La recente approvazione dell'accordo 
quadro del settore conciario apre alcuni e inquietanti interrogativi. 
Già nella premessa, le associazioni imprenditoriali rivelano il vero 
interesse dell'accordo: sollecitare l'immediato intervento della Regione
 sulla questione Tubone, un progetto nato con il solo scopo di 
annacquare gli scarichi conciari con oltre 20 milioni di metri cubi 
d'acqua proveniente dai sistemi di depurazione della Valdera e della 
Valdelsa.
Come nella vicenda ILVA, sono gli interessi padronali a farla da 
padroni, certi del consenso esplicito \acritico dei sindacati 
concertativi che continuano a tacere sui veleni in nome di quella 
assurda mentalità del “Lavoro purchè sia”. 
E' utile ricordare che le concerie lavorano “legalmente” solo sulla
 base di una deroga provinciale che fissa nel 2015 la scadenza ultima 
per mettersi a norma. L'accordo diventa perciò la moneta di scambio per 
scaricare quasi per intero sulla collettività (meno del 7% saranno gli 
oneri a carico degli imprenditori) i 130 milioni di euro previsti dal 
progetto . Più che condividere tali premesse (come leggiamo 
nell'accordo), Cgil Cisl e Uil dovrebbero mettere al primo posto la 
salute dei lavoratori e della popolazione del comprensorio, chiedendo 
incentivi per le produzioni meno inquinanti e indicando limiti certi da 
non oltrepassare.
Il secondo aspetto salutato in maniera entusiastica dai sindacati 
firmatari è l'avvio della previdenza integrativa per i lavoratori del 
conciario. 
Non si capisce il perché di tanto entusiasmo se si considera che 
l'andamento medio dei fondi pensione di categoria è stato di gran lunga 
più basso rispetto a chi ha scelto di tenere il TFR in azienda. Secondo i
 dati forniti dall'istituto di vigilanza (COVIP), il rendimento medio di
 tutti i comparti è stato nel 2011 dello 0,1%, a fronte del 3,5% 
guadagnato da chi ha lasciato il TFR in azienda.
Tutto questo nonostante un contributo aziendale ai fondi pensione 
che varia dall'1,2 all'1,5% della retribuzione lorda. Continuare a 
sponsorizzare tali forme speculative porta alla inevitabile commistione 
degli interessi del lavoro con quelli speculativo/finanziari, questione 
inaccettabile per un sindacato.
Come COBAS abbiamo sempre contrastato la truffa dei fondi pensione 
(e con noi 3 lavoratori su 4) e crediamo che la difesa dei diritti e dei
 salari dei lavoratori non possano prescindere dalla rivendicazione di 
un sistema previdenziale pubblico universale, solidale e dignitoso. Come
 Cobas pensiamo che il sindacato non possa identificarsi con i datori di
 lavoro perchè la difesa degli interessi dei lavoratori stride con 
quella dei profitti aziendali, profitti ai quali Cgil Cisl Uil legano 
una parte significativa del salario.
 
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