sabato 8 dicembre 2007

indignazione e commozione non bastano più

L' incidente nell'acciaieria ThyssenKrupp di Torino, dove hanno perso la vita quattro operai, ci ricordano ancora una volta che quando si muore sul lavoro non c'è fatalità o casualità che tenga. Si muore perché il lavoro è ridotto a pura variabile d'impresa, perché il profitto, il culto del mercato e del successo economico sono assunti come principi cardine della società.

Antonio, Roberto, Angelo e Bruno sono morti in uno stabilimento in via di smantellamento, con mezzi di sicurezza non solo inadeguati ma criminalmente distruttivi: estintori e lancia ad acqua hanno favorito la fiammata esplosiva invece di spegnere l'incendio. Lavoravano in situazioni disumane con flessibilità e orari sempre più fuori controllo, con turni di dodici ore diventati ormai una norma dopo l'ultima crisi aziendale, che stava portando alla chiusura dello stabilimento.

Una situazione di cui erano perfettamente a conoscenza i responsabili dell'azienda ma evidentemente interessati, come sempre più spesso avviene, al tema della sicurezza solo come ulteriore costo da ridurre per incrementare i profitti sulla pelle dei lavoratori. La commozione di governi, imprenditori e cgil-cisl- uil che accompagna in genere solo i casi più gravi come questo è pura ipocrisia, perchè in questi anni si è lavorato per un'organizzazione del lavoro che ha cancellato ogni diritto e tutela dei lavoratori.

Lamentano il massiccio ricorso al lavoro straordinario dopo averlo prima incentivato, azzerando i contributi introdotti dalla legge 28/12/95, che le aziende pagavano al superamento delle quaranta ore di lavoro. Affermano la priorità del tema della sicurezza mentre attuano, con il protocollo di luglio, politiche che vanno nella direzione opposta, quella cioè della deregolamentazione e della completa liberalizzazione del lavoro. Concordano sulla necessità di potenziare l'apparato ispettivo ma agiscono per il suo smantellamento: il 29 maggio di quest'anno gli ispettori hanno manifestato a Roma lamentando la mancanza di telefoni e soldi per la benzina. Nel nostro territorio (asl 11) il numero di aziende visitate (escluso edilizia) passa dai 685 del 2005 ai 609 del 2006; quelli nelle imprese edili da 341 a 238.

Si afferma di voler ridurre un precariato sempre più diffuso dopo aver ufficializzato di fatto il caporalato, autorizzando le agenzie private a svolgere compiti di intermediazione e lasciando mano libera alle aziende di reiterare a vita i contratti a termine.

Quella della sicurezza è per i Cobas una questione centrale, perchè preminenti sono la salute-sicurezza sul lavoro, la formazione permanente dei lavoratori e un ruolo antagonista degli RLS.

Come cobas empolese-valdelsa abbiamo lavorato ad un libro bianco di denuncia che presenteremo il prossimo gennaio su precarietà e infortuni nel nostro territorio e ci impegnamo a sviluppare campagne di denuncia su questi temi.

Cobas empolese-valdelsa.

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