lunedì 23 dicembre 2013

Firenze, #21D: cariche contro il corteo 'Assediamo il lusso'

 alt'Assediamo il lusso': questa la parola d'ordine con cui per oggi pomeriggio a Firenze era stata convocata una giornata di lotta cittadina contro l'austerità, per far sentire la voce della Firenze degli sfratti, della precarietà, della disoccupazione e rompere la vetrina natalizia del settore del lusso, quello che invece non sembra scalfito dai morsi della crisi.
Solo ieri la Questura aveva fatto sapere di voler vietare la manifestazione, proponendo un 'percorso alternativo' che tenesse il corteo ben lontano dal centro cittadino e tutelasse la quiete e gli interessi dello shopping natalizio che proprio in quella parte di città si riversa, in particolare in questi giorni. Una proposta che è stata fermamente respinta dall'assemblea contro l'austerity protagonista della costruzione della giornata di lotta del #21D, che ha invece rivendicato il proprio diritto a manifestare e a portare le proprie ragioni nel centro di Firenze.
Così è stato: dal primo pomeriggio di oggi centinaia di persone si sono radunate all'appuntamento in piazza San Marco, rifiutando la proposta di un semplice presidio caldeggiata dalla Questura e decidendo di partire in corteo alla volta delle vie del centro dietro uno striscione che recitava "Se Natale d'austerità deve essere, che Natale di lotta sia. Assediamo il lusso". Dopo pochissimi metri, quando la manifestazione è arrivata nei pressi di via Cavour, il corteo si è trovato la strada sbarrata dalla polizia che voleva impedirne il passaggio; a quel punto i manifestanti hanno deciso di riguadagnarsi il diritto a manifestare al grido di 'Corteo, corteo!', premendo sui cordoni della celere. Due cariche della polizia hanno tentato di impedire al corteo di muovere i suoi primi passi ma poco dopo la manifestazione si è ricompattata ed è ripartita.
Nei pressi del Duomo il corteo ha tentato nuovamente di smarcarsi dalla presenza pressante delle forze dell'ordine, svoltando rapidamente in alcune vie che conducevano nel cuore dello shopping e scatenando poco dopo la terza e violenta carica della polizia.
Nonostante i dinieghi e le provocazioni della Questura fiorentina, il corteo di pomeriggio ha resistito compatto portando, come promesso, l'assedio alle politiche di austerità e al lusso.



 Di seguito il comunicato del Movimento di lotta per la casa

#21D FIRENZE LIBERA!
La piazza si conquista la libertà di manifestare!


Oggi pomeriggio alcune centinaia di persone tra studenti, occupanti di case e sfrattati, giovani precari e lavoratori hanno risposto all’appello lanciato dall’ “assemblea contro l’austerità” per una manifestazione che si ponesse l’obiettivo di andare a portare la rabbia di chi subisce la crisi nelle vie della ricchezza e del lusso.  La questura, che ieri aveva comunicato il divieto totale della manifestazione prescrivendo un presidio statico in piazza San Marco, ha provato a impedire la manifestazione schierando un grosso numero di celerini e blindati a sbarrare via Cavour.
L’arroganza della questura e di chi governa la città, tutto impegnato a vendere nel mondo un immagine di Firenze fatta di ricchezza e pace sociale, si è dovuta scontrare con la determinazione di quel pezzo sempre più grande di città che è stanca di subire le politiche di sacrifici e che questo Natale avrà ben poco per cui (e con cui) festeggiare.
Come avevamo già scritto, l’idea che esista un pezzo di città riservato alla ricchezza e vietato alle manifestazioni di chi di questa ricchezza viene quotidianamente espropriato è semplicemente inaccettabile. Qui sta la legittimità di forzare i divieti della questura, che si è spinta fino a vietare e sbarrare fisicamente quelle vie che storicamente sono attraversate dalla maggioranza delle manifestazioni in città.
Di fronte alla spinta dei manifestanti, e dopo che tre cariche non sono riuscite a spegnerne la determinazione,  la polizia si è trovata costretta ad arretrare e consentire al corteo di prendere vita, in un clima assurdo e grave di militarizzazione e provocazione costante con la celere che ha scortato la manifestazione manganelli e scudi in mano mai a distanza di più di un metro. Anche questo, a quanto pare, fa parte del modello Renzi.
Passo dopo passo, metro dopo metro, l’assedio è riuscito a raggiungere un Duomo militarizzato e inoltrarsi fino all’inizio di via Vecchietti, sfiorando le vie del lusso più sfrenato e riconquistando la propria libertà di manifestare. Qui ha dovuto fronteggiare un’altra carica della polizia, per poi sciogliersi in piazza dell’Unità.
Finisce così una grande giornata di lotta all’austeritá e determinazione che ha affermato con la giusta forza che ribellarsi alle politiche di sacrifici è giusto e possibile, nonostante i divieti.
Lo spirito della piazza di oggi è sicuramente un buon punto di partenza per iniziare un nuovo anno all’insegna del conflitto e della moltiplicazione delle pratiche di riappropriazione diretta che diano risposte autorganizzate all’emergenza casa, al caro-vita, alla precarietà.
Firenze 21.12.13

venerdì 6 dicembre 2013

A FIANCO DEI LAVORATORI DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE DELL’ATAF DI FIRENZE, IN LOTTA CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DISPOSTA DALLA GIUNTA RENZI

IL COBAS  LAVORO  PRIVATO  E  LA  CONFEDERAZIONE  COBAS,
PLAUDONO AGLI SCIOPERI DEI LAVORATORI DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE DELL’ATAF DI FIRENZE,  IN LOTTA CONTRO LA NEFASTA PRIVATIZZAZIONE DISPOSTA DALLA GIUNTA RENZI , CHE STA PROVOCANDO GUAI INFINITI AI LAVORATORI E ALLA CITTADINANZA.

La giornata di sciopero del 5/12 , partecipata al 100% ha visto i lavoratori in piazza, sostenuti dai fiorentini nelle motivazioni a sostegno della mobilità pubblica, sottratta alla speculazione privata e alle molteplici carenze del servizio.
Oggi , lo sciopero continua con i lavoratori in assemblea permanente, nel mentre la RSU ( 15 su 18 Cobas) ha imposto un tavolo all’Ataf  per risolvere da subito quanto attiene alla copertura delle turnazioni(senza straordinario), alla tutela della salute dei lavoratori, alla manutenzione e  potenziamento ecocompatibile del servizio pubblico.
Contro la privatizzazione e per il potenziamento del trasporto pubblico, già gli autoferrotranviari genovesi avevano dato un segnale forte di opposizione a qualsiasi liquidazione, men che mai in nome del “ patto di stabilità e dei buchi di bilancio”.
Ora il segnale è stato raccolto e amplificato dagli autoferro  di Firenze,Pisa e Livorno, e ci auguriamo in breve da tutta Italia, in quanto il problema è generale, coinvolge in toto il sistema della mobilità e l’intera popolazione.

Coinvolge i lavoratori delle fabbricazioni industriali dei mezzi di trasporto su gomma e ferro, la cui sorte è messa in crisi dai nostrani padroni pubblici e privati, ma i cui marchi – Ansaldo STS, Ansaldo Breda, Breda Menarini Bus, Irisbus – sono estremamente appetibili in Europa da Mercedes, Bmw, Pegeuot,Volvo.  Lo Stato, con la vendita delle aziende- Finmeccanica intende  fare cassa, ai fini di mantenersi nel “ 3% del patto dio stabilità”; la Fiat ha chiuso Irisbus da due anni, solo per la politica liquidatoria delle produzioni italiani voluta dal boss Marchionne ( il 12/12 i lavoratori sciopereranno e manifesteranno a Roma , davanti alla. Sede del governo).

Eppure della produzione di  bus,tram,treni, navi ( lo Stato vuole liquidare anche Fincantieri) - di cui l’Italia è stata tra i leader mondiali – nel Bel Paese ce n’è bisogno come il pane . In un Paese, dove l’unica “ industria” che tira è quella del turismo e connessi, è da folli non realizzare un polo integrato della mobilità, che abbia come perno il trasporto pubblico e un comparto industriale dietro le spalle, che lo sorregga e ridiventi  appetibile  per  le esportazioni .

Ben vengano dunque : la diffusione-coordinamento   degli scioperi nel TPL ,il coinvolgimento dei lavoratori di tutti i settori , la cittadinanza attiva il lotta per la casa, il reddito e bisogni negati.
Sarà l’occasione per protestare e proporre insieme : la difesa e il potenziamento del trasporto pubblico, di un modo civile di vivere la pendolarità e la mobilità nelle città, di bonificarci dall’inquinamento e di salvaguardare la salute e le tasche.
Di questa visione , i Cobas sono parte attiva – attraverso le strutture aziendali,territoriali, nazionali –
impegnati oltremodo nella tutela dei lavoratori da ogni ritorsione – precettazioni, trattenute illecite,denunce, processi -   per liberare e far trionfare la giusta battaglia del trasporto pubblico.

martedì 3 dicembre 2013

Logistica, se gli ultimi tra gli ultimi si ribellano al ricatto. Intervista a Nicoletta Frabboni, dei Cobas


La lotta dei facchini della Granarolo viene sistematicamente ignorata dai mass media. In realtà si tratta di una lotta importante, perché gli ultimi tra gli ultimi hanno deciso di alzare la testa. Cosa accade?
Le grandi aziende, tipo la Granarolo, esternalizzano la logistica ai consorzi che a loro volta subappaltano alle cooperative. Con i regolamenti costruiti dalle coop stesse, viene agredito non solo il costo del lavoro, ma anche le condizioni del contratto di riferimento. E in questo, va detto, c’è una grossa responsabilità della Legacoop che, nella buona sostanza, lascia fare. Retribuzioni più basse e più dure condizioni di lavoro per i lavoratori, in grandissima maggioranza migranti. In alcuni casi il salario è del 35% in meno. Degli orari di lavoro, poi, non parliamo, la giornata lavorativa effettiva è molto ma molto oltre le otto ore di lavoro. Chi si ribella viene licenziato, come nel caso della filiera di cui è capofila la Granarolo. In quella vertenza si era addirittura arrivati a un accordo che prevedeva la riassunzione dei lavoratori che avevano protestato, riassunzione che invece si è fermata a nove su una cinquantina.

Con la tua esperienza diretta nei Cobas cosa hai potuto osservare?
Sono arrivati da noi dei facchini di una coop di Calderana di Reno; prima un quarantina e poi altri. Abbiamo presentato una piattaforma basata sulla clausola di salvaguardia, norma presente nel settore delle pulizie e non nella logistica guarda caso. Ma a volte la battaglia è molto dura perché le aziende non si fermano di fronte a niente: quello che accade è che le aziende cambiano nome e ragione sociale abbassando continuamente il costo del lavoro. Alla Logima, consorzio “Gli”, si sono inventati una mobilità dopo tre mesi dal cambiamento della ragione sociale. Hanno provato a licenziare donne in maternità obbligatoria, e Cgil, Cisl e Uil di categoria sono rimasti a guardare. Questo accade nella filiera dei salumifici. I Grandi salumifici italiani che si vantano di questo e di quello hanno licenziato le donne in stato di gravidanza. Un bambino è nato una settimana dopo che sua madre aveva impugnato il licenziamento. Su quindici persone dodici erano donne. Ci siamo opposti e le hanno dovute riassumere anche perché c’era la segnalazione alle Pari opportunità. Ci sono casi di aperta illegalità?
Spesso c’è una gestione mafiosa in base alla quale ci sono frequenti provvedimenti disciplinari e gente che non viene chiamata a lavorare. Così ti fanno stare a casa senza pagarti. Così la minaccia del licenziamento funziona. Abbiamo fatto, con il blocco stradale, lotte dure, a cui i lavoratori sono costretti per forza di cose. Cioè, per come funziona la produzione nella logistica, l’unica azione che puoi fare è bloccare il flusso delle merci. I grandi marchi, l’eccellanza italiana nell’alimentare viene colpita nel vivo visto che ormai ogni azienda basa i suoi affari sul just in time. C’è un giro di lavoro nero che è incredibile. Noi abiamo fatto denuncia all’ispettarato in maggio e ancora stiamo aspettando il loro intervento.
Uno delle zone più sensibili, se così possiamo dire è l’interporto di Bologna…
All’interporto lavorano qualcosa come cinquemila lavoratori. Hai idea di tutti gli interporti sparsi in Italia? Nelle campagne ci sono questi grandi magazini isolati da tutto dove accadono le cose più impensabili lontano da ogni testimonianza. Come ti iscrivi al sindacato di base ti licenziano. E allora bisogna andare in massa con un pullmann a dare una mano per i blocchi. A Padova, pochi giorni fa, sapendo che arrivavamo hanno chiuso il magazzino il pomeriggio. In giro c’è un grande fermento,però. Il settore della logistica non subisce crisi, del resto. E’ il settore tra i più trainanti perché le merci si spostano in continuazione. Quasi ogni giorno all’interporto c’è un blocco. Approfittano del fatto che si tratta quasi esclusivamente di forza lavoro migrante, ricattati con il permesso di soggiorno. C’è gente che ha Cud di 3.000 euro con 12 ore di lavoro al giorno. Ti pare possibile?
Per il sindacalismo di base si sono aperte nuove opportunità?
Solo il Sì Cobas segue circa 400 cooperative. L’Adl Cobas ne ha altrettante, soprattutto nel Veneto e nel Friu li e nella zona di Milano, Lazio, Marche.
Come funziona la gestione reale dei lavoratori nelle coop?
La busta paga è fittizia e la metà delle ore vengono trasformate in rimborso così non ci sono versamenti contributivi di alcun genere. Attualmente ci sono grandi trattative in ballo. Alcuni sindacati di base stanno cercando di chiudere un accordo nazionale con i grandi committenti in cui viene contempolata l’applicazione del contratto nazionale, malattia e infortunio e non licenzmento al cambio appalto.


lunedì 2 dicembre 2013

MORTI SUL LAVORO TRA RETORICA E SFRUTTAMENTO ANCHE IN CASA NOSTRA

MORTI SUL LAVORO TRA RETORICA E SFRUTTAMENTO ANCHE IN CASA NOSTRA
 
La strage di Prato, con la morte di lavoratrici\lavoratori periti nell'incendio, era da tempo annunciata.
 
Ora tutti, dai partiti al sindacato, dalle istituzioni locali all'associazionismo, si ergono a paladini dei diritti dei lavoratori, contro lo sfruttamento e la riduzione in schiavitù.
 
I 7 operai\e di origine cinese vivevano nel sottotetto del capannone industriale, una condizione diffusa nell'area pratese, pochi metri quadrati dove vivere in condizioni disumane, senza dignità , con orari lavorativi di 12\14 ore al giorno. Ogni azienda registrata alla camera di commercio dovrebbe essere controllata dalle autorità asl competenti in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, siamo certi che con i numeri attuali degli ispettori tutto ciò sia possibile?
 
Continue sono le pressioni per aggirare le normative in materia di sicurezza, soprattutto quando sono in gioco interessi nevralgici come quelli della manifattura. Sulle condizioni di semischiavitù degli operai cinesi sono in molti  a guadagnarci e non da oggi.
 
Spesso i migranti lavorano in queste condizioni per pagarsi il viaggio dai paesi di origine in Italia, i pochi guadagni vengono mandati "in patria", ma la maggior parte delle volte lavorano per conto di ditte italiane, magari le stesse che poi sui giornali vendono la retorica del made in italy, dei prodotti di qualità  realizzati nel rispetto dei diritti, quei diritti che gli imprenditori negano negli appalti, nei sub appalti, nella sterminata filiera produttiva.
 
Da qui nasce la retorica che alimenta il made in Italy, retorica che dimentica le condizioni di sfruttamento  di semischiavitù in cui vivono migliaia di lavoratori e lavoratrici che producono per conto delle multinazionali. E questa situazione non si verifica solo nel sud est asiatico e in Africa ma anche in casa nostra, negli slum e nei sobborghi dei paesi a capitalismo avanzato, nelle sedi della manifattura dove pagare due euro all'ora un lavoratore è diventata la regola per assicurare al prodotto una competitività sui mercati
 
La loro competitività è il nostro sfruttamento
 
COBAS LAVORO PRIVATO

martedì 26 novembre 2013

GENOVA PER NOI

Non se l’aspettavano. Governo, Comuni, Regioni, stati maggiori delle aziende del Trasporto Pubblico Locale (TPL), padroni e dirigenze aziendali di ogni settore credevano di averci addomesticati tutti.
E non se l’aspettavano nemmeno i sindacati ufficiali, che da tempo immemore esercitano il mestiere di farci ingoiare i rospi che le aziende gli comandano.

Non se lo aspettavano che gli autoferrotranvieri di Genova dessero vita a 5 giorni di sciopero a oltranza, a cortei con cui si sono presi la città e hanno messo sotto assedio sindaco e giunta comunale, mentre i sindacati ufficiali hanno dovuto fare buon viso a cattiva sorte, arrabattandosi tra la protesta dei lavoratori e la trattativa con Prefetto, Comune e Regione.
Oggetto di tutta la vicenda: la privatizzazione del trasporto pubblico (AMT, ora controllata da capitali pubblici, dopo essere stata già stata privatizzata per alcuni anni al capitale francese), come succede in tutte le aziende del TPL in Italia.
Cosa che comporta: cancellazione degli accordi integrativi, con la rapina di centinaia di euro in busta paga; assalto alle condizioni di lavoro; riduzione delle linee e delle corse; tagli all’occupazione; peggioramento del servizio rivolto ai cittadini.

Chiedete ai tranvieri fiorentini cosa ha significato l’acquisizione di Ataf, decisa dal sindaco Renzi, da parte di Busitalia insieme a Cap e Autoguidovie: disdetta degli integrativi aziendali (con buona pace di qualsiasi clausola di salvaguardia che in questi casi non può funzionare), esuberi e spacchettamento tra le società proprietarie (contro il quale la R.s.u. Ataf ha indetto uno sciopero di 24 ore per il 5 dicembre 2013).

A Genova gli autoferrotranvieri, già tartassati mesi fa con tagli in busta paga, stavolta hanno reagito: hanno iniziato a scioperare il 19 novembre e sono andati avanti negli scioperi fino al 23.
A loro si sono uniti i lavoratori dell’ASTER (manutenzioni stradali) e dell’AMIU (raccolta rifiuti).
Tutti hanno sfidato la legge n. 146 del 1990, una vergogna legislativa che rende lo sciopero un’arma spuntata: una legge che criminalizza i lavoratori quando intendono usare lo sciopero non come un episodio simbolico, ma per affermare davvero i loro diritti.

La cittadinanza di Genova ha capito la portata e il significato degli scioperi, solidarizzando fino in fondo con gli autoferrotranvieri e non lasciandoli soli di fronte alla rappresaglia spietata delle multe.

La lotta di Genova (lo spirito con cui lì si è deciso di non subire i miserabili progetti aziendali e di reagire a muso duro) invia un messaggio sul piano nazionale, non solo nel TPL ma anche in tutti i servizi pubblici e negli stessi luoghi di lavoro del settore privato.

Questo è vero anche dopo il contestato accordo siglato dai soliti sindacati, che prevede:
Lo stop solo per il momento della privatizzazione, ma prevede la concessione in appalto delle linee collinari, facendo quindi rientrare il privato dalla finestra,
una riduzione dei costi di gestione tramite una ristrutturazione del servizio, le cui modalità dovranno essere oggetto di trattative successive e che sicuramente andranno a colpire i lavoratori
Dà via libera alla Gara regionale mettendo così il TPL sul mercato, il che si traduce in tagli al servizio e al costo del lavoro, aumenti del costo del biglietto e rendita per il capitale privato. Un servizio pubblico, un bene comune che diventa strumento per arricchire pochi a discapito di tutti. E se le Ferrovie o altri privati volessero entrare nel TPL ligure, la gara è uno strumento perfetto.

Questo ha provocato critiche pesanti da parte di molti lavoratori che sono intervenuti in assemblea per respingere l’accordo e per chiedere che si votasse su scheda segreta, anziché per alzata di mano.
Ma i sindacati, fedeli alla loro natura arrogante, hanno imposto il voto palese, il quale, mentre per protesta molti lavoratori sono usciti dall’assemblea e non hanno nemmeno votato (così, i votanti sono stati solo 1450 su 2400), ha dato come risultato l’approvazione dell’accordo di stretta misura.

Ma non ci sono dubbi che questa vicenda pone all’ordine del giorno, per il mondo del lavoro sotto padrone, la necessità della lotta dura, se si vuole davvero che siano rispettati bisogni e diritti.
COBAS LAVORO PRIVATO

lunedì 25 novembre 2013

25 novembre 2013, giornata internazionale contro la violenza sulle donne: Una donna uccisa ogni due giorni non è una questione di ordine pubblico, ma una ferita aperta nella società civile.


1476844_10152074910664252_233436409_n Empoli – 25 novembre in piazza contro il femminicidio e la legge 119 Non in mio nome!
La Comunità in Resistenza di Empoli, aderisce alla giornata contro la violenza sulle donne, del 25 novembre. Diamo appuntamento davanti alla stazione di Empoli alle 18:30.


Geloso ha ucciso l’amante”, “Abbandonato ha ucciso l’ex moglie”, “Deluso ha ucciso la compagna”, “Delitto passionale”, “Delitto d’amore”, “Rapporto d’amore morboso”.

Ogni FEMMINICIDIO è etichettato quale raptus, cercando una sorta di giustificazione, a dire che in fondo “era un bravo ragazzo”, senza volere scoprire le cause che lo hanno originato.
Cause che possiamo ritrovare nella cultura nazionalista, sessista, razzista, in cui siamo immerse: che porta a uccidere perché “o mia o di nessuno”.
Nei primi sei mesi del 2013 sono state uccise 81 donne, di cui il 75% nel contesto familiare o affettivo.

Il 15 ottobre il governo ha approvato il decreto legge 119, che tratta anche di violenza sulle donne, ma che è impantanato in una logica emergenziale volta a chetare un clima di “allarme sociale” e a innescare “azioni straordinarie” di prevenzione.

Tutto il decreto si muove nello spazio dello scandalo e dell’eccezionalità muovendosi in direzione contraria rispetto al riconoscimento della quotidianità della violenza e alla necessità di forme di educazione e socializzazione che la riconoscano e la contrastino.
Non è un caso, dunque, che la soluzione proposta si concentri unicamente sul rafforzamento di misure punitive individuali.
Di fatto, la violenza di genere viene trattata come qualunque violenza criminale – in perfetta assonanza con lo stile di cronaca attraverso cui viene comunicata dai media.
La dinamica del raptus omicida si presenta come lo schema fisso in cui le donne sono trattate unicamente come l’oggetto e non come il soggetto della questione. La violenza, infatti, viene considerata come un problema di sicurezza e non di privazione della libertà, non tenendo conto degli ambiti strettamente connessi al femminicidio.

Violenza sulle donne è anche quella economica: la generale diffusione di forme di lavoro “deboli” come quello precario, che non comportano garanzie di diritti e la riduzione dei salari alle donne, mediamente pagate il 30% in meno dei loro colleghi maschi.
La combinazione di questi fattori porta alla dipendenza economica e sul piano pratico costituisce un’arma in più nelle mani di un marito, fidanzato, compagno violento per tenere ancorata a sé la propria vittima (“Ti sbatto fuori di casa!”) e avere un potere ulteriore su di lei.

Violenza sulle donne è anche quando si nega un’ educazione sessuale effettiva, metodi contraccettivi facili e rapidamente disponibili per tutti/e (basti pensare al rifiuto di prescrivere la “pillola del giorno dopo” o all’obiezione di coscienza per i farmacisti), il diritto ad un aborto sicuro.


Violenza sulle donne è anche quella che subiscono le migranti: quelle che si vedono costrette ad esercitare la prostituzione, quelle che subiscono in ambiente domestico e quelle violentate da parte dei poliziotti, nei CIE, autentici lager della democrazia, dove spesso vengono stuprate e picchiate se osano ribellarsi.

Occorrono, e con urgenza, finanziamenti ai centri antiviolenza, iniziative di sensibilizzazione e prevenzione che favoriscano la percezione delle donne non come vittime e soggetti deboli bisognosi di tutele, ma persone da sostenere contro antiche imposizioni patriarcali, in grado di autodeterminarsi e scegliere liberamente il proprio modo di vivere. 

Ci troverete lunedi 25 novembre davanti alla stazione di Empoli alle ore 18:30 per dare un segnale chiaro e ribadire che solo una cultura antirazzista, antifascista e non sessista può produrre un nuovo modo di pensare e vivere le relazioni fra i sessi.
Portiamo TUTT@ qualcosa di ROSSO.
Comunità in Resistenza Empoli

domenica 17 novembre 2013

L’ U R L O. Il 16 novembre un’altra giornata di lotta formidabile !

Dalla Terra dei Fuochi alla Val Susa , passando per Pisa e Parma, una marea umana  in piena si sta impegnando per costruire un’altra Italia , liberata dalla malavita politica e organizzata , dalle opere devastanti e mortali , dalla precarietà dell’esistenza , dall’essere esclusi e trattati al pari dei rifiuti.

Ben oltre 60.000 a Napoli . Un fiume in piena contro il “biocidio” che ha distrutto un intero  ecosistema e per fermare la strage degli innocenti, promossa da industriali e camorristi con il business delle discariche di rifiuti tossici  nella  Terra dei Fuochi. Questi criminali assassini vanno ricercati,stanati, perseguiti, per rendere - dopo il danno -  almeno giustizia al popolo inquinato e ai parenti delle vittime,  tramite bonifiche certe, rapide e gestite con il controllo popolare e  una congrua azione risarcitoria.
Ancora in 30.000 in Val Susa , per ribadire il rifiuto di un’opera inutile-costosa-dannosa, alla vigilia del vertice Italia-Francia con il quale la “ ragion di stato della Tav ad ogni costo” intende sfidare la volontà popolare. Importante la partecipazione  delle numerose delegazioni da ogni dove, tra cui spiccavano i NO Tav francesi, il movimento per il diritto all’abitare, i NO Muos ; soprattutto la delegazione aquilana, composta da cittadini e amministratori locali intesi a rafforzare con azioni concrete il gemellaggio tra questi 2 territori, che hanno espresso la volontà comune di “ lottare per la ricostruzione de L’Aquila  con i soldi destinati alla Tav”.
In tanti a Pisa per sostenere il diritto all’occupazione degli spazi, ad avere una sede pubblica per svolgervi attività socialmente utili, che il Comune e altre istituzioni continuano a negare  e/o a rimanere indifferenti a questa riconosciuta necessità.
Così come a Parma, dove si è bloccato l’avvio del famigerato inceneritore, contestato da gran parte della popolazione e per il quale la Rete Rifiuti Zero e il Forum Acqua hanno contribuito a dare vita a  due manifestazioni nazionali per impedirne l’apertura al gestore Hera.

A questo “ urlo tonante” che si è sentito in tutta Italia, i Cobas vi hanno preso parte con nutrite delegazioni, e si apprestano a farlo il 20 novembre a Roma (h 16, p.za Campo de Fiori, limitrofa all’ambasciata  francese) e negli appuntamenti vitali di questo scorcio di fine anno.
Una mobilitazione continua, sociale e popolare, che sta imprimendo priorità e ritmi molto diversi dalle scontate e stantie agende politico-governative.
Quando avviene che sono i movimenti sociali ad incalzare le istituzioni, si scatena un moto convettivo che contagia ovunque – oltre le città anche le periferie -  è il segnale distintivo che sta per accadere qualcosa di significativo , per cui vale la pena partecipare ed impegnarsi per riappropriarsi dei bisogni-diritti  negati , per imprimere una svolta nel Paese.

domenica 10 novembre 2013

No all'accordo sulla rappresentanza. Guerra preventiva al conflitto


L’accordo sulla rappresentanza sindacale, firmato lo scorso 31 maggio da Confindustria e CGIL-CISL-UIL, è stato definito un accordo “storico”, una “svolta”, un “avvenimento di prima grandezza per il Paese”. Può essere l’inizio di “una nuova era”, si è affrettato a dire Bonanni, segretario generale della CISL, facendo eco alla “stagione nuova” auspicata dalla pari grado della CGIL.
Ma perché tutta quest’enfasi? La solita retorica ed i soliti titoli ad effetto dei quotidiani, oppure c’è qualcosa di più? Vai mai a vedere che ci dobbiamo accodare al “Bravi, bravi, davvero bravi” del presidente del Consiglio, Enrico Letta?


Cerchiamo innanzitutto di capire perché a questo protocollo venga accordata tutta quest’importanza. Confindustria non le manda certo a dire; per bocca del suo vicepresidente per le relazioni industriali, Stefano Dolcetta, si esprime con chiarezza cristallina: “l’obiettivo a cui tendere è la prevenzione del conflitto”.

Esclusione dalla rappresentanza e stretta corporativa

“Prevenire è meglio che curare” per cui il primo obiettivo a cui tendere è l'esclusione dalla rappresentanza e dai diritti sindacali ad essa connessi di quei soggetti che potrebbero farne un uso indesiderato. Parliamo in primo luogo dei sindacati di base: l'accordo prevede infatti l'esclusione a priori di qualsiasi soggetto non firmatario dell'accordo dalla contrattazione nazionale oltre che un meccanismo di calcolo della rappresentatività che penalizza chi, come i sindacati conflittuali, non è firmatario di contratto nazionale.

La nuova disciplina sulle RSU concede inoltre la possibilità di indire nuove elezioni per il rinnovo delle rappresentanze unitarie alle sole organizzazioni firmatarie dell'accordo, e solo congiuntamente. Il monopolio di iniziativa elettorale, in mano ovviamente alle sole CGIL-CISL-UIL, non ha un mero valore procedurale: non sono pochi i luoghi di lavoro in cui rimangono in carica RSU già “scadute”, che una nuova elezione da parte dei lavoratori rimetterebbe seriamente in discussione.

Questo non vuol dire solo che la libertà sindacale sarà esercitabile esclusivamente entro le mura del sindacalismo confederale. La nuova disciplina delle RSU infatti prevede la decadenza dalla carica di delegato di chi, una volta eletto, dovesse per qualsiasi motivo cambiare organizzazione di appartenenza e l'assegnazione delle funzioni al primo dei non eletti della stessa lista sindacale. Cancellate con un colpo di spugna la libertà individuale e il diritto al dissenso, le nuove RSU sarebbero rappresentanti non dei lavoratori bensì dei sindacati, e saranno pronte ad impegnarsi a giurare fedeltà alla propria organizzazione di provenienza.

Giura che non scioperi. Lo giuro!

Con l'allontanamento dalla rappresentanza dei delegati conflittuali si da il colpo di grazia allo spirito partecipativo che aveva caratterizzato le lotte del 1969: i Consigli di Fabbrica, eletti da tutti i lavoratori e formalmente indipendenti dalle organizzazioni sindacali “maggiormente rappresentative” hanno lentamente lasciato il passo a rappresentanze de iure o de facto legate alle organizzazioni confederali ed espressione inequivocabile della linea sindacale e politica scelta da queste organizzazioni.

Inesorabilmente - tanto grazie ai padroni quanto grazie al sindacalismo “maggiormente rappresentativo” - sono stati distrutti quegli istituti di democrazia diretta che consentivano l'organizzazione dei lavoratori in azienda, e che rivendichiamo ancora come figli della storia del movimento operaio, della nostra storia: il delegato, sempre revocabile e referente di un “gruppo omogeneo” di lavoratori, le elezioni su scheda bianca, e quindi la possibilità per tutti di essere votanti ed al contempo eleggibili, la partecipazione dei lavoratori alle trattative e l'assemblea come momento importante di decisione, la continuazione degli scioperi e della discussione anche durante le trattative, comportamento simbolo dell'autonomia della nostra classe, che purtroppo stenta a riaffiorare.

Oggi, con questo accordo, si vuole imporre una mission politica: migliorare il grado di attrattività dell'Italia in modo da catalizzare investimenti. Non basta dunque escludere dalla rappresentanza gli indesiderati, bisogna circoscrivere in un ambito rassicurante le possibilità stesse della contrattazione, non a caso il protocollo del 31 maggio dà ampio rilievo alla “esigibilità” dell’accordo; i firmatari, cioè, “si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi […] sottoscritti formalmente dalle Organizzazioni sindacali (OO. SS.) che rappresentino almeno il 50% + 1 della rappresentanza”. Insieme all'accordo del 28 giugno 2011, che consente di derogare in peggio al CCNL di categoria in sede di contrattazione aziendale, questa nuova intesa obbliga all'accettazione passiva di qualsiasi peggioramento contrattuale siglato dall'azienda e da benevoli funzionari sindacali. Come ogni divieto, quello che esclude qualsiasi iniziativa di contrasto (e non solo lo sciopero) agli gli accordi, ha le sue specifiche sanzioni e punizioni, che verranno previste al momento della stipula dei nuovi contratti nazionali.

Una battaglia politica

Una linea è stata tracciata, quella tra chi è costretto sulla carta a firmare per licenziamenti, riduzioni salariali, straordinari obbligatori e chi resta fuori dalla rappresentanza. A CISL e UIL si aggiungono dunque, nella ritrovata unità sindacale, la CGIL della Camusso e la FIOM di Landini, più attenti a salvaguardare gli interessi di “parrocchia” che quelli dei lavoratori; la sfilata del 12 ottobre in difesa della democrazia, fortemente voluta dal segretario della FIOM, resta pura retorica se vista da dentro i luoghi di lavoro.

Nella battaglia per l'agibilità sindacale ed il conflitto di classe, ci rivolgiamo non solo ai lavoratori ed ai sindacalisti iscritti militanti o simpatizzanti del sindacalismo di base, ma a tutti coloro, lavoratori o delegati iscritti a CGIL-CISL-UIL, che già oggi rischiano di dover lottare contro licenziamenti e peggioramenti contrattuali con le armi spuntate.

domenica 20 ottobre 2013

Tutti sul carro del 18 e 19 Ottobre?

 Roma è stata attraversata da due manifestazioni che hanno portato in piazza quasi 100 mila persone (reali) tra lavoratori\trici dei sindacati di base e movimenti , primi tra tutti quelli per il diritto all'abitare che attraverso le occupazioni stanno aggregando migliaia di proletari (chiamiamoli con il loro nome una volta tanto) autoctoni e migranti.
Era uno sciopero difficile, indetto in estate quando la legge di stabilità non aveva ancora preso corpo e il Governo si presentava come lo stabilizzatore dei precari pubblici, salvo poi gettare la maschera , partire con la seconda fase della spending review, reiterare il blocco dei contratti\salari.
Non era uno sciopero facile perchè le leggi che regolano il diritto di sciopero sono state costruite ad arte per ridurne l'impatto e la stessa utilità (a creare scetticismo e disillusione ci hanno pensato i media), non era scontato portare in piazza decine di migliaia di persone anche perchè in molti hanno provato a deviare la attenzione generale dal conflitto nei luoghi di lavoro e nelle realtà sociali per approdare sui lidi rassicuranti e imbonitori dei costituzionalisti, dei detrattori (spesso a parole) dei conflitti di interessi, dei fautori della magistratura.
Non siamo caduti in sterili dogmatismi ma va detto chequesto sciopero è stato avversato da molti, anche dai partiti tradizionali della sinistra del tutto assenti dalla manifestazioni sindacali, eccezion fatta per qualche gruppo "minoritario" ma sicuramente lungimirante. E non ci soffermiamo ai partiti tradizionali ma anche all'associazionismo e a quelle realtà che si mobilitano solo in presenza della Fiom (assente dalle piazze romane) o a chi ha aderito moralmente allo sciopero del 18 il giorno stesso quando avrebbe potuto e dovuto contribuire alla riuscita dello stesso da settimane.
Alcune aree sociali hanno puntato tutto sul 19 Ottobre come se il 18, e lo sciopero, non esistessero, palesando sufficienza e anche un po' di ipocrisia visto che il sindacato di base (usb e cobas al 99%) ha lanciato i due appuntamenti dando loro uguale dignità e rilevanza, senza la pretesa di rappresentare tutti e tutto, conscio che la moltiplicazione dei soggetti conflittuali meriti pari dignità e considerazione anche a partire dalla gestione delle piazze)
Nei prossimi giorni ragioneremo a mente fredda ma quello che colpisce è la bassa adesione da parte del pubblico impiego che viene per altro colpito con estrema durezza dalla manovra finanziaria, bassa se pensiamo alle migliaia di posti di lavoro che saranno cancellati nei prossimi anni, alla continua perdita salariale, ai precari che saranno cacciati via, ai servizi pubblici praticamente al collasso.
Ci colpisce anche la sottovalutazione dello sciopero da parte di numerosi delegati sindacali dai quali non è pervenuta alcuna critica costruttiva ma solo silenzio un impegno  senza dubbio insufficiente. Se nei luoghi di lavoro c'è difficoltà  a costruire lo sciopero , non  sarà necessario rimettere in discussione il nostro stesso agire sindacale? Ci siamo accontentati della presenza nelle Rsu dimenticando che queste sono uno strumento e non il fine dell'azione sindacale? E ai lavoratori e alle lavoratrici quale messaggio lanciamo?
L'autunno è iniziato, sta a noi renderlo caldo su tutti i fronti dimostrando egemonia (nel senso gramsciano del termine) e capacità di dare risposte ai tanti quesiti provenienti dalla sfera sociale, sindacale.
In ogni città andremo a verificare la capacità di costruire opposizione (culturale, sociale, sindacale e politica perchè ogni ambito non sia sottovalutato o messo in secondo piano) non sulle parole,  non sugli attestati di solidarietà vuoti e inconcludenti di quanti la politica la fanno ormai sulle pagine di Fb o dalla tastiera di un pc.
Non avere sostenuto il 18 e il 19 Ottobre è stato un errore di chi, anche senza volerlo, ha dimenticato che il conflitto parte dalle contraddizioni reali, dalla assenza di lavoro, di casa, di reddito. Allora ripartiamo per costruire nuovi appuntamenti città per città, quartiere per quartiere, tutti\e con pari dignità senza celare critiche e riflessioni ma con un unico intento, ossia costruire percorsi conflittuali che materializzino i diritti all'abitare , alla città, al lavoro, al reddito, ad un ambiente sano e non contaminato dove vivere con dignità

domenica 13 ottobre 2013

DOMENICA 13 OTTOBRE LA 63 SIMA GIORNATA PER LE VITTIME DEGLI INCIDENTI SUL LAVORO. UNA GIORNATA SOTTO SILENZIO

Se analizziamo il numero delle giornate lavorate e della forza lavoro realmente attiva, infortuni e morti sul lavoro sono in costante aumento e dovrebbero indurre a riflettere sulla arretratezza del modello produttivo italiano
SEgnaliamo poi l'
ULTERIORE CRESCITA DEGLI INFORTUNI MORTALI IN AGRICOLTURA: SFIORANO IL 49 PER CENTO DEL TOTALE.
Domenica 13 ottobre ricorre la 63sima Giornata Nazionale per le Vittime del Lavoro , sul sito www.vegaengineering.com vengono annotati più di 350 decessi con un aumento delle donne e attenzione che infortuni e morti si verificano in ogni regione del paese.
leggiamo dal sito sopra menzionato
Gli stranieri deceduti sul lavoro da gennaio a settembre sono 36, pari al 10,1 per cento del totale delle vittime in Italia. La maggior parte di nazionalità rumena. A pagare il prezzo più alto sono gli ultrasessantacinquenni (103 morti). Sempre gli‘over 65’ quelli a maggior rischio di mortalità considerando la popolazione lavorativa con un tasso di mortalità pari a 274, elevatissimo rispetto a tutte le altre fasce di età che va da 7,4 dei trentenni al 27 dei cinquantenni-sessantenni.
La sicurezza non è un optional, questo slogan di 10 anni fa è oggi più che mai valido perchè le condizioni lavorative sono in continuo peggioramento anche a causa della crisi che porta sempre più lavoratori\trici ad accettare occupazioni precarie per pochi euro

Anni spesi non per alimentare la cultura e la pratica della sicurezza ma per svuotare le normative , per renderele innocue con il beneplacito dell'intero arco parlamentare, per depotenziare le sanzioni e il sistema di controlli dei cantieri.
Visto che questa giornata non potrà essere di lotta, lo sia almeno di riflessione e di denuncia ricordando che la sicurezza sul lavoro è anche uno dei temi sui quali si sviluppa lo sciopero generale del 18 ottobre con manifestazione a Roma
SPORTELLO SICUREZZA SUL LAVORO CONFEDERAZIONE COBAS

lunedì 7 ottobre 2013

Contro il governo PD-PdL dell’austerità 18 OTTOBRE SCIOPERO GENERALE di tutto il lavoro dipendente pubblico e privato MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA

18 OTTOBRE SCIOPERO GENERALE di tutto il lavoro dipendente pubblico e privato
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA- da P. della Repubblica (ore 10) a P. S. Giovanni e accampata in piazza.
 Info Empoli-Valdelsa 3400727768.
Dopo l’ennesimo teatrino della casta politicante - sempre esperta di virtuali risse pubbliche e concreti accordi privati per la gestione e il saccheggio bipartisan della ricchezza collettiva - il governo Letta ha avuto il via libera per proseguire la disastrosa politica sociale ed economica che, gestita prima da Berlusconi e poi da Monti, ha reso ancor più grave la crisi in Italia: esattamente come è successo negli ultimi sei anni anche in tutti quegli altri paesi del Sud Europa che sono stati costretti dal capitalismo privato e di Stato tedesco e nordeuropeo, egemone nel continente, dalle sue strutture di servizio (Commissione Europea, BCE, trojka) e dai propri governi succubi (a partire dal nostro), ad una recessione drammatica e senza precedenti.
Al di là dei conflitti tra i gruppi politicanti in competizione, PD e PdL rappresentano oggi, congiuntamente, una sorta di partito unico dell’austerità, che continua ad infierire in una sola direzione, quella dei salariati, dei disoccupati, dei precari, dei pensionati poveri, dei servizi pubblici e dei beni comuni, tagliando spietatamente reddito e pensioni, aumentando la disoccupazione e la precarietà, riducendo vistosamente gli investimenti nella scuola e nella sanità pubbliche, gettando in strada gli occupanti di case o chi la casa ce l’aveva ma non riesce più a pagarla, massacrando diritti sociali e sindacali, consegnati questi ultimi alla oligarchia dei sindacati di Stato.
E la Legge di (In)stabilità in arrivo continuerà a colpire nelle stesse direzioni, peggiorerà la recessione, aumenterà ancora il debito pubblico e la povertà, impedendo ogni uscita positiva dalla crisi. Dalla quale si esce invece solo grazie ad una completa inversione di rotta, con massicci investimenti pubblici, redistribuzione di reddito ai salariati, disoccupati, precari e pensionati poveri, stabilità lavorativa, servizi sociali e beni comuni potenziati e tolti dalle mani della privatizzazione e della mercificazione: mutamento di rotta però che non ci possiamo certo attendere dai governi dell’austerità ma che solo una potente e vasta rivolta sociale può imporre. Confermiamo dunque, insieme ad altri sindacati conflittuali, per il 18 ottobre lo sciopero generale di tutto il lavoro dipendente pubblico e privato, contro le politiche di austerità, precarietà, povertà, privatizzazioni e disoccupazione, contro il governo PD-PdL che le impone.
Manifesteremo a Roma con un corteo da P.della Repubblica (ore 10) a P. S. Giovanni.
Dal pomeriggio, “accampata” in P. S. Giovanni, con tende e gazebo, interventi dal palco e speech corner per dibattiti su vari temi, e in serata concerto con gruppi musicali e incursioni artistiche.
Invitiamo tutti/e a partecipare anche alla manifestazione nazionale a Roma del giorno successivo (19 ottobre, ore 14, corteo da P. S. Giovanni a Porta Pia) indetta dai Movimenti per l’Abitare.

venerdì 4 ottobre 2013

BASTA POLTICHE LIBERTICIDE ACCOGLIENZA E RISPETTO DEI MIGRANTI !

Di fronte all’ennesima strage di migranti al largo di Lampedusa – che si va ad aggiungere alle oltre 6200 vittime che dal 1994 a oggi hanno fatto diventare il Mediterraneo”la bara della civiltà”-la Confederazione Cobas rifugge dall’ipocrisia dei palazzi del potere e delle istituzioni, che mentre dichiarano il lutto nazionale, continuano nelle politiche di esclusione e repressione dei migranti.
Dalla Bossi-Fini, al Trattato di Shengen,alla Convenzione di Dublino, leggi,direttive e regolamenti UE sono tutti improntati a risolvere le sempre più frequenti ondate migratorie -dei profughi e degli asilanti - attraverso odiosi strumenti punitivi di respingimento e sopruso.
La legge italiana che vieta ai pescherecci di soccorrere i naufraghi , nel suo genere è la più infame di tutte, nega la più antica delle tradizioni marinare sul soccorso,punisce fino al sequestro del peschereccio, i tanti pescatori che continuano a corrispondere ai principi umanitari.
Le responsabilità storiche del colonialismo europeo sono arcinote; così come quelle più recenti della UE con gli interventi militari”umanitari” in Somalia e Libia, sempre con l’Italia in testa nel fornire truppe e basi per l’aggressione. Il passato e il presente avrebbero dovuto far cogliere alla UE l’occasione per una azione risarcitoria nei confronti dei migranti, che chiedono accoglienza fuggendo da guerre,persecuzioni,schiavitù e fame.
Niente di tutto ciò, si continua a procurare e ad essere complici delle stragi !
E’ del 3 ottobre 2013 il Rapporto in cui cinicamente il Consiglio Europeo , senza farsi carico di considerare il suolo italiano -in particolare l’isola di Lampedusa- territorio a tutti gli effetti europeo, si permette di scaricare sull’Italia l’onere “ dell’accoglienza ai richiedenti asilo-rifugio politico, dell’espulsione di chi non ha bisogno di protezione,dell’evitare che i clandestini proseguano il viaggio verso altri Stati Europei”.
Insomma, alla Fortezza Europa, interessa solo la forza lavoro migrante a basso costo e quando se ne ha bisogno: di accoglienza garantita e ripartita non se ne vuole sapere, mentre la funzione repressiva è delegata ai paesi di sbarco “ al fine di tutelare la tranquillità degli altri paesi europei “!
Questa Europa delle banche e della finanza, dell’austerità e della precarietà , dei CIE e dell’esclusione dei migranti, che piace tanto al governo Letta e ai partiti che lo appoggiano, ci vedrà sempre ostili e conflittuali, oltremodo nel contrastare le liberticide politiche sull’immigrazione,di cui l’Italia porta il triste primato per avere introdotto il reato di clandestinità.
Unanime cordoglio della Confederazione Cobas  alle famiglie delle vittime e ai superstiti, alle Comunità dei migranti e all’intero popolo migrante : l’impegno della Confederazione Cobas ad abrogare la Bossi-Fini e le infami leggi razziste, a chiudere i CIE, a rivedere subito il Tratto di Shenghen e la Convenzione di Dublino, a contribuire all’accoglienza dei migranti con ogni mezzo .

MARCHIONNE HA PAURA E CHIAMA LA PROCURA !

Vi abbiamo raccontato dell’intensa giornata di lotta, che ha visto protagonisti i cassintegrati della Fiat e i precari-disoccupati campani nella giornata di venerdì 27/9- dai cancelli della Fiat-Pomigliano alle strade di Napoli - che già il 1°ottobre il sistema repressivo fa scattare la sua ritorsione: al compagno dei Cobas Marco Cusano, cassintegrato Fiat, viene recapitata una comunicazione giudiziaria per il presidio del 15/6/13” contro i sabati lavorativi”, indetto con sciopero dai Cobas e altre sigle sindacali.
In particolare i “reati” per Marco sono: 1) la solita “ resistenza”,che scatta quando si oppone il diritto all’arbitrio delle forze dell’ordine ; 2) le solite “lesioni” , il giochetto messo in atto dai violenti questurini quando c’è un ferito grave tra i manifestanti, facendosi refertare a loro volta da medici: Marco venne picchiato brutalmente, ferito e svenuto, tanto da essere soccorso con l’autoambulanza e portato in ospedale.
Purtroppo non sarà l’ultimo episodio repressivo, vista la situazione in fabbrica dove Marchionne continua ad escludere il rientro dei 2300 cassintegrati e a far lavorare di sabato e festivi.
Intanto il 10 ottobre c/o il Tribunale del Lavoro di Nola si terrà l’ennesima udienza  per la riassunzione del compagno Mimmo Mignano ,licenziato provocatoriamente dalla Fiat nel 2009.
Non è una novità per la Fiat. Dal fondatore Giovanni Agnelli, passando per Valletta e Romiti ,fino a Marchionne – dal fascismo alla repubblica democratica a oggi – la Fiat ha sempre goduto di proventi statali, sia economici, che normativi , che a supporto repressivo. Schedature,reparti confino,licenziamenti, sono stati abusati a dismisura, nonostante le clamorose inchieste della magistratura e le condanne penali.
L’attuale Fiat sotto Marchionne continua ad agire fuorilegge, adeguandosi malvolentieri alla legalità che gli ha imposto di riassumere i 3 operai licenziati a Melfi e il reintegro della Fiom a Pomigliano.
Ma sempre regime di caserma rimane, pronto a scattare nei confronti di ogni dissenso ! Soprattutto inteso ad escludere qualsiasi rappresentanza ai Cobas ed altri sindacati di base,gli unici che continuano a denunciare senza alcun compromesso la mancanza di diritti in fabbrica e le fanfaronate di Marchionne sul proseguimento della produzione in tutti gli stabilimenti Fiat.
Che occorra una “legge democratica sulla rappresentanza”oggi lo riconoscono tutti a parole. Nei fatti Cgil-Cisl-Uil la negano,vedi l’accordo interconfederale firmato il 31/5/13 con la Confindustria , che esclude i Cobas dal partecipare alle elezioni RSU , a meno che non sottoscrivano la nefandezza dei contratti capestro e il divieto di sciopero.
Né è democrazia quella della Fiom, che si pone solo la questione della sua esclusiva rappresentanza, fregandosene della libertà-agibilità sindacale di tutte le sigle sindacali presenti in fabbrica.
I Cobas , anche nelle attuali avverse condizioni, stanno operando per mantenere aperto il conflitto, a livello contrattuale , sui diritti inalienabili, sulla dignità dei lavoratori..
I nostri compagni del Cobas Fiat-Pomigliano lo stanno facendo anche a fronte di enormi sacrifici, di minacce,ritorsioni e repressione : meritano tutta la solidarietà dei lavoratori e delle realtà resistenti.
A Marco Cusano e Mimmo Mignano la vicinanza e l’impegno della Confederazione Cobas nel difenderli da tutti i soprusi e per riportarli in fabbrica, al loro posto di lavoro e di lotta.
Roma 04.10.201313
Cobas Lavoro Privato

giovedì 3 ottobre 2013

Appello per l’apertura di un canale umanitario per il diritto d’asilo europeo

Ai Ministri della Repubblica, ai presidenti delle Camere, alle istituzioni europee, alle organizzazioni internazionali

A cadenza ormai quotidiana la cronaca racconta la tragedia che continua a consumarsi nel mezzo del confine blu: il Mar Mediterraneo.
Proprio in queste ore arriva la notizia di centinaia di cadaveri raccolti in mare, ragazzi, donne e bambini rovesciati in acqua dopo l’incendio scoppiato a bordo di un barcone diretto verso l’Europa.
Si tratta di richiedenti asilo, donne e uomini in fuga da guerra e persecuzioni, così come gli altri inghiottiti da mare nel corso di questi decenni: oltre 20.000.
Lo spettacolo della frontiera Sud ci ha abituato a guardare l’incessante susseguirsi di queste tragedie con gli occhi di chi, impotente, può solo sperare che ogni naufragio sia l’ultimo. Come se non vi fosse altro modo di guardare a chi fugge dalla guerra che con gli occhi di chi attende l’approdo di una barca, a volte per soccorrerla, altre per respingerla, altre ancora per recuperarne il relitto.
Per questo le lacrime e le parole dell’Europa che piange i morti del confine faticano a non suonare come retoriche.
Perché l’Europa capace di proiettare la sua sovranità fin all’interno del continente africano per esternalizzare le frontiere, finanziare centri di detenzione, pattugliare e respingere, ha invece il dovere, a fronte di questa continua richiesta di aiuto, di far si che chi fugge dalla morte per raggiungere l’Europa, non trovi la morte nel suo cammino
Si tratta invece oggi di "esternalizzare" i diritti. Di aprire, a livello europeo, un canale umanitario affinché chi fugge dalla guerra possa chiedere asilo direttamente alle istituzioni europee in Libia, in Egitto, in Siria o lì dove è necessario (presso i consolati o altri uffici) senza doversi imbarcare alimentando il traffico di essere umani e il bollettino dei naufragi.
Nessun appalto dei diritti, nessuna sollevazione di responsabilità ai governi europei., piuttosto la necessità che l’Europa si faccia veramente carico di evitare queste morti costruendo una presenza diretta e non terza che, fin dall’interno dei confini africani, possa raccogliere le richieste di chi chiede protezione per poi accogliere sul suolo europeo chi fugge ed esaminare qui la sua domanda.
Alle Istituzioni italiane, ai Presidenti delle Camere, ai Ministri della Repubblica, chiediamo di farsi immediatamente carico di questa richiesta.
Alle Istituzioni europee di mettersi immediatamente al lavoro per rendere operativo un canale umanitario verso l’Europa.
Alle Associazioni tutte, alle organizzazioni umanitarie, ai collettivi ed ai comitati, rivolgiamo l’invito di mobilitarsi in queste prossime ore ed in futuro per affermare
IL DIRITTO D’ASILO EUROPEO

sabato 28 settembre 2013

Il parolaio Landini parla di sciopero generale dimenticando che lo sciopero c'è proprio il 18 Ottobre

  Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini , dopo avere sottoscritto l'accordo del 31 Maggio 2013 (quello che sancisce la fine della democrazia nei luoghi di lavoro e rafforza il sistema di deroghe ai contratti nazionali), dopo avere sostenuto la linea Camusso per mesi, oggi si erge a promoter della manifestazione del 12 Ottobre "contro il marchionnismo". Peccato che l'accordo voluto anche da Landini sia in linea con quel Marchionnismo che a parole dice di volere abbattere, perchè se quell'accordo fosse stato vigente due anni fa la Fiom non avrebbe avuto diritto di sciopero\parola
Oggi Landini dimentica che uno sciopero generale lo hanno indetto, da mesi, i sindacati di base per il 18 Ottobre e dal suo cilindro Vendoliano tira fuori l'ennesima proposta a Fim Cisl e Uilm  per indire uno sciopero generale di tutti i lavoratori metalmeccanici per non lasciare solo nessuno, per difendere il lavoro, per avere una politica industriale degna di questo nome". Sempre Landini afferma: Oggi e' il momento di difendere il lavoro'' e, per questo, ''avanzo una proposta a Fim e Uilm. Dobbiamo chiedere loro un incontro e andare verso uno sciopero generale dei metalmeccanici''.
Ovviamente la proposta è stata rispedita  sdegnosamente al mittente da Cisl e Uil per le quali la politica industriale è totale subalternità ai poteri economici e finanziari come del resto la vicenda Ilva insegna.
Colpisce l'assenza di memoria di Landini che invoca una politica industriale quando per 25 anni siamo andati avanti a colpi di deindustrializzazione, quando la Confindustria ha incassato solo accordi favorevoli per gli industriali e penalizzanti per gli operai, quando i vari Governi succedutisi hanno fatto a gara per asservire questa o quella cordata senza comprendere che avere avallato le privatizzazioni è stato l'errore più grande del sindacato. 25 anni nei quali non c'è stato uno sciopero della Cgil contro le privatizzazioni!!
Ma come se niente fosse, si continua a perseverare in questi errori e si fa finta che una parte  pur minoritaria del mondo del lavoro, il sindacalismo di base, non esista, non esista insomma chi sciopera e si oppone alla svendita di salario, diritti e potere di acquisto e chi non esiste è privato conseguentemente del diritto di parola.
Un bell'esempio di retorica il segretario della Fiom , un esempio di grande incoerenza anche se quotidiani come Il Manifesto (che vive anche sulla pubblicità della Cgil) non perde occasione per maginficare le sorti della Fiom e del protettore politico del suo segretario, quel Nichi Vendola che  ben poco ha fatto per difendere lavoratori e cittadini tarantini dalla prepotenza dei Riva

lunedì 2 settembre 2013

Inceneritori: nè qui, nè altrove. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, l' azienda chiede CGIL risponde.

Comunicato stampa del 2 settembre 2013
Le dichiarazioni del presidente della camera del lavoro di Empoli Rossano Rossi sono un fulmine a ciel sereno in questo scorcio di fine estate. Non ci sorprende che la CGIL metta ancora una volta come prioritario il lavoro ad ogni costo: l'ha fatto chiedendo il rispetto della commessa per la costruzione degli F35, si dichiara favorevole alla TAV, non è mai stata contraria a sistemi di lavorazione inquinanti come quello dell' ILVA di Taranto o agli impianti di incenerimento. Si, perché si chiamano così: il termovalorizzatore non è altro che un inceneritore di nuova generazione.
Mentre altrove si sperimentano soluzioni in grado di coniugare salute e occupazione: il riuso a Goteborg, gli impianti a freddo, la riconversione degli impianti (Versilia), la “Fabbrica dei Materiali” di Reggio Emilia.... nel nostro territorio si torna a pratiche obsolete, dannose e in controtendenza rispetto a scelte come il porta a porta, che ha consentito di raggiungere percentuali di riciclaggio superiori al 90%. In un contesto del genere la piena funzionalità di un impianto di incenerimento si raggiungerebbe solo con una importazione continua di rifiuti.
Ci sorprende che il segretario della CGIL non si sia accorto della enorme ricaduta dal punto di vista occupazionale che tale scelta ha comportato. Il sindacato invece di fare simili sparate, sterili vista l' immediata presa di posizione del delegato all' ambiente per l' unione, farebbe bene a dedicarsi con più attenzione a chi il servizio lo sta svolgendo. Ci risulta ad esempio che una parte del servizio venga appaltato, a quali condizioni? Che tipo di contratti vengono applicati e perché non si sollecita Publiambiente a reinternalizzare lavoro e lavoratori?
La salute non si baratta con il lavoro, no a sistemi di lavorazione dannosi
per l' uomo e l' ambiente.
Cobas Empoli-valdelsa aderente alla Confederazione Cobas del lavoro privato

Dichiarazioni di R. Rossi:
«Ci sono aziende sul territorio, come quelle del settore della
gommaplastica, che sono 'energivore': ci sarebbe bisogno di un impianto di
produzione di energia che può essere un termovalorizzatore ma ci sono anche
tante altre soluzioni. Ovviamente nel rispetto dell'ambiente. So di
sollevare le critiche di tanti, ma bisogna iniziare a parlarne. Le aziende
risparmierebbero e potrebbero investire in occupazione».


REPLICA A ROSSI DEL DELEGATO ALL'AMBIENTE DELL'UNIONE «L'inceneritore qui
non si farà» Tempesti 'boccia' la Cgil Il sindaco di Cerreto sulla
proposta-termovalorizzatore «I PIANI dell'Ato dei rifiuti adottati di
recente non prevedono nessun termovalorizzatore nell'Empolese Valdelsa per i
prossimi anni». Carlo Tempesti, sindaco di Cerreto Guidi e delegato
all'ambiente per l'Unione dei comuni, sgombra il campo dopo la proposta
lanciata da Rossano Rossi, segretario della Camera del lavoro di Empoli.

domenica 25 agosto 2013

Lucca-aggressione fascista

I fascisti sono fuorilegge, ma la polizia li protegge!
Aggressione neofascista a Lucca, Polizia complice.

Nella notte di ieri 25 agosto, durante la celebrazione della notte bianca, l’ennesima aggressione fascista si consuma a Lucca. Tutto comincia quando una squadra di fascisti si presenta al pub solitamente frequentato dai compagni lucchesi, l’aggressione è breve ma violenta, e presenta le solite modalità viscide e squadriste di sempre. Uno sguardo storto e subito pugni, calci e bottigliate contro chiunque si trovasse nel locale; poi la fuga. Un compagno rimane gravemente ferito da una bottiglia rotta in viso che gli provoca un netto squarcio richiuso al pronto soccorso da 15 punti di sutura.
I presenti nel locale, irritati dalla vigliaccheria dell’azione, iniziano allora a vagare per la città in cerca dei colpevoli, per chiedere spiegazione di ciò che era appena accaduto. Nel momento dell’incontro la polizia, già presente nella piazza, ferma i compagni mentre alle spalle i fascisti ripartono con insulti, sputi e provocazioni. Spiegata l’aggressione subita alle forze dell’ordine è stato chiesto loro di identificare i colpevoli che si trovavano a pochi metri da noi. La polizia in tutta risposta ha indossato caschi e manganelli e ha iniziato a spintonare via la sessantina di compagni radunati. Nessun fascista viene fermato, anche dopo le molteplici richieste. Non contenti, dopo questi eventi, due macchinate di squadristi aspettano sotto le rispettive abitazioni due diversi compagni impugnando cinghie e bastoni. Entrambi riescono fortunatamente a fuggire ma uno dei due, di ritorno in auto, riesce a darsi alla fuga solo a piedi, lasciando l’auto incustodita quindi vandalizzata dalla squadraccia e finisce al pronto soccorso per una crisi respiratoria, fortunatamente guarita dopo poche ore.
Stanchi di vivere nella città dove episodi del genere sono all’ordine del giorno, abbiamo davanti agli occhi l’ennesima prova di come le forze dell’ordine non facciano nulla per evitare che accadano episodi simili: anche ieri sera, mentre decine di sbirri con casco e manganello spintonavano via noi compagni del ragazzo aggredito, i fascisti preparavano altri infami agguati sotto le nostre case.
Altri due pestaggi sono stati evitati solo per pura fortuna.
Consapevoli del potere di cui questi sono servi continuiamo a resistere.
Antifascisti Lucchesi.

giovedì 1 agosto 2013

Lettera aperta alla Presidente della Camera Laura Boldrini e alla Ministra per l’Integrazione Cecile Kyenge




Alla Presidente della Camera
Laura Boldrini
Alla Ministra per l’Integrazione
Cecile Kyenge

Ci rivolgiamo a voi come donne delle istituzioni che hanno mostrato attenzione ai temi della discriminazione, della violenza e del sessismo, e sensibilità alle questioni della giustizia.
Marta Camposana è una giovane che ha accolto l’invito del Movimento No-Tav  in Val di Susa, e il 19 luglio scorso ha dato voce alla sua protesta. Dal suo racconto apprendiamo che ha subito cariche indiscriminate e violente operate dalla Polizia contro i/le manifestanti, di notte e in mezzo ai boschi; ha respirato lacrimogeni caricati con gas venefici; è stata fermata e picchiata violentemente; e mentre due poliziotti la stavano già portando via un terzo le ha tirato una manganellata in viso rompendole il labbro (6 punti esterni e 2 interni). Inoltre gli agenti le hanno palpeggiato il seno e l’hanno toccata in mezzo alle gambe. L’hanno insultata e le hanno sputato addosso.  “Ho avuto paura di essere stuprata – ci ha dichiarato Marta al telefono - perché gli agenti erano tanti e intorno non vedevo altre persone che potessero sentirmi”. Questo non è avvenuto, ma la paura le è rimasta addosso.  Più tardi, mentre il labbro le sanguinava, l’incontro con le poliziotte – che inizialmente le ha fatto pensare di essere al sicuro – invece è stato umiliante: una ha sputato nella sua direzione e le ha detto:  “sei una puttana lo sai vero che sei una puttana, ora con quella bocca lì non la fai più la puttana.” Frasi da maschi violenti pronunciate da donne che accettano di giocare con il  potere dato loro dalla divisa, riproducendo linguaggi da caserma e regole non scritte di dominazione, che sono illegali e illegittime ma profondamente radicate in una cultura machista della forza e della prepotenza, che non ha visto finora tentativi istituzionali mirati allo sradicamento.
Tali comportamenti sono contro le leggi che tutelano i diritti inviolabili dei cittadini e delle cittadine che sono in custodia del Pubblico Ufficiale che le ferma per identificazione o per arresto. Anche nella caserma di Bolzaneto, a Genova, furono, in particolare, picchiate, offese e umiliate le ragazze fermate e lì condotte per essere identificate e poi arrestate. Sono stati condannati  i dirigenti che nell’operazione di Polizia consentirono le violenze, anche se i gradi superiori furono, invece, promossi.  Purtroppo in Italia non è stato ancora introdotto il reato di “tortura” nonostante sia imposto da legislazione internazionale; e gli agenti di Polizia che operano in Ordine Pubblico a volte violano disposizioni internazionali, come la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti, resa esecutiva in Italia dalla Legge n. 848,  del 4/08/ 1955 o la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, esecutiva in Italia con Legge n.489 del 3/11/1988 che proibiscono la tortura e anche i trattamenti  inumani e degradanti, come quelli che ha subito Marta. Quante volte abbiamo sentito racconti simili da giovani attiviste, studentesse che hanno partecipato a manifestazioni: dopo le botte i palpeggiamenti – il binomio sesso e violenza è lo stesso che vediamo in azione in modi diversi nella società, nel cinema, persino nelle pubblicità. Marta ha deciso di sporgere denuncia e altre ragazze hanno messo una petizione online per raccogliere firme e dire basta. 
Chiediamo che non succedano più abusi di questo tipo, che ci offendono come donne e ci preoccupano come cittadine di una democrazia. L’art.24 della Legge istitutiva del Corpo della Polizia di Stato - organo civile e non più militare  dal 1981 (Legge 121 del 1981) – recita così :  “LA P.S. ESERCITA LE PROPRIE FUNZIONI AL SERVIZIO DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE E DEI CITTADINI ... ESSA TUTELA L’ESERCIZIO DELLE LIBERTA’ E DEI DIRITTI DEI CITTADINI; ESSA VIGILA SULL’OSSERVANZA DELLE LEGGI”. E’ evidente che questo articolo non è molto conosciuto, se anche il Parlamento Europeo, il 12 dicembre 2012 ha votato una risoluzione dal titolo: “Strategia dell’UE in materia di Diritti Umani” ove si denuncia il comportamento estremamente violento della Polizia in alcuni Paesi UE, durante gli interventi di ordine Pubblico in occasione di manifestazioni di cittadini, affermando:
“(Il Parlamento europeo) esprime preoccupazione per il ricorso a una forza sproporzionata da parte della polizia durante eventi pubblici e manifestazioni nell’UE; invita gli Stati membri a provvedere affinché il controllo giuridico e democratico delle autorità incaricate dell’applicazione della legge e del loro personale sia rafforzato, l’assunzione di responsabilità sia garantita e l’immunità non venga concessa in Europa, in particolare per i casi di uso sproporzionato della forza e di torture o trattamenti inumani o degradanti”. Non importa per quale motivo una persona viene arrestata: la sua integrità fisica e psicologica devono essere sempre garantite – e se si tratta di una donna, in alcun modo ella deve diventare vittima di violenze di genere, che siano fisiche o simboliche.
Chiediamo che nel nostro Paese si cominci a pensare seriamente a forme di contrasto culturale di queste forme di violenza, che siano orientate alla prevenzione primaria, e che includano training delle Forze dell’Ordine al fine di educare al rispetto dei diritti di genere, razza/etnia/cultura, ed orientamento sessuale – dando una formazione adeguata a coloro che vestono una divisa perché possano svolgere il loro lavoro nel pieno rispetto delle leggi. Va cambiata la cultura dominante nelle caserme – dove non devono trovare albergo i soprusi, l’esaltazione per la forza e la violenza, comportamenti sessisti, razzisti ed omofobi.  E chiediamo che vengano fatti quei cambiamenti necessari a delegittimare e prevenire tali abusi. Il Movimento Avvocati Europei Democratici di cui fa parte il Legal Team Italia (avvocati/e che intervengono durante le manifestazioni allo scopo di evitare violazioni dei diritti da parte della PS) ha lanciato una campagna europea per ottenere una legge che disponga il riconoscimento dei poliziotti in situazioni di ordine pubblico, tramite numero o targhetta identificativa, per sollecitare una responsabilizzazione  degli agenti e una tutela di coloro che manifestano nelle piazze europee.
Crediamo che in un Paese come il nostro, dove ogni giorno si parla di violenza contro le donne, femmicidi, reati sessuali, sia importante dare un segnale che le donne delle istituzioni non sono disposte a tollerare comportamenti di molestia e di abuso, particolarmente quando ciò avviene dentro le istituzioni dello stato. Grazie per quello che potrete e vorrete fare.
Laura Corradi, docente di “Studi di Genere e Metodo Intersezionale”
Simonetta Crisci, avvocata dell’associazione “Donne Diritti e Giustizia”

sabato 27 luglio 2013

VERITA' E GIUSTIZIA PER VIAREGGIO

I 33 indagati per la strage ferroviaria di Viareggio sono stati rinviati a giudizio ma il reato di dolo
è stato escluso. In questo modo, la posizione degli imputati si alleggerisce e di non poco.
Tuttavia, come possiamo asserire che i vertici delle Ferrovie spa non fossero consapevoli
delle loro azioni , quando hanno violato innumerevoli ed elementari normative di sicurezza,
attivato una vera e propria persecuzione nei confronti di lavoratori e delegati usando ed abusando
provvedimenti disciplinari(licenziamenti, sospensioni, multe, trasferimenti)  
per colpire\neutralizzare  proprio i ferrovieri più attivi nelle lotte per la salute e sicurezza nei
 luoghi di lavoro?
Nella sola Viareggio sono state raccolte più 10.000 firme per le dimissioni dell'
Amministratore delegato delle Ferrovie spa Moretti, un dirigente intoccabile come intoccabili sono
altri boiardi di stato che ,a prescindere dal colore dei Governi , vengono chiamati a ricoprire alte cariche dello stato o collocati ai vertici di aziende a partecipazione pubblica
Gli uomini buoni per tutte le stagioni, servitori di potentati economici e politici che calpestano la vita
e la dignità umano in favore del profitto di pochi .
I Cobas sono a fianco dei ferrovieri in lotta, dei comitati e dei cittadini di viareggio reclamando con loro
verità e giustizia e il reintegro nel posto del lavoro di Riccardo Antonini e di altri ferrovieri licenziati per il loro impegno a difesa di salute e sicurezza

giovedì 18 luglio 2013

Decreto del Fare, saltano le norme salva inquinatori. Una vittoria dei cittadini. Adesso attenti ai colpi di coda

La mobilitazione dei cittadini promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua per modificare il testo del cosiddetto Decreto del Fare ha iniziato a dare i suoi frutti. La prima versione del decreto avrebbe introdotto un vergognoso sistema di deroghe che avrebbe premiato gli inquinatori più incalliti.

Grazie alla mobilitazione dei movimenti, alle pressioni sui parlamentari, all'iniziativa parlamentare di diversi gruppi che hanno compreso i gravissimi rischi per l'ambiente e all'apertura a modifiche al testo proposto dal Ministro Orlando nelle Commissioni Parlamentari è stato svolto un intenso lavoro per disinnescare le enormi criticità introdotte dal Decreto del fare nella versione approvata dal Governo.

Sono stati prodotti diversi emendamenti che hanno per ora eliminato il passaggio in cui si subordinava l'eliminazione delle fonti di contaminazione al profitto degli inquinatori anche in presenza di rischio sanitario conclamato. Inoltre è stato affrontato l'altro casus belli, quello relativo ai limiti da rispettare: nella versione governativa si richiedeva genericamente solo un'attenuazione della contaminazione e non il rientro in precisi limiti.

Partendo da un testo così infelice che costituiva un vero e proprio regalo agli inquinatori più audaci e spregiudicati si è giunti ad un compromesso per ora accettabile. È doveroso per il Parlamento andare avanti su questa strada senza colpi di coda.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua continuerà in queste ore ad esercitare un attenta analisi dell'attività parlamentare e denuncerà eventuali tentativi di sabotaggio alle bonifiche.

In ogni caso un eventuale esito favorevole rappresenterà solo un salvataggio all'ultimo minuto di una situazione che avrebbe fatto cadere in un pozzo inquinato i diritti dei cittadini ad un ambiente salubre.

È necessario che il tema delle bonifiche sia messo al centro dell'agenda politica visto che riguarda presente e futuro di milioni di cittadini e un'occasione per un territorio nazionale degradato che, se risanato, potrà costituire la base per un'economia durevole. Questo sarebbe il “fare” che i cittadini si aspettano.

Firenze. Se i portalettere potessero parlare

altChe le poste siano e debbano restare un servizio pubblico a dirlo sono rimasti solamente i lavoratori, i postini nello specifico. L'azienda non sembra della stessa opinione, questo almeno è quanto si evince dalle ultime decisioni che sacrificano il recapito ed i postini, pur di ingrossare il lato finanziario di Poste italiane.
La denuncia viene dal Cobas Poste di Firenze, che ha volantinato nel quartiere di Gavinana per denunciare il taglio delle zone di recapito, dei portalettere e l'eccessivo carico di lavoro, specialmente in periodo di turnazione delle ferie. L'accordo del 28 febbraio scorso siglato da Confederali e Azienda prevede il taglio di circa 6000 posti di lavoro, che a cascata si sta già ripercuotendo sulla qualità del servizio. A Firenze è diventato effettivo il taglio di 52 portalettere, mentre si moltiplicano le zone in cui il recapito è in ritardo di almeno una settimana. Intanto, a livello regionale Cisl e Cgil hanno firmato un accordo con Poste per un taglio di 350 posti, senza nemmeno tentare la via del conflitto.

Di seguito il volantino Cobas Poste che alcuni postini hanno distribuito a Firenze Sud sabato 13 luglio.

A TUTTI GLI UTENTI:
SE I POTALETTERE POTESSERO PARLARE LIBERAMENTE, ECCO COSA VI DIREBBERO
“Sono il vostro postino e vi porto la posta anche nei casi in cui altri non sarebbero in grado, per un indirizzo incompleto o con qualche errore o se vi si è cancellato il nome sulla cassetta. Spesso abbiamo scambiato due parole (oggi sempre meno perché vado sempre troppo di fretta) e un po’ ci conosciamo.
Credo nell’importanza e nel ruolo sociale che noi portalettere possiamo svolgere; un servizio pubblico, l’unico, che arriva a casa di tutti i cittadini, spesso uno dei pochi contatti con le istituzioni, specie per gli anziani che ci chiedono consigli e indicazioni,e questo mi fa superare gli aspetti negativi del mio lavoro, (pioggia, freddo e sole cocente).
Quello che non riesco a superare, almeno non da solo, sono le scelte della mia azienda e il modo in cui negli ultimi anni è gestito il servizio di recapito, considerato, sostanzialmente, un’inutile zavorra.
Di questo Voi vedete solo gli effetti, quando la posta non arriva o arriva che ormai è troppo tardi, quando per giorni o settimane non passa nessun postino e poi, improvvisamente, trovate la cassetta piena e mi chiedete spiegazioni.
Per questo voglio dirvi come stanno le cose.
La mia azienda, insieme ai sindacati maggiori che firmano qualsiasi cosa pur di mantenere certi privilegi, non considera il recapito un servizio che fa guadagnare abbastanza; l’attenzione è rivolta solo ai servizi finanziari del bancoposta, in un gioco di interessi finanziari /politici veramente indegno, a scapito dei cittadini-utenti.
Così, il 28 febbraio hanno firmato un accordo che taglia altri 6.000 posti nel recapito, anche se sono anni che il personale non è al completo, senza curarsi affatto della qualità complessiva del servizio.
Così ci troviamo nella situazione che, quando manchiamo, non abbiamo nessuno che possa sostituirci e al nostro ritorno troviamo tutta la posta giacente in ufficio. In estate è ancora peggio: per garantirci due maledette settimane di ferie dovrebbero essere assunti dei portalettere a tempo determinato che invece non arrivano mai, e allora la situazione si fa davvero pesante.
Oltre al danno la beffa: già da diversi giorni i mezzi di informazione stanno raccontando quanto accade al recapito della corrispondenza in numerosissime zone della città: sulle zone scoperte, si fa in modo di portare, e questo non sempre, solo una piccola parte di posta, quella che interessa all’azienda (la raccomandata veloce, i telegrammi e, a volte, i quotidiani o le lettere estere). In questo modo, si fa risultare che la zona è stata coperta e si paga qualcuno (inconsapevole del danno che produce) per un lavoro non fatto e, quando venite a chiedere informazioni, vi dicono che la zona è stata coperta e che non c’è niente fermo in giacenza.
Se per voi tutto questo è fonte di preoccupazione, per noi, è fonte di vera e propria ansia e stress.
L’idea che non vi arrivi la posta quando siamo assenti non ci fa stare sereni, perché siamo convinti che il nostro è un servizio pubblico che deve dare certezze e garanzie a tutti gli utenti.
Le varie riorganizzazioni hanno reso il mio carico di lavoro sempre più pesante (molto lunga la percorrenza, con una media quotidiana di 100 raccomandate) e mi mettono spesso nella impossibilità di effettuare la pausa pranzo prevista dal contratto.”
Questo potrebbe dirvi un portalettere.
Noi, come sindacato di base, abbiamo raccolto e ci siamo fatti interpreti delle voci dei postini; tutte cose sentite e vissute anche da noi, direttamente, come lavoratori, sindacalisti e utenti.
Vogliamo reagire, stiamo cercando di farlo con tutti i mezzi ma non possiamo farcela da soli.
Per questo, insieme ai portalettere, vi chiediamo (cittadini ed utenti) di unirvi a noi per difendere interessi e diritti comuni.
E lo chiediamo anche ai nostri amministratori.
Ci appelliamo all'utenza affinchè si rivolga ai giornali ed alle associazioni degli utenti denunciando le situazioni più evidenti del disservizio, in modo tale che l'azienda sia portata a dare risposte ai cittadini ed ai lavoratori.

COBAS POSTE FIRENZE                                                                      Firenze 17/7/13
cobaspostefi@gmail.com

giovedì 6 giugno 2013

AGLI OPERAI CHE DIFENDONO LA FABBRICA LA POLIZIA RISPONDE A MANGANELLATE A Terni problema di agibilità democratica


Stamattina un reparto Celere della Polizia ha attaccato a freddo il corteo di operai ed istituzioni che si stava recando alla stazione ferroviaria per un blocco simbolico. Sono stati feriti un operaio ed il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo cui la Confederazione Cobas esprime solidarietà. La gestione della piazza da parte della Questura è stata in aperta violazione dei diritti costituzionali e  le forze di polizia hanno dimostrato come considerano i lavoratori che lottano per difendere i posti di lavoro e le stesse istituzioni civili. La confederazione Cobas chiede le immediate dimissioni del Questore di Terni e la rimozione dei funzionari che hanno gestito la piazza.
La confederazione Cobas denuncia da almeno tre anni il grave clima di pressione ed intimidazione causato dalle forze di polizia contro i diritti democratici garantiti dalla Costituzione e l’agibilità democratica nella nostra città dalle solide tradizioni operaie ed antifasciste. Infatti al contrario di quanto affermato in queste ore, come Confederazione Cobas riteniamo che questi fatti non siano  frutto di una anomalia nel comportamento delle forze di polizia nella nostra città ma il risultato di pratiche consolidate nel tempo. Ricordiamo che la Questura di Terni tre anni fa ha emesso ben 12 avvisi orali, sancendo la “pericolosità sociale” per coloro che manifestarono contro i fascisti di Casapound all’aviosuperficie di Terni, imbastendo poi un’inchiesta contro una cinquantina di antifascisti che ha prodotto un processo a 4 ragazzi accusati di lancio di fumogeni. Oltre a ciò in questi anni la Questura e la Digos, oltre a sottovalutare l’esplosione di una bomba carta davanti alla sede del la nostra OS, sono riuscite a denunciare per stampa clandestina alcuni giovani che distribuivano il 25 aprile una pubblicazione che ricordava la Resistenza (il giudice ha poi dato ragione ai giovani), denunciato una decina di persone per “manifestazione non autorizzata” che manifestavano contro il processo-farsa Bruswood, hanno denunciato manifestanti in cortei sindacali per l’uso di fumogeni, denunciato ragazzi che avevano raccolto per beneficenza fondi per l’ospedale locale per lancio di fuochi d’artificio. Sempre presenti in massa a presidiare incontri organizzati dai neofascisti. Concludiamo ricordando che l’intervento della Questura contro i migranti vede Terni in cima alle classifiche della repressione/espulsione invio verso i CIE. Vorremmo sapere qual è il costo di tutto questo, non solo a livello democratico ma anche economico.
Da circa una settimana è stato allontanato dalla nostra città il dirigente della DIGOS Moreno Fernandez inquisito tra l’altro di aver portato avanti indagini parallele e illegali,  di abuso di ufficio, favoreggiamento personale, violazione e rivelazione di segreti d’ufficio e falso in atto pubblico. Chiediamo ora la completa bonifica della Questura con personale che rispetti e garantisca i diritti costituzionali di manifestazione delle idee e di difesa dei diritti e dei posti di lavoro.
CONFEDERAZIONE COBAS DI TERNI

CGIL-CISL-UIL RITROVANO L’UNITA’…CONTRO I LAVORATORI



L’accordo Cgil-Cisl-Uil-Confindustria del 31.5.13 è la logica conseguenza dell’insulso inciucio che ha costruito il governo Letta , finalizzato alla logica corporativa della “ pace sociale”,imposta con il blocco salariale-conflittuale e con l’esclusione del sindacalismo di base dalla rappresentanza..
Questo accordo ,definito entusiasticamente dai contraenti “ storico”, è l’evoluzione applicativa di quello sottoscritto il 28.6.11 , con il quale si rendeva superfluo il CCNL , attraverso le famigerate “deroghe” a stipulare nei contatti aziendali materie di pertinenza del CCNL.
Qui “ in più” c’è la soluzione-scambio del superamento degli “ accordi separati”, per una rinnovata,rigida e complice concertazione ai danni dei lavoratori..
La soluzione passa per una misurazione certificata della rappresentanza  dei firmatari dell’intesa : chi supera il 5% tra deleghe e voti Rsu , non può essere escluso dai tavoli contrattuali.
Lo scambio sta nella “ validità erga homnes” degli accordi e nel divieto di sciopero, pena sanzioni economico-normative, imposto su quanto accordato nel CCNL,contratti 2°livello e/o aziendali.
Con questo meccanismo truffaldino e anticostituzionale , i Confederali pensano di potere tirare a campare nella crisi , nel tentativo di soffocare rivendicazioni e rivolte.
L’approvazione della Fiom all’accordo non deve meravigliare, ne farsi trarre in inganno dal suo mediatico agitarsi politico : la Fiom resta allineata e coperta con la gestione Cgil-Camusso, lo dimostrano le quotidiane sottoscrizioni di accordi aziendali concertativi,quelli che escludono o continuano ad osteggiare la rappresentanza ai Cobas.          
Va da se che con l’esclusione dalla rappresentanza sindacale del sindacalismo di base, i compari non raggiungono lo scopo del consenso. Anzi questo rafforzamento del  monopolio in tempi di
“crisi di identità”  sta lì a dimostrare la loro debolezza e caducità , di fronte alla incontenibile richiesta di lavoro-reddito-diritti-dignità che sale nel Paese.

IL DIRITTO DI SCIOPERO NON SI TOCCA ! E’ un naturale diritto di libertà sancito dalla Costituzione, che né le leggi che lo limitano, né  accordi capestro come questo saranno mai in grado di bloccare l’insorgenza sociale, che quando esplode consuma qualsiasi ostacolo.

IL DIRITTO ALLA RAPPRESENTANZA DEMOCRATICA, non può essere conculcato da questa ulteriore forma di protezionismo. La strada maestra è la Legge sulla Rappresentanza, già sollecitata più volte anche dalla Corte Costituzionale, chiamata a valutare la vetustà dell’art.19  L.300/70.

“L’ERGA HOMNES”- la validità degli accordi estesa a tutti i lavoratori – non può essere carpita con questi furfanti mezzucci : solo il referendum  che raggiunge il quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto, può assumere la “validità erga homnes”.

La Confederazione Cobas nel mentre denuncia e contrasta questa infame porcata , continua la sua imperterrita opera di sostegno alle rivendicazioni dei lavoratori e dei ceti popolari , così come si fa carico di contribuire alla ricomposizione delle forze sociali intese alla trasformazione della società.