lunedì 15 novembre 2010

E' in gioco Il nostro diritto alla salute fisica e mentale

Il nostro diritto alla salute fisica e mentale,
la nostra dignità e il nostro legittimo orgoglio:
è su questo che dobbiamo resistere all’attacco dei padroni

È decisamente grave il cambiamento in peggio che dal 2 novembre ha subìto, soprattutto nel lavoro in linea, la condizione operaia in Magna, dopo che l’azienda e Fim-Fiom-Uilm (viva l’unità sindacale!) si sono accordate per il taglio di 5 minuti della pausa mensa e per la prosecuzione della produzione nei 5 minuti di fine turno.
40 ore di lavoro in linea in più all’anno e questo in piena cassa integrazione: tutto gratis, naturalmente, e senza nemmeno dirci “grazie!”.

La mensa è diventata un’autentica corsa contro il tempo: devi usare i servizi igienici, rifornirti del cibo, consumarlo, prendere un caffè, fumare una sigaretta, riposizionarti alla catena: il tutto in 30 minuti!
Quanto alla fine turno, l’accordo ci costringe a uscire di fabbrica, magari correndo (alé!), 5 minuti più tardi rispetto a prima del 2 novembre.

Altro che gastriti, coliti e mal di testa, che -come si sa- sono malesseri spesso provocati da cause nervose, da stress mentale, dall’ansia e dall’intensità dei ritmi con cui si è costretti ad agire: un peggioramento, insomma, della condizione che subiamo in 7 ore di produzione ripetitivamente asfissiante!
A essere colpito non è solo il nostro corpo o la nostra mente, è anche la nostra dignità, il nostro legittimo orgoglio.

Tra l’altro, con risultati che, per quanto riguarda la fine turno, non pare che siano granché, dato che al momento del cambio la produzione inizia praticamente con 5 minuti di ritardo rispetto a prima.
Ma tant’è: per il padrone ciò che conta è assoggettarci al suo comando, farci subire di tutto di più, farci abbassare la testa.

In questa situazione, che si presenta come il lasciapassare verso altre decisioni aziendali e altri accordi sindacali per ulteriori riduzioni delle pause o per riorganizzazioni produttive o per misure di flessibilizzazione dell’orario, noi diciamo con forza che:
- non ci stiamo;
- diffidiamo chiunque dal fare nuovi accordi peggiorativi della nostra condizione;
- non ci faremo ingannare dalla falsa democrazia del voto imposto sotto la minaccia del trasferimento della produzione in Polonia, com’è successo a maggio, quando -tra l’altro- a votare per il SÌ furono soprattutto lavoratori non di linea, in particolare impiegati;
- troveremo la forza e l’unità per intraprendere scioperi leggeri per noi e pesanti per la produzione, per impedire che si continui a fare il tiro al bersaglio sulla nostra pelle e per rimettere tutto in discussione, anche l’accordo che ora stiamo subendo.

COBAS MAGNA - GUASTICCE - COLLESALVETTI (LI)
COBAS LAVORO PRIVATO
(comparto metalmeccanici)

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