venerdì 25 giugno 2010

REFERENDUM FIAT-POMIGLIANO, ALTRO CHE PLEBISCITO ! E’ UN SONORO SCHIAFFO ALLE PRETESE DI MARCHIONNE !

Le nude cifre dicono che tra astenuti , NO, schede nulle e bianche,il rifiuto va oltre il 40% ! “ aventi diritto al voto 4881 , votanti 46542 , di cui SI 2888 – NO 1673 ; nulle 59 , bianche 22 “

Se poi andiamo a cogliere il voto espressamente operaio – quello che più interessava il diktat - il divario tra Si e No diventa quasi alla pari al 50% ! Circa 900 sono gli impiegati,capisquadra e quadri che hanno votato SI , quelli che alla vigilia del voto hanno dato vita alla “ marcetta per il SI” , sollecitata da casa Agnelli.

Addirittura tra i 316 deportati di Nola prevale il NO : su 273 votanti, per il NO 192, per il SI 77 !

Dunque , nonostante il fucile puntato , con l’imperativo di “ vivere o morire” , gli operai hanno avuto la capacità di disinnescare il grilletto di Marchionne, tanto da imporre il fallimento “dell’operazione referendum” così da rimettere in mano Fiat la soluzione per Pomigliano.

Tanta è la delusione in capo alla Fiat , che si sono imposti il silenzio stampa !

Quando Marchionne tornerà dagli Usa ( dove è scappato subito dopo aver saputo gli inaspettati risultati del referendum) – sicuramente dopo lo sciopero del 25/6 indetto dai Cobas e Fiom in tutto il Gruppo – dovrà innanzi tutto sciogliere la riserva sulla Panda , o indicare quale altra via per lo stabilimento di Pomigliano.

Ove mai Marchionne darà dar seguito alle promesse , il risultato del 22/6 lo obbliga a ri/trattare,

mollando le mirate lesioni al diritto costituzionale di sciopero, alle leggi ,alla malattia ( Sacconi e soci dovranno pazientare ancora per annunciare le bramate “ nuove relazioni industriali “ da introdurre in tutti i contratti con la complicità dei sindacati filogovernativi) per coinvolgere appieno la Fiom sulla “ produttività aziendale” , alla quale da tempo ha espresso disponibilità !

Questo è quanto oggi sollecitano gli editoriali dei quotidiani di riferimento della Confindustria, della borghesia e dell’opposizione parlamentare ; la Cgil ,per bocca della prossima segretaria generale Comisso , dice che il voto “…nell’articolazione tra SI e NO , indica che ci vuole una soluzione condivisa da tutti, che la Cgil sostiene e per la quale chiede alla Fiat di riaprire le trattative”.

Se la palla è tornata in mano Fiat, dopo il referendum è tornata in campo anche la Fiom, che viene ricondotta al “ gioco delle parti” , con le nefaste conseguenze di un ennesimo accordo firmato ai danni dei lavoratori. Che presto si accorgeranno a loro spese a quale infimo prezzo hanno svenduto la propria prestazione lavorativa ! Invece di prendersi la responsabilità di fare blocco comune contro le pesanti pretese padronali, così da imporre il rispetto della dignità umana ,dell’occupazione , dei diritti basilari e contrattuali.

Non prendiamo in considerazione altri “ piani B,C,D,….Z “ , in quanto la cessione di Pomigliano ad altra azienda sussidiaria – con licenziamento di tutti dalla Fiat Group e relativa selezione in perdita nella riassunzione presso terzi ( vedi Alitalia) – verrebbe presa da tutti i lavoratori , quelli del SI e del NO , come un provocazione, tale da innescare subito un conflitto generalizzato che il Gruppo Fiat non è in grado di sopportare ; vista anche la sequela di scioperi in corso contro le subdole manovre Fiat -da Mirafiori a Termini I. alla Piaggio - e quello prossimo in tutto il Gruppo del 25 / 6 , con manifestazione centrale a Napoli , ore 9 p.za Mancini .

NO PASARAN !

Roma 23/6/2010 Cobas Lavoro Privato

domenica 20 giugno 2010

Il ricatto padronale, da Pomigliano alla Magna di Guaticce

O LA BORSA, O LA VITA!
Marchionne, decisa la chiusura di Termini Imerese, ora minaccia di chiudere anche Pomigliano, se non verrà accettata la sua dittatura sul lavoro, quella del “piano Fiat”, con cui intende imporre condizioni lavorative da schiavi, le stesse che subiscono i lavoratori cinesi e che subivano i nostri bisnonni.

E, ricattando i lavoratori (“O così, o porto la fabbrica in Polonia!”), pretende un referendum in cui i lavoratori dicano SÌ al suo ricatto, comportandosi come chi deve scegliere tra le alternative che gli urla un bandito, mentre gli punta la pistola alla testa: “O la borsa, o la vita”!

Una “pistola” puntata sulle condizioni di salute e d’esistenza dei lavoratori, il “piano Fiat” sottoposto al referendum, oltre che una porcheria, basata sul sistema produttivo giapponese WCM.

Porcheria di un “piano”, che consiste in:

* taglio dei tempi e riduzione del 25% delle pause (con una rapina di 10 minuti su 40 e con un aumento medio di produzione di 50 minuti a settimana, retribuiti con 15 centesimi!!!);

* per gli addetti alla produzione, spostamento della pausa-mensa nell’ultima mezz’ora di turno (con digiuno obbligatorio di 8 ore!!!);

* aumento a 80 ore dello straordinario obbligatorio (senza neppure una finzione di contrattazione con la RSU!), da utilizzare in turni interi di 8 ore;

* per gli addetti alla produzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì al sabato, per complessivi 18 turni settimanali, con riposo a scorrimento, che comporta la presenza in fabbrica per 6 giorni una settimana e per 4 giorni quella successiva;

* per gli addetti alla manutenzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì alla domenica, per complessivi 21 turni settimanali, con riposo a scorrimento;

* non versamento dell’indennità aziendale di malattia a chi raggiunge un tasso di assenze “superiore alla media” (senza nessun’altra precisazione);

* cancellazione della norma che prevede un riposo personale di almeno 11 ore tra lo stacco da un turno e il ritorno a lavorare in un turno successivo;

* in caso di proteste e scioperi contro la barbarie del “piano”, provvedimenti disciplinari fino al licenziamento, cancellazione dei permessi sindacali, blocco delle ritenute sindacali.

Adesso, nell’occhio del ciclone ci sono gli operai di Pomigliano, ma quest’occhio si sta allargando a dismisura e già contiene tutti gli operai del gruppo Fiat e del suo indotto, mentre il ciclone non tarderà a coinvolgere tutti i comparti dell’auto e tutta l’industria metalmeccanica e, in generale, manifatturiera.

Infatti, Emma Marcegaglia e la sua ciurmaglia confindustriale, con ministri e sottosegretari al seguito, non smettono di spellarsi le mani per applaudire Marchionne.

Del resto, la direzione di Magna, approfittando della cassa integrazione, ha già preso a imperversare da tempo. Da ultimo con l’accordo del 3 maggio, che, pur non indicando cifre, apre alla flessibilità, con la riorganizzazione dei turni e la riduzione delle pause.

In Magna, ora, abbiamo da fare i conti con l’attacco diretto della direzione, quando vorrà mettere all’incasso quell’accordo, che non a tutte e tutti era chiaro nelle sue implicazioni al momento del voto.

Ma per farci i conti in modo adeguato, dobbiamo non lasciare soli gli operai di Pomigliano, la cui vicenda, illuminando di luce spettrale la nostra, deve vederci impegnati perché il ciclone Fiat non si sviluppi, abbattendosi su loro e su tutti quanti, noi compresi.

Questo vuol dire partecipare allo sciopero generale di 8 ore dei metalmeccanici, che la Fiom/Cgil nazionale e i sindacati di base (tra cui il Cobas) hanno proclamato per il 25 giugno.

(Con l’auspicio che la Fiom locale si ravveda sull’accordo del 3 maggio, smetta la sua politica filo-aziendale e si stacchi da Fim/Cisl e Uilm, complici di ogni malefatta padronale e governativa).

COBAS METALMECCANICI

venerdì 18 giugno 2010

SOLIDARIETÀ AI COBAS E AL CENTRO SOCIALE "GERMINAL CIMARELLI"


BOMBA FASCISTA ALLA SEDE COBAS DI TERNI

L'attentato di questa notte in via del Lanificio a Terni, vittime il Sindacato COBAS e il Centro Sociale, è un fatto molto grave che segnala come i gruppi neofascisti intendono inserirsi con il loro "linguaggio" di violenza nelle dinamiche sociali che derivano dalla crisi.

IL COMUNICATO DELLA CONFEDERAZIONE COBAS DI TERNI.

E’ un atto gravissimo di chiara matrice fascista, sia per le modalità che per la tempistica, un atto che non ha precedenti nella nostra regione e che apre scenari inquietanti.

E’ un gesto inaudito che peggiora il già pesante clima di intimidazione che da qualche tempo grava sulla nostra città, che si aggiunge agli “avvisi orali” del Questore di Terni contro 12 persone (tra cui il coordinatore provinciale della nostra organizzazione sindacale) diffidate per aver organizzato pubbliche manifestazioni antifasciste e per aver contrastato le iniziative xenofobe della Lega Nord o alle dichiarazioni di esponenti del centro destra locale che legittimano di fatto gli squadristi di casapound.

Questo atto gravissimo è una sfida alla democrazia, alla libertà di pensiero, di parola, di attività politica e sindacale; ha l'obiettivo di spaventare i cittadini, di indurli a stare zitti, proprio nel momento in cui il Governo attua con i suoi provvedimenti economici una vera e propria macelleria sociale, che sta, finalmente, suscitando le proteste delle più diverse categorie sociali, di cui il recente blocco degli scrutini è stata la dimostrazione più evidente.

In questa situazione, i neofascisti dimostrano semplicemente di aver appreso la lezione dei loro antenati: essere i cani da guardia della borghesia capitalistica, soprattutto quando questa attraversa crisi economiche devastanti come è quella odierna. Non ci lasciamo intimidire e ribadiamo che il fascismo è la soppressione di ogni libertà individuale e civile, il bavaglio ad ogni forma di democrazia e l’oppressione da parte del più forte,che si nasconde nell’ombra.

La Confederazione Cobas non solo denuncia questo atto, non solo ne mette in risalto la viltà, ma chiama anche le/i cittadine/i alla mobilitazione, alla vigilanza democratica e, soprattutto, ad intensificare le lotte sociali, poiché questo è il modo migliore, per sbarrare la strada agli sgherri fascisti ed ai loro mandanti che vogliono essere anche i padroni delle nostre vite.

CONFEDERAZIONE COBAS DI TERNI

martedì 8 giugno 2010

Venerdì 11 giugno SCIOPERO di 24 ore del trasporto pubblico locale per non pagare noi la crisi, per un rinnovo dignitoso del CCNL

venerdì 4 giugno 2010

UNO SFRATTO AL GIORNO.....

"Oggi, venerdì 4 giugno un'altra famiglia di Empoli, residente in via Meucci 73, rischia di trovarsi sulla strada a causa di uno sfratto. Nella stessa giornata è previsto un tavolo istituzionale che dovrebbe occuparsi di tale vicenda. Come sportello sociale COBAS Empoli-Valdelsa e ORDA PRECARIA rivolgiamo un ulteriore pressante appello affinchè si scongiuri l'ennesima azione di forza e si garantisca una soluzione adeguata alla famiglia.

Da circa tre anni denunciamo nella sostanziale indifferenza la mancanza di una visione strategica nelle politiche abitative e ancora una volta ci troviamo a fronteggiare l'ennesima emergenza.
La storia di questa famiglia è quella di chi fortunatamente è riuscita a mantenere l'unica fonte di reddito da lavoro dipendente ma, come tante altre, non è in grado di far fronte ad un canone che assorbe oltre il 70% del proprio reddito. E' la tipica famiglia media (marito, moglie, due figli) che subiscono il rischio quotidiano di uno sfratto o di un pignoramento dopo anni di lavoro e sacrifici, a causa di un mercato fuori controllo che ha prodotto un aumento dei canoni di locazione del 72% negli ultimi otto anni. E' uno dei paradossi più drammatici di un paese, l'Italia, dove oltre 150.000 famiglie subiranno uno sfratto entro il 2011, mentre una casta politico/imprenditoriale senza scrupoli se la gode ottenendo case a quattro soldi nei posti più esclusivi. Sembra il paese di Bengodi, con la classe politica meglio retribuita ed una spesa sociale pressochè inesistente: appena 3,3 euro pro capite contro i 53,3 euro della Germania e i 214 euro della Francia.

Il nostro auspicio è che l'amministrazione empolese offra una soluzione adeguata alla vicenda, garantendo un immediato passaggio da casa a casa che eviti lo smembramento della famiglia e la proposta di un affitto congruo e commisurato alle loro possibilità economiche".

Sportello Sociale COBAS Empoli -Valdelsa, ORDA PRECARIA

martedì 1 giugno 2010

EMPOLI: oltre 200 persone in piazza per condannare l'attacco criminale dell'esercito israeliano.

Lunedi 31 maggio ad Empoli, come in decine di altre città italiane, oltre 200 persone sono scese in piazza per condannare l'attacco criminale dell'esercito israeliano.
Il corteo si è fermato davanti al comune per chiedere alle istituzioni locali di prendere una posizione chiara di condanna nei confronti dello stato di israeliano per questo atto di terrore.

In questi anni i governi israeliani si sono macchiati dei più orrendi crimini contro il popolo palestinese ed è impossibile stabilire una gerarchia tra tali atrocità. Ma il massacro nelle acque di fronte a Gaza, con 9 pacifisti ammazzati a sangue freddo dall’esercito israeliano e una trentina di feriti, desta orrore supremo non solo per la sua efferatezza ma anche per la sua bestiale demenza.

La Freedom Flotilla, otto navi organizzate dalle Reti internazionali di solidarietà con la Palestina -e in particolare con la popolazione della striscia di Gaza imprigionata senza i fondamentali beni di sopravvivenza in una prigione a cielo aperto di 40 km per 9 – stava navigando verso Gaza per portare ai palestinesi sotto assedio medicinali, viveri e beni di prima necessità, forzando lo spietato blocco imposto nella zona dall’esercito israeliano. Vi erano a bordo complessivamente circa 700 passeggeri di varie associazioni, ong., sindacati, comitati di solidarietà con la Palestina, parlamentari, di ben 40 paesi tra cui l’Italia.

Il governo israeliano, incurante dell’attenzione di tutti i mass media internazionali, aveva annunciato che avrebbe fermato “con tutti i mezzi” le navi: ma che avesse programmato un massacro di tale portata davanti agli occhi di tutto il mondo lascia agghiacciati anche coloro che, come noi, non hanno mai dubitato della ferocia bellica dei governi israeliani degli ultimi decenni. Il governo israeliano ha tentato di fornire la grottesca giustificazione dell’ ”aggressione da parte dei militanti filo-palestinesi con coltelli, bastoni e armi da fuoco” ma è stato sbugiardato dalle autorità doganali della Turchia, da cui sono partite le navi, che hanno dichiarato come tutti i 700 passeggeri, in particolare quelli della nave più grande, la Mavi Marmara, siano stati perquisiti, così come le navi, e niente di pericoloso si trovasse a bordo o addosso ai passeggeri.

Nessuno dei governi, in primis quelli USA e italiano, che fino ad oggi hanno sempre coperto qualsiasi infamia israeliana contro il popolo palestinese, ha fino ad ora elevato una qualsivoglia protesta contro il massacro e ovviamente non farà nulla di quello che la comunità internazionale dovrebbe fare nei confronti di Israele, imponendogli, qui sì “con tutti i mezzi”, la restituzione della libertà, della terra e dei diritti al popolo palestinese, in particolare nella striscia di Gaza. Spetta a noi ora elevare la più indignata protesta e manifestare immediatamente in tutta Italia contro il massacro e contro i crimini del governo israeliano, per la fine del blocco a Gaza e dell’occupazione della Palestina.