domenica 24 gennaio 2010

A fianco del popolo della VAL SUSA contro il TAV e tutte le opere di devastazione sociale … contro tutte le mafie

Dopo ormai due settimane di intensa mobilitazione, dopo che migliaia di valligiani hanno espresso la loro ferma contrarietà attraverso la partecipazione ai presidi, ai blocchi stradali, alle manifestazioni in valle e a Torino, la realtà della opposizione al Tav - e a tutte le opere che devastano il territorio e vogliono imporre con la forza la speculazione sulla vita delle popolazioni – si dimostra ogni giorno più viva e crescente, alla faccia di quella santa alleanza in nome degli affari che vede assieme centro-destra e centro-sinistra, confindustria e organizzazioni sindacali concertative, potere politico, economico, ecclesiastico e mediatico. Oggi come quattro anni fa il movimento Notav è forte e determinato a resistere fino in fondo.

La mafia degli “affari” si è inventata di tutto per comprare amministratori e abitanti della Valle di Susa. Hanno annunciato soldi a palate in cambio dell’assenso al Tav (le cosiddette compensazioni), si sono inventati la proposta di sgravi fiscali (Valsusa “zona franca”), hanno pesantemente minacciato sindaci e amministratori se avessero partecipato alle manifestazioni e avessero condiviso il No della Valle e del movimento.

Ma ancora una volta hanno dovuto ingoiare un boccone amarissimo, perché la stragrande maggioranza dei sindaci e dei consigli comunali della Valle ha rifiutato di nominare i tecnici in quella pantomima che è l’Osservatorio Virano e si è schierato a fianco dei valsusini in lotta. L’unica cosa che il governo, Chiamparino e Bresso sono riusciti a dimostrare è che hanno bisogno di portare 1500 carabinieri e poliziotti per ogni trivella che vogliono installare furtivamente, di notte, per poi farle fare finta di lavorare e passare le veline ai giornali sull’avvio dei sondaggi.

I cosiddetti mezzi di “informazione” non fanno altro che distorcere la formidabile mobilitazione della Valle, persistendo a raccontare vere e proprie menzogne, a denigrare il movimento come fatto da pochi esaltati, a dare spago ad oscuri esponenti “sindacali” che si inventano aggressioni agli operai cantieristi mai avvenute, a pubblicizzare ogni politicante di qualsiasi tacca che voglia annunciare la sua iscrizione al partito trasversale della speculazione affaristica.


I Cobas, da sempre schierati con la resistenza valsusina e con tutte le popolazioni che vogliono difendere i loro territori ed il loro futuro dalle devastazioni ambientali e sociali, invitano a essere tutte e tutti presenti al fianco del popolo Notav ed a partecipare alle manifestazioni dei prossimi giorni.

giovedì 21 gennaio 2010

I DANNATI DELLA TERRA... Sabato 23/01 manifestazione corteo a Firenze



CONTRO LA DIFFUSIONE DELL'ODIO RAZZIALE
PER LA TUTELA DI DIRITTI E BENI COMUNI
PER LA LIBERTA' DI CIRCOLAZIONE

SABATO 23 GENNAIO MANIFESTAZIONE CORTEO A FIRENZE,
ORE 10 PIAZZA SAN MARCO. Da Empoli: RITROVO ALLA STAZIONE ALLE 9:00


I DANNATI DELLA TERRA...
Gli episodi avvenuti a Rosarno rappresentano la peggiore espressione della cultura e del dominio razzista e schiavista nella nostra nazione. Lo sfruttamento bestiale di migliaia di corpi, la negazione del diritto minimo al salario e alla vita, la caccia alla preda, le espulsioni forzate. Lo Stato e le sue mafie che dispongono e detengono l'esercizio del controllo militare, politico e sociale del territorio.
Non è successo niente...
I padroni hanno ripreso il controllo della terra, le "ndrine" il comando politico-militare della zona, lo Stato nella sua espressione peggiore, quella dell'esercizio della violenza dei forti con i deboli...

E anche a Firenze, la vicenda di Rosarno si ripercuote nelle sue articolazioni coercitive, l'attacco violento alle occupazioni di stabili. Il quotidiano "LA REPUBBLICA", nella sua pagina nazionale, segnale due possibili focolai di rivolta, il "Fosso Macinante", struttura che ospita 150 richiedenti asilo somali, e la Comunità interetnica del Luzzi, un villaggio occupato a Pratolino, struttura che resta un boccone appettitoso per la speculazione.

Una valanga di volgarità indicibili contro il popolo delle occupazioni, la rituale richiesta di sgomberi immediati.
Un armamentario che conosciamo bene, che violenta e distrugge rapporti e relazioni sociali. Da alcuni giorni continue intrusioni della polizia negli stabili occupati, lo sgombero di due campi ROM all'Osmannoro, le dichiarazioni del candidato Rossi per l'apertura del CIE in Toscana, i pestaggi "mirati" contro migranti e gay nella notte di capodanno.
Una miscela esplosiva che si nutre del linguaggio dell'odio e della violenza sui pìù deboli, un clima insostenibile che chiama la FIRENZE DELLA SOLIDARIETA', DELL'ANTIRAZZISMO, DEL MUTUO SOCCORSO ALLA DIFESA COLLETTIVA DEI PROPRI LUOGHI E DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE.

CONTRO LA DIFFUSIONE DELL'ODIO RAZZIALE
PER LA TUTELA DI DIRITTI E BENI COMUNI
PER LA LIBERTA' DI CIRCOLAZIONE

COSTRUIAMO LO SCIOPERO GENERALE DEI MIGRANTI IL 1 MARZO

L'ASSEMBLEA DEL MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA DI FIRENZE

martedì 19 gennaio 2010

LO SCANDALO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE

Lo scandalo degli insegnanti di religione, ingigantito dalla decisione governativa di regalare ad essi un “tesoretto” tramite aumenti biennali, è in realtà un insieme intollerabile di scandali. Il primo di essi riguarda l’imposizione della religione come materia insostituibile nella scuola pubblica e strumento di propaganda clericale tra i giovani. La possibilità di rendere tale materia almeno davvero facoltativa è stata negli anni vanificata dalle enormi difficoltà imposte nei confronti della materia “alternativa”: fermo restando che, per i
Cobas e per ogni laico/a, la religione è e dovrebbe essere questione privata da tenere estranea alla scuola pubblica. Ma non meno scandalosa è l’altra pietra miliare del “feudo” clericale nella scuola, e cioè le modalità di reclutamento degli insegnanti di religione, non assunti come tutti gli altri docenti in base a concorsi e titoli riconosciuti dallo Stato, ma tramite insindacabile giudizio della Curia cattolica, che fornisce e toglie il placet in base alla sua dottrina.
In altri termini i docenti di religione sono dipendenti dello Stato vaticano e della gerarchia cattolica pagati dallo Stato italiano: grottesca anomalia inesistente in alcun altro paese europeo o “occidentale”. Ad aggravare ulteriormente i due già macroscopici scandali dell’Italia “giardino vaticano”, se ne è aggiunto un terzo durante il precedente governo Berlusconi e con la ministra Moratti, avallato poi dal successivo governo di centrosinistra, e cioè la non-licenziabilità degli insegnanti di religione.
Mentre qualsiasi altro docente assunto dallo Stato può perdere il posto di lavoro, i docenti di religione, in caso di non-conferma da parte della Curia, hanno comunque diritto ad un posto garantito in una altra materia: il che, paradossalmente, consentirebbe alla Chiesa cattolica, revocando ogni anno la “delega” ad un buon numero di docenti, di riempire la scuola pubblica di decine (o centinaia) di migliaia di “propagandisti”. L’ultimo affronto alla laicità della scuola, nonché alla più elementare giustizia salariale, arriva ora: il ministro Tremonti regalerà, a partire da maggio 2010, ai docenti di religione, di fatto “di ruolo” e inamovibili, scatti biennali di stipendio (aumento mensile medio intorno ai 220 euro) con annessi arretrati dal 1 gennaio 2003 (per migliaia di euro); gli stessi scatti biennali, a suo tempo unica modalità di “carriera” per i lavoratori della scuola, cancellati brutalmente con l’assenso di centrodestra e centrosinistra, e negati attualmente ai precari veri, quelli nominati dallo Stato. Ci sarà qualche forza parlamentare che ci aiuterà a bloccare almeno questo ultimo scandalo o tutta la politica istituzionale continuerà ad inchinarsi al potere vaticano e alla clericalizzazione della scuola?

martedì 12 gennaio 2010

L’OSCENA IPOCRISIA DI RAZZISTI E XENOFOBI. Il tetto per gli studenti “stranieri” e Rosarno

Mentre si materializzano a Rosarno i criminali risultati di anni di razzismo e xenofobia, diffusi a piene mani dal berlusconismo e dal leghismo (e non solo), con pogrom e deportazioni, dà la nausea l’oscena ipocrisia di una Gelmini, che, improvvisamente “preoccupata che non si creino ghetti per gli studenti stranieri” (oltre il 40% dei quali, peraltro, nati in Italia) vorrebbe fissare un “tetto” del 30% alle loro presenze nelle scuole.

Se tale proposta non provenisse da una rappresentante di forze politiche che hanno lavorato indefessamente, con i potentissimi strumenti mass-mediatici, per creare, ingigantire e diffondere razzismo e xenofobia, per costringere gli immigrati/e nei ghetti abitativi e in quelli lavorativi simil-Rosarno (15 euro al giorno per lavori massacranti e trattati come schiavi), oppressi dalle angherie fisiche e psicologiche della teppaglia autoctona, potremmo pensare a superficialità ed ignoranza.

Nel caso, basterebbe ricordare che, ovunque, ogni intervento “riequilibrativo”, mediante l’introduzione di “quote” di presenza di settori sociali discriminati, si è basato su tetti “minimi” e non “massimi”; e cioè, per evitare discriminazioni su basi di genere, religiose, etniche o di censo, in alcuni paesi si è garantita una presenza non al di sotto di una certa quota di donne, o neri, o immigrati, o minoranze religiose o linguistiche nelle università, nelle scuole, nei sussidi sociali, nell’assegnazione di case, lavori statali: ma mai tetti massimi. In realtà Gelmini sa come stanno le cose: tanti quartieri e paesi registrano un tasso “forzoso”, superiore alla media nazionale, di immigrati che magari preferirebbero, ad esempio a Roma, abitare ai Parioli piuttosto che a Tor Bella Monaca. Ma, impossibilitati a scegliere, iscrivono i figli nelle scuole disponibili e dove l’ambiente non è, grazie a docenti, Ata e dirigenti scolastici democratici, avvelenato da razzismo e xenofobia, come purtroppo avviene in tanti altri luoghi. Fissare tetti massimi significherebbe solo ingigantire la fuga scolastica dei figli degli immigrati, annullare la funzione della scuola “di tutti e per tutti”. Se si volesse davvero aiutare queste scuole, che si assumono un incarico non lieve anche in nome di chi, vilmente, chiude un occhio di fronte alla oscena pressione xenofoba, basterebbe aumentare gli investimenti in generale e soprattutto per le scuole che più operano in situazioni complesse e difficili e diminuire il numero di alunni per classe. Ma in verità Gelmini se ne strafotte del benessere e della giustizia per i figli degli immigrati e si è fatta propaganda a basso prezzo, per ricordare alla propria base elettorale che il governo “tiene sotto i niguri” e i migranti “con le pezze al culo”. Peraltro Gelmini dovrebbe sapere che i criteri per la composizione delle classi sono di esclusiva competenza dei Collegi dei docenti e dei Consigli di istituto. Però, essendo il governo abituato a stravolgere leggi e regole senza risponderne a nessuno, vista l’assenza-complicità della presunta opposizione parlamentare, può darsi che Gelmini non si limiti a fare campagna elettorale ma voglia attaccare davvero tali competenze. Nel caso, i Cobas daranno tutto il loro contributo affinchè gli organi scolastici non rispettino imposizioni xenofobe e continuino a decidere autonomamente per la formazione delle classi.

sabato 9 gennaio 2010

Dalla parte dei LAVORATORI di Rosarno CONTRO IL RAZZISMO

Dalla parte dei LAVORATORI di Rosarno
CONTRO IL RAZZISMO

"Pensavamo che qui ci fosse il paradiso invece è L'INFERNO!" così un lavoratore migrante risponde ad un giornalista che intervista i rivoltosi di Rosarno.
Una risposta che rappresenta in maniera esaustiva la realtà che vivono migliaia di lavoratori stagionali che lavorano per 25 euro al giorno (12/13 e più ore di lavoro) nelle campagne calabresi gestite dalle mafie locali.
Questi uomini tutti giovani dell'Africa sud sahariana e magrebini sono schiavizzati da caporali e mafiosetti della zona che vendono al miglior offerente manodopera a bassissimo costo.
Il territorio teatro di questa vera e proprio tratta dei nuovi schiavi è gestita direttamente da anni da famiglie mafiose che tranquillamente svolgono le loro sporche faccende senza che nessuno si indigni, con un atteggiamento di immobilismo da parte delle istituzioni comunali (là dove non sono state rimosse per infiltrazioni mafiose) regionali e nazionali che fa pensare ad una sorta di connivenza con le mafie locali , vero potere economico del territorio(Do You Remember lo scudo fiscale?) . Un dramma sotto gli occhi di tutti come i luoghi dove questi lavoratori esausti da una giornata di lavoro si riposano, vecchie e cadenti fabbriche mai diventate produttive, inaugurate da ministri della prima repubblica.
Luoghi al ridosso dei piccoli paesi che ricordano le peggior bidonville, invisibili a tanti, dove fortunatamente i medici senza frontiere hanno istallato un presidio sanitario, uguali a quelli che istallano in Zimbawe...
Questo è il contesto dove è scoppiata la ribellione dei lavoratori di Rosarno, stanchi di essere quotidianamente oggetto di angherie da parte dei caporali e mafiosi, hanno alzato la testa e gridato a chi non vuol sentire, la voglia di libertà e democrazia, ancora una volta soli contro il razzismo e la criminalità organizzata.
BASTA CON LE LEGGI RAZZISTE BASTA CON LO SFRUTTAMENTO DEI FRATELLI E DELLE SORELLE MIGRANTI.
SOLIDARIETA' AI LAVORATORI DI ROSARNO.

COMUNITA' IN RESISTENZA di EMPOLI
Cobas Empoli-Valdelsa.

Sosteniamo i migranti di Rosarno


Link: A Rosarno caccia all'uomo contro gli africani

Costruire massa critica non può eludere una lezione sulla necessità di ribellarsi. Eppure la rivolta di Rosarno non è la ribellione di una parte di cittadini consapevoli e riflessivi, ma forse l’opposto. E’ un atto di rabbia covata nel petto che esplode all’ennesima aggressione da parte di un territorio inospitale. Ridotti in condizioni di schiavitù, da un sistema di caporalato a cui sono costretti e ammassati in baracche, dove mangiare e dormire in condizione igieniche imbarazzanti, i protagonisti della rivolta hanno trovato la forma più diretta di mettere in pratica il motto marxista, “nulla da perdere, all'infuori delle catene”. Perchè proprio “i neri” sono stati i protagonisti della rivolta? Così è scritto su uno dei blog della rete:

«Il paradosso sta nella rivolta degli immigrati. se ci pensate bene sarebbe stato un sacrosanto diritto dei calabresi scendere in strada ed alzare barricate contro il malaffare di stato, contro la truffa 488, contro l’uso della regione come discarica di scorie nucleari, contro un ponte che non serve a nulla, che mai sara’ costruito e che sara’ lasciato a meta’ dopo che i finanziamenti saranno andati nelle tasche giuste. di fronte a tutto questo, di fronte a decenni di sfruttamento, malaffare, vessazioni, ‘ndrangeta, connivenze e complicita’ politiche i calabresi non hanno mosso un dito. ci sono voluti dei poveracci sfruttati come schiavi per sollevare il problema».

Occorre ribadire per prima cosa che la rivolta passa da una presa di posizione legittima e rabbiosa contro la schiavitù. Come succede storicamente nelle rivolte è alimentata da un episodio controverso (in questi casi una sparatoria ai danni di due “neri”) e si manifesta nelle forma del “riot” (della sommossa), che prevede l’irruzione sulla scena di azioni violente, la cui spontaneità e disorganizzazione non esclude atti di vandalismo. Ma perché proprio “i neri” è presto detto. In un comune “confiscato” per anni dalla mafia e che ora è stato commissionato dall’intervento della magistratura, lo spazio pubblico è insussistente. I “locali” sono stati schiacciati, compressi o coinvolti nelle rete di potere mafiosa che continua a mantenere a proprio vantaggio il rapporto di forza con lo stato. Nel labirinto cieco dove le strade della ribellione nascondo interrate mine anti-uomo, e lo stato coi suoi rappresentati contribuisce statisticamente più all’innesco che al disinnesco, i cittadini non hanno vie d’uscita. Prima di ringraziare la Procura di Reggio Calabria un altro lettore fa notare:

“La Commissione parlamentare antimafia del 20 febbraio 2008 afferma che la ‘ndrangheta «ha una struttura tentacolare priva di direzione strategica ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica», e la paragona alla struttura di Al Qaeda. Secondo le forze dell’ordine, in Calabria sono attualmente operanti circa 155 clan locali che affiliano circa 6.000 persone dedite ad attività criminali, legate spesso (quasi sempre) tra loro da vincoli familiari”. Pensate che 3 procuratori e 121 uomini possano ostacolarla??? I dati statistici inerenti agli atti intimidatori sono stati possibili grazie alla collaborazione ed allo studio di un giornalista locale. Un particolare ringraziamento va riconosciuto alla Procura della Repubblica di Reggio, UNICA attuale speranza per noi reggini.

Non è un caso che chi si opponga a questo sistema sia tacciato di eroismo, data la crudeltà assoluta del sistema mafioso e l’inefficacia latente (e talvolta interessata) dello Stato. Il sistema mafioso in un paese di poco più di 15.000 abitanti come Rosarno è una rete a maglie strette con una capacità di penetrazione totale, volta ad ottenere (e concedere) favori, opportunità e pronta a reprimere possibili fuoriusciti. Scrive un reggino:

l’emergenza di Reggio non e’ il frutto della sola bomba degli scorsi giorni. per fornire qualche dettaglio in concreto vi prego di seguire le sconcertanti, quanto emblematiche, statistiche di danneggiamenti intimidatori che molti tendono a sottovalutare. Relativamente all’anno 2008 i danneggiamenti in Calabria (auto, attività commerciali, abitazioni, ecc.) sono stati 12.212 (33 al giorno!!!!), in leggera crescita rispetto al 2007 (12.119). Di questi danneggiamenti 1.215 sono stati effettuati tramite incendio (1.418 nel 2007). Relativamente al comune di Reggio Calabria, nel 2008, i danneggiamenti tramite incendio sono stati oltre 400 (diversi di questi ad amministatori locali). Mi sembra che non vi sia nulla di sorprendente nella bomba dello scorsa settimana. Solo un altro episodio di violenza in una terra abbandonata.

Una cancrena che al contrario qualcuno farà finta di scoprire in questi giorni di tumulti ma che al contrario è un sistema con cui la popolazione è costretta a convivere e agire di conseguenza, in molti casi emigrando altrove.

Se il quadro è questo, risulta meno sorprendente che siano stati “i neri” a forzare “il sistema”. Costretti alla schiavitù e privati del welfare malavitoso, esclusi probabilmente dalla dimensione pubblica e inconsapevoli fino in fondo della sfida rivolta ai poteri locali, hanno ottenuto attraverso la loro rivolta l’irruzione nel circuito nazionale. Un’azione di portata straordinaria e impraticabile per gli autoctoni a cui lo stato e chi costruisce l’opinione pubblica rispondono barricandosi dietro lo scontro di civiltà. Come se ribellarsi dalla schiavitù non sia un dovere. Dice il ministro dell’interno interpellato da Repubblica:

"A Rosarno c'è una situazione difficile come in altre realtà, perchè in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, un'immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazione di forte degrado".

Mentre l’AGI rende noto:

Ad incitare la popolazione alla mobilitazione, e' un giornalista pubblicista, Marcello Marzialetti, che si presenta come corrispondente di un quotidiano locale ed ai cronisti dice: "Gli immigrati devono andarsene da Rosarno". L'uomo sta percorrendo le vie del centro con un'auto dotata di megafoni invitando tutti i cittadini a concentrarsi nella piazza del Municipio, divenuta il punto di riferimento della stampa locale e nazionale richiamata dagli avvenimenti delle ultime ore.

Si rivendica poi un presunto patto di solidarietà tra migranti e cittadini di Rosarno, alquanto improbabile da sostenere viste le condizioni di totale disumanità a cui sono costretti i lavoratori stranieri da anni. E qualora ci fosse stato un canale aperto, è incomprensibile come in questo paese i percorsi di lotta non possano subire accelerazioni volute da chi in prima persona sconta sulla propria pelle i segni delle ingiustizie. Il marciapiede spaccato di una strada pubblica o un cassonetto in fiamme ripreso dalle televisioni sono da sempre capaci di raffreddare la solidarietà dovuta a chi in quel momento sta accelerando lungo la strada della visibilità pubblica affinché più persone si facciano carico della sua disperazione. E’ una barriera usata da tutti quei media che sfruttano il potere delle immagini per disseminare la paura del diverso e del diversivo.

Ma la rivolta dei “neri” di Rosarno non è che la rivolta che i "bianchi" di Rosarno non hanno mai potuto fare. Anche quelli che avrebbero voluto.

sono contento che gli immigratisi rivoltino.. almeno loro – LORO E NON NOI – hanno avuto un sussulto per denunciare quello che succede nella mia regione: sfruttamento generalizzato di italiani e stranieri, assenza di occasioni di lavoro dignitoso, inaccessibilità dei fondi europei da parte della gente comune e onesta, di giovani e laureati che, come me, si sono sentiti costretti ad andarsene dopo aver inutilmente provato a restare. E mentre si parla di Ponte sullo stretto ancora sono costretto a fare viaggi da cani sui carri bestiame che prima mio padre, e prima ancora mio nonno, facevano per raggiungere i posti di lavoro o i propri cari.. che schifo, che Italia schifosa, che non si vergogna, non si indigna, che si fa abbindolare da chi stava e starà sempre bene a discapito degli altri. E quindi forza immigrati, continuate a protestare: in Italia è rimasta solo la protesta violenta per potersi fare sentire??

Adesso la sostengano.

Da Senza Soste, Orlando Santesidra

mercoledì 6 gennaio 2010

Dipendenti pubblici "fannulloni" impiegati nella Protezione civile lavorano contro le inondazioni.

Urgono misure di reale sostegno ai lavoratori e alle famiglie colpiti dall’alluvione. Per il Ministro Brunetta i dipendenti pubblici sono dei “fannulloni”, insomma lavoratori e lavoratrici per i\le quali lo stipendio è un regalo, una sorta di beneficenza statale. Il risultato della campagna mediatica orchestrata nei nostri confronti è la Legge approvata che taglia arbitrariamente una buona fetta del salario accessorio al 75% del personale pubblico.

Ebbene questi lavoratori considerati da taluni inutili, pagati poco più di mille euro al mese, spesso svolgono lavori altamente specializzati, complessi, a volte pericolosi, e quando si ammalano si vedono decurtare lo stipendio per i primi dieci giorni di malattia.

Lavoratori e lavoratrici hanno rinunciato a trascorrere a casa parte delle festività compreso il Natale, magari hanno lasciato a casa mariti, mogli e figli per andare volontariamente a dare una mano ai Centri Operativi Comunali della Protezione Civile per l’emergenza causata dalla piena dei fiumi di questi giorni, sono andati in mezzo alle strade ed agli incroci a fare viabilità, hanno portato in salvo le persone.

Il nostro auspicio per il nuovo anno è che i cittadini italiani riescano a vedere la realtà del lavoro pubblico al di là degli slogan populisti e propagandistici che hanno il solo scopo di smantellare i pochi servizi pubblici rimasti producendo un grave danno per tutta la società.

In questi ultimi mesi il Governo sta attuando un’autentica militarizzazione della protezione civile anche se i fatti di cronaca dimostrano che sono invece le strutture pubbliche e del volontariato a costituire la vera struttura portante del sistema operativo, un sistema operativo da migliorare soprattutto nel rapporto con la popolazione che in questi giorni ha subito danni materiali ingenti.

E a proposito delle misure da adottare, urgono interventi tempestivi a sostegno di famiglie e del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici che per mesi si ritroveranno senza lavoro, misure di cassa integrazione straordinaria, esenzione dal pagamento di tasse locali e nazionali , sistemazioni celeri per quanti si sono ritrovati senza un tetto e che avranno bisogno di soluzioni temporanee e di aiuti economici per la ricostruzione. Per questo occorre trasparenza e ad anno nuovo consigli comunali aperti perché la ricostruzione non sia un business, ma risponda alle effettive necessità della popolazione.

Confederazione Cobas San Giuliano Terme, Rappresentanze di Base Comune di San Giuliano Terme