO

Mercoledì 15 Dicembre ore 16.00
Saletta casa dello studente, in piazza dei Cavalieri

Seminario su COLLEGATO LAVORO DIRITTO DI SCIOPERO

Interverranno:
-Avvocato Letizia Martini Centro Studi Diritto e Lavoro
-Alessandro Nannini Cobas Autoferrotranvieri
-Delegati/e RSU e lavoratori/trici

Uniti contro la crisi
Organizza la Confederazione Cobas di Pisa

11 Dicembre: giornata di lotta contro le grandi opere inutili. Cortei a Terzigno e in Val di Susa

Terzigno Corteo ore 14 concentramento a Boscoreale Ex Stazione F.S. (Via G. Dedlla Rocca)

Val Di Susa Corteo ore 14 S.Giuliano arrivo a Susa in piazza Savoia

All’inizio di Ottobre 2010 si erano svolte nel nostro paese significative iniziative di lotta contro le grandi opere: Messina, Firenze e la Val di Susa avevano lanciato un appello per una settimana di mobilitazione “per riunire, dall'estremo Nord al profondo Sud una Italia impoverita dalla speculazione, rassegnata al degrado, narcotizzata da una informazione distorta, devastata da una enorme colata di cemento”.

All’appello avevano risposto in decine di migliaia, per dire NO al Ponte sullo stretto, NO al sottoattraversamento AV di Firenze, NO al TAV Torino-Lione. In quegli stessi giorni anche i cittadini di Stoccarda scendevano in piazza per respingere il progetto di una megastazione riprendendo le nostre stesse ragioni: un ponte di solidarietà aveva unito le loro e le nostre lotte.

La risposta di Messina, di Firenze e della Valsusa è stata anche un segnale di ripresa di un paese che resiste: di un paese che combatte l’intreccio politica/affari/mafia, che si oppone alla distruzione dell’ambiente e difende i beni comuni, che non accetta la logica dell’emergenza e pretende una politica capace di guardare al domani, che si oppone alla militarizzazione dei territori, al ritorno al nucleare, che rifiuta la cancellazione dei diritti e difende gli spazi di partecipazione democratica. E’ un paese che vuole essere protagonista del proprio futuro e non intende consegnarlo alle lobby che governano la politica, un paese che pratica l’altra politica, quella capace di rispondere ai bisogni e non ai ricatti delle segreterie dei partiti, dando voce a chi si organizza dal basso.

Oggi lanciamo un nuovo appello: una giornata di lotta che veda mobilitazioni diffuse a livello locale unirsi con la forza della ragione contro la violenza di un potere politico/mafioso che attacca le condizioni di vita in nome del profitto. Da Vicenza sommersa non solo dall’acqua dell’alluvione in una regione consumata dalla cementificazione ma soprattutto dal fango di una base militare che rappresenta uno strumento per la politica di aggressione verso altre popolazione e di militarizzazione del territorio, a Messina che non si rassegna a dover subire il ponte dei desideri e degli affari; dalla Val di Susa che con la sua determinazione conduce da vent’anni una resistenza popolare mai vinta, a Napoli e tutta la Campania sommersa dai rifiuti e dalle menzogne di chi scarica sui cittadini colpe e responsabilità che sono di politici e camorristi con nomi e cognomi; da L’Aquila che ha saputo alzare la voce e da sotto le macerie di un terremoto che ha rappresentato un tragedia per molti e una nuova opportunità di business per pochi ha levato la sua voce per denunciare una militarizzazione camuffata da ricostruzione, alle tante realtà sparse per il paese che resistono a grandi opere che di grande hanno solo la distruzione e le dimensioni del business.

Due appuntamenti su tutti: in Val di Susa e Terzigno. L’appuntamento del Sud tenterà di riunire, in un unico corteo interregionale, tutte le esperienze che da tempo rivolgono la loro critica ad una aggressione ai territori e all’ambiente che determina solamente inquinamento generalizzato. L’elevato livello di conflittualità espresso dalle resistenze di Terzigno e Giugliano ha mostrato come sia possibile non cedere di fronte all’arroganza di un potere politico corrotto. Dopo anni di uso strumentale dell’emergenza, caratterizzata dalla sospensione dello stato di diritto (commissariati straordinari, produzione di leggi speciali e militarizzazione del territorio), è il momento di ribadire, facendo corpo unico, che non saremo più disponibili ad accettare la degradazione imposta dal profitto.

L’esigenza è quella di ritrovarsi in una giornata unitaria provenienti da territori diversi ma allo stesso modo contaminati, per dare un orizzonte condiviso di concretezza ai contenuti delle vertenze che in questa
fase la lotta pone: respingere le conseguenze delle attuali politiche ambientali, mettere al primo posto i bisogni/desideri della popolazione, la difesa dei beni pubblici dall’aggressione privatizzatrice, produzione della politica come autodeterminazione del sociale nella diretta ed autonoma organizzazione della sua vita.

Il prossimo 11 Dicembre diventi una giornata di lotta per dire NO alla devastazione dell’ambiente e alla militarizzazione dei territori, NO alle grandi opere inutili, devastanti e dai costi insostenibili, No alla logica dell’emergenza sul tema dei rifiuti, NO alla cancellazione dei diritti. Una giornata di lotta per la difesa dei territori e per far valere gli interessi delle popolazioni, e un segnale ai migranti costretti a salire sulle gru per essere visibili per dire loro che il paese che scende in piazza è al loro fianco.

Nella stessa data si terranno anche manifestazioni in altre città dell’Europa, promosse da un coordinamento di comitati che vede riuniti spagnoli, francesi, italiani, tedeschi e sloveni che si oppongono al TAV; anche in questa occasione possiamo costruire un ponte tra le diverse lotte: più lungo di quel ponte sullo stretto che non vogliamo si faccia mai.

Movimento No Tav Valle di Susa, Movimento Difesa del territorio Area Vesuviana, Movimento disoccupati organizzati Banchi Nuovi, Rete campana salute e ambiente, Rete anticapitalista campana, Area Antagonista Campana, CSOA Officina 99, Red link, Laboratorio Occupato Ska, Zeta, Movimento Disoccupati Autorganizzati Acerra, Comitato contro l’inceneritore Ponticelli, comitato Salute Ambiente Napoli est, Confederazione Cobas Napoli, CAU Napoli, Forum Tarsia, Laboratorio Insurgencia, Presidio permanente contro la discarica di Chiaiano, Comitato civico Cambiamo Mugnano, Comitato antidiscarica di Giugliano, Aula Flex Occupata Università Orientale, Comitato di Quartiere Città Vecchia Taranto, no tav veneto orientale, Resistenza Viola Piemonte, Collettivo "Iqbal Masih" di Lecce, USI Liguria, U.S.I.-A.I.T

martedì 7 dicembre 2010

Empoli: il medioevo prossimo venturo

comunicato stampa
Empoli: il medioevo prossimo venturo
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La medievale “ruota degli esposti” proposta dalla misericordia di Empoli è l'ultimo frutto avvelenato di una crociata portata avanti da una banda di fanatici antiabortisti che fanno capo al cosiddetto “movimento per la vita”. L'obiettivo perseguito da queste organizzazioni pro-life è chiaro: negare alle donne qualsiasi capacità, diritto e libertà in tema di maternità. Per fare questo non era più sufficiente mettere in discussione la L.194/78, l'obiezione di coscienza o l'utilizzo dei metodi contraccettivi, ma una presenza sempre più attiva all'interno dei consultori ( vedi la delibera del 15 novembre scorso approvata dal Consiglio Regionale del Piemonte) per apostrofare come “assassine” chiunque si trovi nell'impossibilità di portare a termine una gravidanza.
Il proliferare di queste “culle per la vita” nell'intero territorio nazionale (dalle 6 del 2005 siamo passati alle 35 del 2010) testimoniano la volontà di utilizzare anche gli effetti sempre più devastanti della crisi economica per imporre un modello di società sempre più integralista e oscurantista. A evidenziare maggiormente il carattere propagandistico e strumentale di questa iniziativa è anche il fatto che dal 2001 è possibile partorire in qualsiasi ospedale di questo paese con la garanzia dell'anonimato.
Come Cobas Empoli-Valdelsa crediamo vadano affrontate e rimosse le condizioni che favoriscono l'abbandono (più che moltiplicate), garantendo assistenza, servizi e istruzione gratuite a tutti ed evitando che i diritti delle donne siano ridotti a merce di scambio con le ali più estreme e intransigenti del movimento per la vita.

Cobas Empoli-Valdelsa

lunedì 6 dicembre 2010

VOGLIONO CANCELLARE IL DIRITTO DI SCIOPERO! DIFENDIAMO IL NOSTRO BENE COMUNE.

Dopo che la legge detta “Collegato lavoro” ha posto in essere l’attentato permanente ai diritti dei lavoratori, il governo, in conto proprio e per conto di Confindustria, ha messo sotto tiro il diritto di sciopero.
A differenza di altri paesi europei, le procedure di sciopero nei servizi pubblici in Italia sono già macchinose e lunghe, per rendere meno efficace lo strumento e indebolire il potere di contrattazione dei lavoratori e delle lavoratrici italiane.
La legge n. 146/90, infatti, stabilisce già oggi che, per poter effettuare la prima azione di sciopero, tra procedure di raffreddamento e di conciliazione e proclamazione, occorre che passi almeno un mese. In pratica se il padrone licenziasse un lavoratore dei trasporti, la risposta di solidarietà e di lotta per lui potrebbe scattare solo dopo un mese ...
Ma al peggio non c'è limite. Così, ecco che il 27 febbraio 2009 il Consiglio dei ministri approva un disegno di legge delega in materia di sciopero nei trasporti, che continua il suo cammino senza che nessuno lo fermi o si opponga.
Il disegno di legge stabilisce il requisito minimo di rappresentatività del 50% per poter proclamare uno sciopero. Il sindacato che non lo possiede, ma raggiunge una soglia di rapresentatività superiore al 20% può proclamare sciopero solo se prima indice un referendum e ottiene il consenso di almeno il 30% dei lavoratori interessati. Una volta raggiunto il quorum, lo sciopero dovrà rispettare le procedure previste dalla legge n. 146/90.
Il sindacato che ha meno del 20% di rappresentatività non potrà né indire il referendum né proclamare lo sciopero. Dietro la cortina fumogena delle dichiarazioni a favore dei diritti degli
utenti dei trasporti, risulta chiaramente che Sacconi (ormai prossimo al “premio Nobel” come ministro contro il lavoro!), il suo governo, i partiti concorrenti del cosiddetto centro-destra attivo per sfiduciarlo e, sotto sotto, anche quelli di centro sinistra vogliono rendere impraticabile ogni forma di sciopero nel settore, malgrado esso sia un diritto individuale e indisponibile, cioè non sottraibile alla disponibilità di ogni singolo lavoratore.
E’ chiaro che non è democratico far dipendere l’esercizio del diritto di sciopero dalla cosiddetta rappresentatività, in genere basata sulla debolezza in cui si trovano oggi i lavoratori e sul clientelismo sfrenato delle “grandi” centrali sindacali a caccia di iscritti cui offrire briciole di diritti.
La democrazia, infatti, consiste nel libero diritto di ogni formazione sindacale di proclamare sciopero e nel libero diritto di ogni lavoratore di aderirvi o non aderirvi. Se si vedono anche alcuni altri aspetti del disegno di legge, non si può non arrivare alla conclusione che l’obiettivo che esso si prefigge consiste nella pratica cancellazione del dirito di sciopero.
Per esempio, l’obbligo di dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero, che costringe il lavoratore a dichiarare se ha intenzione di aderire o meno, col rischio di sanzione nel caso non rispetti quanto dichiarato.
E’ chiaro che quest’obbligo mira a scoraggiare il lavoratore dal partecipare agli scioperi, perché, in tempi bui come gli attuali, lo pone nella condizione di esporsi in prima persona, sottoponendolo alle intimidazioni e ai ricatti della gerarchia aziendale. O l’inasprimento delle sanzioni in caso di azioni fuori dalle regole. Sanzioni per migliaia di euro, che rappresentano minacce in stile “terroristico”, perché precipitano tutti nella paura e nell’abbandono di ogni volontà di lotta. O lo sciopero virtuale: un ennesimo colpo di perfida fantasia del ministro, che comporta la prosecuzione dell'attività lavorativa con perdita della retribuzione per il lavoratore e il versamento da parte del datore di lavoro di un contributo a un “fondo con finalità sociali”. Con buona pace di chi pensa che lo sciopero dovrebbe essere uno strumento utile a spostare a favore dei lavoratori i rapporti di forza!
Ma il Sacconi-pensiero ha già manifestato l’intenzione di partire dal settore dei trasporti, per addomesticare tutto il resto del lavoro dipendente, non solo pubblico (già disciplinato dalla legge n. 146/90), ma anche privato. In questa prospettiva, il suo ministero ha già avviato il lavoro di
elaborazione di una disciplina generale anti-sciopero (una specie di “testo unico” della materia), con la finalità di colpire tutti i settori lavorativi e chiudere in una gabbia autoritaria il conflitto sindacale e quello in genere sociale, per esempio sanzionando il blocco del traffico con multe di migliaia di euro sulla testa di ogni manifestante.