Il 4
marzo è la Giornata Europea per le domeniche libere dal lavoro promossa
dalla European Sunday Alliance ", una rete di organizzazioni sindacali,
associazioni civili e religiose che puntano le loro attività sul
rispetto dei tempi di vita e di lavoro".
Su questo tema Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno organizzato iniziative in molte città italiane. “Libera la domenica dal lavoro, oggi non fare shopping" è lo slogan della campagna ma sarà vero?
Solo
pochi anni fa Cisl e Uil sottoscrissero un contratto nazionale che
prevedeva le domeniche lavorative, l'anno dopo la stessa Cgil che
quell'accordo non lo aveva firmato, l'accettò in nome di un non meglio
definito patto per lo sviluppo nel commercio.
Se
firmiamo contratti nazionali che aprono la strada alle domeniche
lavorative, i grandi marchi commerciali prendono la palla al balzo e ,
sulla scia delle liberalizzazione volute dall'Unione europea dei
banchieri e dal governo Monti, alzano la posta in gioco. L'art
31 del decreto di fine anno liberalizza gli orari della distribuzione
commerciale che già in parte erano previsti dal decreto Bersani, la
risposta di Cgil Cisl Uil non è stata quella di entrare nel merito
della organizzazione del lavoro, dell'aumento dei carichi di lavoro, di
un orario frammentato e flessibile che già impone alle lavoratrici e ai
lavoratori condizioni di vita precarie e indecenti. Cgil Cisl Uil si sono
preoccupate solo di concertare con gli enti locali una regolamentazione
delle domeniche lavorative e da
qui sono partiti ricorsi al Tar e la scesa in campo di alcuni sindaci
che si sono fatti paladini "dei diritti dei lavoratori".
Ma
la posta in gioco è ben altra. Nel settore del commercio stanno
passando contratti ed accordi che oltre a non incrementare salari già di
per sè bassi, stanno distruggendo molte conquiste in fatto di malattia,
di rispetto delle mansioni (ti vogliono flessibile e utilizzabile
ovunque), stanno trovando il modo di farti lavorare di sera e nei giorni
festivi a costo zero per l'azienda (qualche euro di differenza non si
nega a nessuno, ma nella sostanza i profitti aziendali aumenteranno in
misura esponenziale rispetto al salario di chi lavora), insomma
impongono una organizzazione del lavoro atta ad impedire ogni
rivendicazione.
Di
questo dovrebbero occuparsi i sindacati per esempio non sottoscrivendo
contratti che peggiorano le condizioni di vita e di lavoro nel
commercio. E' giusto opporsi alle domeniche lavorative ma quale
opposizione credibile si può costruire se gli accordi sottoscritti
prevedono domeniche lavorative e trattamenti iniqui per i primi giorni
di malattia? Insomma al di là della retorica domenicale, chi tutela le
lavoratrici e i lavoratori del commercio?
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