domenica 20 giugno 2010

Il ricatto padronale, da Pomigliano alla Magna di Guaticce

O LA BORSA, O LA VITA!
Marchionne, decisa la chiusura di Termini Imerese, ora minaccia di chiudere anche Pomigliano, se non verrà accettata la sua dittatura sul lavoro, quella del “piano Fiat”, con cui intende imporre condizioni lavorative da schiavi, le stesse che subiscono i lavoratori cinesi e che subivano i nostri bisnonni.

E, ricattando i lavoratori (“O così, o porto la fabbrica in Polonia!”), pretende un referendum in cui i lavoratori dicano SÌ al suo ricatto, comportandosi come chi deve scegliere tra le alternative che gli urla un bandito, mentre gli punta la pistola alla testa: “O la borsa, o la vita”!

Una “pistola” puntata sulle condizioni di salute e d’esistenza dei lavoratori, il “piano Fiat” sottoposto al referendum, oltre che una porcheria, basata sul sistema produttivo giapponese WCM.

Porcheria di un “piano”, che consiste in:

* taglio dei tempi e riduzione del 25% delle pause (con una rapina di 10 minuti su 40 e con un aumento medio di produzione di 50 minuti a settimana, retribuiti con 15 centesimi!!!);

* per gli addetti alla produzione, spostamento della pausa-mensa nell’ultima mezz’ora di turno (con digiuno obbligatorio di 8 ore!!!);

* aumento a 80 ore dello straordinario obbligatorio (senza neppure una finzione di contrattazione con la RSU!), da utilizzare in turni interi di 8 ore;

* per gli addetti alla produzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì al sabato, per complessivi 18 turni settimanali, con riposo a scorrimento, che comporta la presenza in fabbrica per 6 giorni una settimana e per 4 giorni quella successiva;

* per gli addetti alla manutenzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì alla domenica, per complessivi 21 turni settimanali, con riposo a scorrimento;

* non versamento dell’indennità aziendale di malattia a chi raggiunge un tasso di assenze “superiore alla media” (senza nessun’altra precisazione);

* cancellazione della norma che prevede un riposo personale di almeno 11 ore tra lo stacco da un turno e il ritorno a lavorare in un turno successivo;

* in caso di proteste e scioperi contro la barbarie del “piano”, provvedimenti disciplinari fino al licenziamento, cancellazione dei permessi sindacali, blocco delle ritenute sindacali.

Adesso, nell’occhio del ciclone ci sono gli operai di Pomigliano, ma quest’occhio si sta allargando a dismisura e già contiene tutti gli operai del gruppo Fiat e del suo indotto, mentre il ciclone non tarderà a coinvolgere tutti i comparti dell’auto e tutta l’industria metalmeccanica e, in generale, manifatturiera.

Infatti, Emma Marcegaglia e la sua ciurmaglia confindustriale, con ministri e sottosegretari al seguito, non smettono di spellarsi le mani per applaudire Marchionne.

Del resto, la direzione di Magna, approfittando della cassa integrazione, ha già preso a imperversare da tempo. Da ultimo con l’accordo del 3 maggio, che, pur non indicando cifre, apre alla flessibilità, con la riorganizzazione dei turni e la riduzione delle pause.

In Magna, ora, abbiamo da fare i conti con l’attacco diretto della direzione, quando vorrà mettere all’incasso quell’accordo, che non a tutte e tutti era chiaro nelle sue implicazioni al momento del voto.

Ma per farci i conti in modo adeguato, dobbiamo non lasciare soli gli operai di Pomigliano, la cui vicenda, illuminando di luce spettrale la nostra, deve vederci impegnati perché il ciclone Fiat non si sviluppi, abbattendosi su loro e su tutti quanti, noi compresi.

Questo vuol dire partecipare allo sciopero generale di 8 ore dei metalmeccanici, che la Fiom/Cgil nazionale e i sindacati di base (tra cui il Cobas) hanno proclamato per il 25 giugno.

(Con l’auspicio che la Fiom locale si ravveda sull’accordo del 3 maggio, smetta la sua politica filo-aziendale e si stacchi da Fim/Cisl e Uilm, complici di ogni malefatta padronale e governativa).

COBAS METALMECCANICI

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