giovedì 31 dicembre 2009

Viareggio a sei mesi dalla strage: occupata la stazione

Sono stati occupati dai manifestanti per alcuni minuti i binari della stazione centrale di Viareggio, a sei mesi dalla strage, per chiedere giustizia. Il comico Paolo Rossi presente su uno dei treni bloccati scende e solidarizza con i manifestanti.

Il racconto dai compagni di www.dada-tv.org:

Sono passati sei mesi da quel maledetto giorno di giugno: 32 sono i morti ma ancora 0 gli iscritti nel registro degli indagati. Sembra quasi che il fuoco di Gatx e trenitalia che ha seminato tanto dolore abbia bruciato pure il registro degli indagati. A sei mesi dalla strage l’Assemblea 29 giugno ha deciso di occupare per alcune decine di minuti i binari della stazione di Viareggio durante il passaggio di due treni eurostar per protestare contro la mancata giustizia. Quasi 400 persone si sono predisposte sui binari con striscioni e gridando slogan per la verità e la giustizia. Il sindaco di Viareggio il signor Luca Lunardini assieme ai suoi amici della maggioranza erano latitanti. Una parte di viareggini stufa dei sorrisini ipocriti, delle frasi di circosatanza e della sudditanza psicologica verso il governo Berlusconi ha deciso di riprendere la lotta con più decisione.
Erano presenti esponenti di CGIL, Cobas, Arci e di una serie di altre realtà, oltre a tanti cittadini comuni. A portare solidarietà ai manifestanti è arrivato anche un commosso Paolo Rossi, il noto comico si trovava su uno dei due treni bloccati e appena ha saputo quanto accadeva è sceso a portare il suo saluto ai manifestanti. Alcuni giovani volevano continuare la protesta anche quando l’assemblea 29 giugno ha sgombrato i binari a dimostrazione che in città nonostante i tentativi del palazzo di normalizzare la faccenda c’è ancora tanta rabbia! In molti hanno promesso che la giornata del 29 dicembre è solo l’inizio di una lotta che è lontana dal finire.

CSA Dada Viruz Project Viareggio

SICURI SI, MA DI REDDITO

Il consiglio comunale di Empoli, lunedì 28 dicembre, ha approvato all'unanimità una mozione presentata dalla commissione economia, qualità e sicurezza del lavoro relativa alla riorganizzazione del servizio della raccolta dei rifiuti solidi urbani e delle eventuali ricadute sui lavoratori attualmente occupati.

Tale testo è il lavoro svolto dalla commissione sulla mozione originaria presentata dai gruppi consiliari Rifondazione, Comunisti Italiani e Marconcini Sindaco presentata nel consiglio comunale del 26 novembre e che vide l'invasione pacifica da parte di una trentina di lavoratori con uno striscione: SICURI SI, MA DI REDDITO.

Pensiamo che le preoccupazioni dei lavoratori siano legittime, Publiambiente, con Montelupo Fiorentino, ha innescato un meccanismo che riteniamo inverso alla logica. Se la priorità è la salvaguardia del livello occupazionale esistente si deve, innanzitutto, pensare al ricollocamento del personale che svolge attualmente servizio di igiene ambientale e cioè il personale attualmente impiegato da Publiambiente, quello della società cooperativa ATI e quello delle cooperative sociali Orizzonti e Mimosa. In seguito, poiché il "porta a porta" produce generalmente una crescita occupazionale, passare alle nuove assunzioni.

Non siamo contrari al servizio, anzi, lo abbiamo auspicato da sempre in quanto alternativa reale alla discarica e all'incenerimento.

Ci sembra inoltre che la tariffazione applicata, denominata puntuale, sia percepita come più equa e quindi più accettabile.

Non siamo neanche contrari al fatto che parte del servizio venga svolto direttamente da Publiambiente, pensiamo sia una importante inversione di tendenza per quanto riguarda le esternalizzazioni.

Elemento fondamentale per noi è che i lavoratori attualmente impiegati siano inderogabilmente ricollocati, i numeri della crisi, anche nel circondario, sono spaventosi, abbiamo perso il 25% dei contratti a tempo indeterminato in un anno, ci sono seimila lavoratori andati in disoccupazione e duemila di questi restano , ad oggi, disoccupati.

Con questo voto il sindaco e la giunta di Empoli si impegnano ad adoperarsi affinché venga rispettato l' art. 6 del CCNL di Federambiente e sia mantenuta un'attenzione privilegiata nei confronti della cooperazione sociale dentro la filiera del lavoro (anche attraverso il ricorso alla legislazione regionale per gli importi di minore entità), oltre a valorizzare adeguatamente l'esperienza maturata sul campo in eventuali future selezioni per assunzione di personale da parte di Publiambiente, al fine di tutelare il più possibile il futuro occupazionale di tutti i lavoratori coinvolti.

Siamo, infine, sorpresi dalla presenza della questura, anche se discreta, al consigilo comunale di lunedì: Il lavoro è un diritto, non un problema di ordine pubblico!

COBAS Empoli-Valdelsa.

martedì 22 dicembre 2009

Reddito contro la crisi

Empoli 22 dicembre
La Comunità in Resistenza di Empoli irrompe nell'assemblea del circondario sulla crisi.

Oggi, 22 dicembre si riunivano i sindaci degli undici comuni che compongono il circondario empolese-valdelsa per discutere della crisi. Gli studenti, i migranti e i precari sono entrati nell'assemblea, che si è svolta nella sala del consiglio comunale di Empoli, al grido “noi la crisi non la paghiamo” ed hanno distribuito un volantino con le loro richieste necessarie per affrontare la crisi e per non farla pagare alle categorie di cittadini più deboli: reddito minimo garantito per tutti e blocco degli sfratti.

Di seguito il volantino distribuito ai presenti:
CHI PERDE IL LAVORO PERDE LA CASA: REDDITO CONTRO LA CRISI!
La crisi economica che ci circonda è un dato di fatto in tutto il mondo e non risparmia il nostro territorio. Ogni giorno la cronaca locale è dominata da notizie di aziende che mettono in cassa integrazione o licenziano direttamente i lavoratori.
Il problema abitativo che sta affliggendo una sempre più larga fascia di popolazione è una delle prime conseguenze di questa crisi.
Da questo punto di vista le ripercussioni sul nostro territorio sono forti e siamo ben lontani dall’intravedere soluzioni.
Le istituzioni e gli enti locali, abituati ad un sistema sociale che si è sempre basato sugli alti livelli occupazionali, si trovano assolutamente impreparate nella gestione della precarietà sociale diffusa, sia per quanto riguarda le leggi e i regolamenti attuali, che per le iniziative e i progetti politici di breve e lungo termine.
Basti pensare ad esempio che né lo stato di disoccupazione o la cassa integrazione, né le morosità conseguenti alla perdita del lavoro, comportano alcun punteggio aggiuntivo nelle graduatorie per gli alloggi popolari.
Che il problema abitativo sia strettamente connesso alla crisi che vive il territorio è un dato incontestabile.
I dati che abbiamo acquisito dal tribunale di Empoli registrano segnali molto preoccupanti: su 232 udienze di sfratto, il 91% (211) sono per morosità; il dato nazionale e regionale è del 78%.
Questo significa un prevedibile e considerevole aumento di famiglie con sfratto entro la fine del 2010.
Se la crisi spinge alla crescita il numero di richieste d’aiuto, paradossalmente le misure prese in questi anni sono andate nella direzione opposta: il fondo affitti su base nazionale ha subito una vistosa riduzione (-69,58% dal 2000 al 2009), mentre le domande di contributo aumentavano in maniera esponenziale.
Il patrimonio abitativo pubblico (alloggi ERP), più che essere incentivato è stato svenduto: 37 mila euro di media per alloggio (dati Publicasa); oggi si vendono cioè in media 4 alloggi per costruirne uno. Teniamo presente che un’indagine SUNIA-CGIL del febbraio 2009 ha evidenziato che il 77,1% delle famiglie italiane ha un reddito annuo di 20.000 euro, cifre che rendono praticamente impossibile il ricorso al mercato privato o il pagamento di una rata di un mutuo.
Nel nostro ultimo dossier Empoli Precaria 2.0 abbiamo evidenziato la pesante mancanza di finanziamenti e programmi per l’Edilizia Residenziale Pubblica e gli inaccettabili meccanismi legati all’Housing Sociale, ennesimo regalo che il “pubblico” fa agli speculatori privati e alla rendita.
Uscire dalla crisi è possibile solo con la presa d’atto di una radicale inversione di tendenza dove è il pubblico a dover tornare protagonista. Il diritto alla casa non è per noi solo uno slogan.
E’ un principio che investe la sfera dei bisogni primari e, in quanto tale, tutelato dalla costituzione e dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.
Disconoscere tutto questo e delegare la “questione abitativa” esclusivamente ai provvedimenti giudiziari è perciò inaccettabile. Lo sfratto, qualsiasi sfratto, non è un fatto privato tra proprietario e inquilino: è un fatto politico, d’urgente e drammatica rilevanza sociale. La questione deve perciò trovare soluzioni adeguate in sede amministrativa e non nelle aule giudiziarie.
Sindaci e Prefetti sono figure con ampie possibilità di intervento nella vita pubblica. Fino ad oggi lo hanno dimostrato firmando i protocolli che limitano le libertà di manifestare, colpendo le libertà democratiche, vorremmo invece che questo impegno cominciassero a rivolgerlo contro gli speculatori, requisendo gli appartamenti e bloccando gli sfratti e la vendita del patrimonio pubblico.
Torniamo a chiedere oggi che sia il circondario a farsi carico delle politiche sociali per tutto il territorio, in modo che i comuni più virtuosi possano aiutare su questo tema quelli con meno possibilità.
Inoltre chiediamo agli amministratori locali di portare in regione la proposta di istituire anche in Toscana il reddito minimo di cittadinanza, come succede in molti (quasi tutti) i paesi europei, e come hanno fatto altre regioni, ultima la regione Lazio.
Un reddito minimo garantito, per tutti e slegato dal lavoro darebbe autonomia, sicurezza e possibilità di vivere una vita dignitosa a migliaia e migliaia di precari, disoccupati e sottopagati che abitano nella nostra regione e vivono sotto il perenne ricatto dell'arrivo a fine mese, del pagamento del mutuo o dell'affitto, del dover accettare lavori rischiosi per la propria sicurezza e salute.
COMUNITA’ in RESISTENZA EMPOLI

lunedì 14 dicembre 2009

Cronaca di un furto annunciato

Lo stupore dei complici. Cgil, Cisl, Uil, Ugl, che hanno fortemente voluto e sostenuto il trasferimento del Tfr ai fondi pensione e lo smantellamanto di fatto dell'istituto del Tfr, oggi sembrano stupirsi dell'uso che il Governo ne intende fare.

Per far quadrare i conti della Finanziaria 2010 da 9,2 miliardi, quel genio della finanza creativa che è il ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, ha pensato bene di ricorrere al prelievo di 3,1 miliardi dal TFR dei lavoratori dipendenti da imprese con oltre 49 addetti, che, pur avendo deciso di lasciare il proprio TFR in azienda, se lo sono visti dirottato in un fondo presso l'INPS a disposizione del Tesoro tramite la Cassa Depositi e Prestiti.

L'opposizione parlamentare (PD, IdV, UDC) ed i sindacati concertativi – Cgil/Cisl/Uil/Ugl – hanno gridato allo scippo dei soldi dei lavoratori (il TFR è salario differito).

Il governo Berlusconi replica perfidamente, affermando che utilizza legittimamente i fondi del TFR, che furono dirottati all'INPS proprio da un provvedimento varato nella Finanziaria 2007 dal governo Prodi; nel contempo garantisce ai lavoratori pensionandi che neanche un centesimo verrà sottratto alle loro liquidazioni.

Epifani controreplica, tirando in ballo Confindustria ai tempi ipercritica verso Il governo Prodi oggi silente nei confronti del governo Berlusconi, che con il governo Prodi il TFR dirottato presso l'INPS poteva servire per investimenti produttivi ed infrastrutturali e non per coprire la spesa corrente, come vuol fare oggi Tremonti.

A qualcuno di bocca buona e che probabilmente aspetta il minimo appiglio possibile verrà da dire che, seppure in ritardo, opposizione parlamentare e sindacati concertativi si sono finalmente svegliati e magari daranno battaglia.

Siamo dolenti di contraddire gli iperfiduciosi, ma le cose non stanno così.

Prima di tutto questo non è uno scippo, ma semplicemente l'indegna conclusione (o forse ci potrebbe essere anche di peggio) di un indecente percorso in cui lo scippo è stato già perpetrato a monte. Ci riferiamo evidentemente al lancio e alla generalizzazione dei Fondi Pensione, con il terrificante codazzo del meccanismo del silenzio/assenso e l'intrappolamento a vita, un vero e proprio ergastolo, del lavoratore che incautamente si era lasciato adescare dal 2007 in avanti iscrivendosi ad un Fondo Pensione.

I massimi sponsorizzatori di tale infame ed antidemocratica campagna sono state proprio, oltre le solite finanziarie e banche, Cgil-Cisl-Uil e la ruota di scorta Ugl.

Il precedente governo Berlusconi (2001 – 2006) tramite l'allora ministro del lavoro Maroni stabilì le regole, il successivo governo Prodi le perfezionò e ne anticipò l'entrata in vigore (dal 2008 al 2007).

Tutte le forze politiche parlamentari hanno appoggiato e appoggiano quello scippo del TFR.

I lavoratori si sono ben difesi, nel senso che la stragrande maggioranza ha rifiutato l'iscrizione ai Fondi e le mancate adesioni sarebbero state ancora più consistenti, se Prodi e Padoa Schioppa, avendo già sentore della crisi in arrivo, non avessero anticipato al 2007 l'entrata in vigore del meccanismo del silenzio/assenso.

Dopo gli scarsi risultati, in termini di iscrizione ai Fondi, allora conseguiti, nel mondo politico-istituzionale si levò qualche voce (per es. Amato) a chiedere almeno la possibilità di fuoriuscita, dopo un congruo periodo dall'adesione iniziale, per chi fosse iscritto ai Fondi; si parlò di rendere più appetibile, con la libertà di uscita, l'iscrizione ai Fondi.

Dai sindacati concertativi, nessun segnale in tale direzione; neanche da parte della “conflittuale” e “difensora della democrazia” FIOM; anzi è proprio il Cometa (fondo di categoria dei metalmeccanici) il Fondo pensione con il maggior numero di iscritti, che appunto sono presenti soprattutto nelle grandi fabbriche, ove le adesioni alla Fiom e al Cometa si sovrappongono. La Fiom non ha mosso un dito neanche nel periodo più acuto della crisi, per consentire la fuoriuscita dai fondi pensione.

Adesso, invece, anche quelle deboli voci che si erano levate per contestare l'ergastolo dei fondi pensione tacciono. Anzi si arriva a nuove provocatorie proposte (in parte già realizzate) come i fondi sanitari integrativi (già presenti nel contratto del commercio) o addirittura circola una proposta di legge per la cassaintegrazione “integrativa”, che sarebbe pagata con fondi gestiti tramite i famigerati Enti Bilaterali da aziende e sindacati concertativi; in più, non l'ultimo arrivato, ma il governatore della Banca d'Italia, Draghi, chiede che siano aumentati i contributi dei lavoratori per i Fondi pensione privati.

Adesso con il prelievo del TFR depositato all'INPS il governo mette in atto un prestito forzoso; è come se, avendo bisogno di soldi, emettesse BOT o CCT, solo che chi li compra lo fa liberamente e percepisce un interesse; sarebbe il caso che i lavoratori, il cui TFR è stato prelevato forzosamente, ne richiedano almeno gli interessi.

Rispetto poi alle lamentele di Epifani (sì all'utilizzo del TFR per investimenti produttivi, no per la copertura delle spese correnti), beh, lasciamo perdere. O meglio no, imponiamogli di non giocare più con i soldi dei lavoratori.

E comunque continuiamo a gridare il nostro NO ai fondi pensione e alla demolizione dello stato sociale.

lunedì 7 dicembre 2009

LIBER* TUTT* LIBERTA' DI MOVIMENTO

Sabato 12 dicembre alle 15.30 piazza San Marco a Firenze, manifestazione regionale.

Appuntamento Empoli ore 14,30 stazione ferroviaria.

Le operazioni di polizia e magistratura delle ultime settimane hanno creato in Toscana un clima di pesante intimidazione nei confronti di quanti sono impegnati nei movimenti in opposizione alle tante devastazioni sociali, sanitarie ed ambientali dei nostri territori e alla precarietà dell' esistenza e del lavoro.

Per il danneggiamento della sede di Casa Pound a Pistoia avvenuta l'11 ottobre 7 compagn* di Livorno, Pistoia e Colle Val'd'Elsa sono in carcere o agli arresti domiciliari, altri 5 denunciat*, senza alcun motivo, dal momento che sono estranei ai fatti e che la loro unica "colpa" e' quella di aver partecipato ad un' assemblea regionale che si svolgeva nel vicino circolo di un comitato di quartiere al momento dell’accaduto.

La polizia entra nel circolo, li trascina in questura e procede. Altri 4 arresti arrivano con il prosieguo delle indagini. Le accuse pesantissime per tutt* "lesioni" "violenza" e, non a caso, "Devastazione e Saccheggio", un’accusa gravissima, punibile con 8-15 anni di carcere. Lo stesso reato contestato ai responsabili della Strage del Vajont di 40 anni fa (3.500 morti e 3 paesi spazzati via) e, con disinvoltura, ai 10 manifestanti condannati per le proteste al G8 di Genova 2001.

A Firenze altre indagini portano all'arresto di un compagno ed alla perquisizione di altri 11. Contro "Mannu" viene addirittura usata l'aggravante di "Terrorismo". Gli altri 11 subiscono perquisizioni alla ricerca di materiale esplosivo ed il prelievo del DNA con l'accusa di "tentata rissa" per aver risposto alla chiamata d'aiuto di una ragazza minacciata da un gruppo di neofascisti nel centro di Firenze.

E' un clima di accanimento giudiziario e poliziesco inaccettabile.

Da anni assistiamo alla volontà di criminalizzare le pratiche dei movimenti sociali, dalle lotte sul territorio a quelle degli studenti, dei lavoratori, dei migranti. Sono centinaia le denunce, i processi e le condanne che tentano di trasformare in problemi di ordine pubblico le occupazioni, i cortei, le tante pratiche di riappropriazione e di solidarietà che quotidianamente i movimenti mettono in campo.

Stiamo sperimentando un clima sociale che alimenta l' insicurezza, fatto di odio, di discriminazione verso tutti i "diversi" possibili, di rottura dei legami sociali per una guerra di tutti contro tutti. Un clima nel quale crescono e si diffondono organizzazioni fasciste e razziste, responsabili di aggressioni ormai quotidiane, nel silenzio complice e spesso con la protezione delle istituzioni e di gran parte delle forze politiche. E’ una situazione voluta da questo come dai precedenti governi. Mentre vengono ridotti i diritti, lo stato sociale, i salari si producono strumenti di disciplina e controllo. A questo servono le leggi razziali del "pacchetto sicurezza" che rendono la vita impossibile per i migranti e a questo servono le tante ordinanze dei sindaci sceriffi delle nostre città che ignorando completamente i bisogni sociali creano il capro espiatorio nei marginali e nei poveri.

E' la politica di poteri che hanno paura, di istituzioni delegittimate da una crisi irreversibile della rappresentanza e che con la paura e il controllo cercano di governare una crisi economica dalle conseguenze sociali devastanti nella quale riprodurre e accentuare lo sfruttamento sempre più selvaggio del lavoro, il saccheggio dei territori, l'espropriazione dei beni comuni.

LA RISPOSTA CHE COME MOVIMENTI DIAMO A QUESTA SITUAZIONE PARLA DI LIBERTA' E DI DIRITTI, DI SOLIDARIETA' E DI UGUAGLIANZA. PARLA DELLA RICCHEZZA DELLE RELAZIONI SOCIALI CHE VIVONO NELLE PRATICHE DI AUTORGANIZZAZIONE, DI AUTOGESTIONE E DI CONFLITTO. Siamo impegnati a sviluppare percorsi di lotta aperti e partecipati, che mettono al centro i bisogni per rovesciare la precarietà della vita che ci viene imposta. La sicurezza che vogliamo conquistare è quella del e sul lavoro, quella del reddito, della casa, della formazione, di cicli produttivi puliti contro le nocività, della libertà di circolazione per sfuggire a guerre e miseria.

Movimenti e realtà di base contrappongono democrazia diretta e partecipazione ad un sistema politico utile solo a garantire privilegi.

E' per questo che fanno paura. E' per questo che contro le lotte si intensifica l'uso dei manganelli, del codice penale, delle operazioni di polizia, delle forme di controllo sociale.

PER TUTTO QUESTO SAREMO IN PIAZZA. PER L'IMMEDIATA LIBERAZIONE DEI COMPAGN* IN ARRESTO.

PER DENUNCIARE UN CLIMA PERSECUTORIO CHE QUESTA REGIONE NON VUOLE E NON TOLLERA.

PER RICORDARE IL 40° DELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA E LE TANTE VITTIME DELLA STRATEGIA DELLA TENSIONE.

SAREMO IN PIAZZA PER COMINCIARE A COSTRUIRE RELAZIONI E RETI CHE DIFENDANO E CONQUISTINO, TRA I TANTI DIRITTI E LIBERTA', UNA LIBERTA' IMPRESCINDIBILE OGGI PIU' CHE MAI: LA LIBERTA' DI MOVIMENTO.

TUTT* IN PIAZZA sabato 12 dicembre alle 15.30 piazza San Marco a Firenze

Libertà di movimento - Liber* tutt*

ASA – Lucca-

Centro di Documentazione di Pistoia

Comitato Antifascista San Lorenzo -Pistoia-

Comitato Pistoiese per la Palestina

Comunita' in resistenza/CSA Intifada - Empoli-

Confederazione COBAS

CSA nEXt Emerson – Firenze-

CUB Pistoia

Dada Viruz Project -Viareggio-

Movimento Antagonista Livornese

Movimento di Lotta per la Casa - Firenze-

Precari Autorganizzati -Pisa-

Progetto Prendo Casa -Pisa-

Spazio Liberato Ex-Breda - Pistoia-

Spazio Antagonista Newroz -Pisa-


IL GUERRIERO PACIFICO E I SERVI ITALIANI

Tutti insieme appassionatamente in Afghanistan

Non sappiamo come l’abbiano presa i cervelloni di Stoccolma, che qualche settimana fa ebbero l’ardire di regalare il Nobel per la pace ad Obama, la notizia che il novello “guerriero pacifico” (sulle orme della dalemiana “guerra umanitaria”) invierà altri 30 mila soldati nell’inferno afgano ad ammazzare e ad essere ammazzati. Immaginiamo però cosa ne debbano pensare quelle centinaia di migliaia di militanti statunitensi che tanto si spesero per l’elezione di Obama, nella ingenua convinzione che il primo “nero” presidente USA magari non avrebbe abbattuto il capitalismo ma almeno avrebbe posto fine alle guerra permanente e globale: e che certo non s’aspettavano che superasse in bellicismo persino Bush, visto che nessuno sano di mente può credere alla sua promessa di un ritiro delle truppe fin dal luglio 2011.

Ma a noi spetta soprattutto segnalare l’ennesimo e plebiscitario atto di super-servilismo non solo del governo ma dell’intero mondo politico-parlamentare italico che, battendo gli altri europei in volata, ha subito garantito ad Obama l’invio di altri 1140 militari in Afghanistan, a poche settimane dalle promesse leghiste di riportare “entro Natale” una parte delle truppe a casa. Dicono i mass-media che Hillary Clinton, altra “guerriera pacifica”, abbia “ reagito con gioia, affermando che l’Italia è un alleato di ferro”, aggiungendo poi che gli USA “contano sull’Italia anche per convincere gli altri alleati NATO, visto che l’Italia ha mostrato un ruolo-guida in Afghanistan”. E a conferma del ruolo super-bellico italico, il ministro della Difesa La Russa, giulivo, ha spiegato che “tutta la zona ovest dell’Afghanistan sarà controllata dagli italiani”. Ampio consenso da parte di tutta la sedicente opposizione parlamentare, PD e IDV in primis. Anzi: da bravo “primo della classe” Piero Fassino, che tanto si lamentò quando non lo volevamo alle manifestazioni no-war, ha criticato le intenzioni del governo di aumentare sì le truppe in Afghanistan ma di diminuire quelle in Bosnia e Kosovo.

Prima che, di fronte a nuovi e inevitabili “lutti nazionali”, ripartano i sempre più insopportabili e iper-ipocriti piagnistei massmediatici, in seguito ad altrettanto scontate morti in combattimento di guerrieri italiani, non sarebbe il caso che il movimento no-war ridesse significativi segni di vita e ricordasse in piazza che la maggioranza degli italiani continua ad essere ostile alla guerra in Afghanistan e altrove?

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

giovedì 3 dicembre 2009

Empoli vs Copenhagen

"Non possiamo risolvere i nostri problemi nello stesso modo in cui li abbiamo causati" A. Einstein
1/12/09. Comunicato stampa
Dal 7 al 18 dicembre 2009 i governi del mondo si riuniranno a Copenhagen per la XV conferenza ONU sul clima (COP15). Il compromesso che si annuncia esclude qualsiasi impegno concreto di riduzione delle emissioni nel medio periodo, sottoscrivendo una generica dichiarazione d’intenti per il 2050 unicamente per evitare il fallimento. La rete globale dei movimenti sociali, le associazioni indigene, contadine e ambientaliste saranno presenti negli stessi giorni per chiedere a gran voce di fermare questa follia.

Perché 350
350.org è una campagna internazionale che ha indicato il limite di 350 parti per milione come soglia di concentrazione di Co2 in atmosfera (ora siamo a 384) che il pianeta terra è in grado di sopportare. A distanza di 15 anni dal “Protocollo di Kyoto”, Copenhagen ospita la stessa conferenza per rinegoziare tale protocollo.

Il 24 Ottobre di quest’anno, la rete dei movimenti e delle associazioni ambientaliste ha lanciato una serie di azioni in centinaia di luoghi simbolici -dal Taj Mahal alla Grande Barriera corallina, dalle piramidi egizie a quella Maya. Anche in Italia sono state numerose le iniziative che hanno portato il numero “350” come simbolo della giornata di protesta per la giustizia climatica (www.350.org).

Ancora una volta le stesse persone che stanno causando la catastrofe climatica ci dicono di avere le soluzioni: commercio delle emissioni, il cosiddetto “carbone pulito”, più energia nucleare, biocarburanti, perfino un nuovo capitalismo verde (”Green New Deal”).

Viene prospettata una borsa dell’inquinamento attraverso l'erogazione di crediti negoziabili come qualunque altro bene e si chiamano tali investimenti “riduzione delle emissioni”. Persino il cambiamento climatico si trasforma in business: realizzare una centrale nucleare in Romania o Iran fa acquistare crediti re-investibili ad esempio, nel non rispetto delle soglie di produzione di Co2 nel paese costruttore.

Il sistema neoliberista e il produttivismo hanno prodotto negli ultimi secoli disuguaglianze sociali, sfruttamento e povertà. Lo sfruttamento intensivo delle risorse del pianeta ha causato la devastazione di immensi territori, e presto queste risorse termineranno. Oggi difendere il pianeta significa difendere l’umanità, significa rendere possibile un futuro a noi, ai nostri figli ai nostri nipoti. Per questo non facciamo alcuna differenza fra la lotta per la giustizia climatica e quella per la giustizia sociale.

Per questo riaffermiamo la nostra contrarietà a chi pensa di imporre nel nostro territorio la costruzione della più importante fabbrica di diossina oggi esistente: l'INCENERITORE. Non riconosciamo alcuna “sostenibilità” ad un impianto in grado di emettere DA SOLO, un quantitativo di diossina annuo pari a quello di 71 milioni di auto in movimento (400 t/g . Fonte medicina democratica). La difesa dei territori passa oggi dalla difesa dei beni comuni, contro ogni forma di privatizzazione e dalle lotte quotidiane per difendere ambiente e condizioni di vita.

Solo le azioni collettive di contrasto che sapremo intraprendere contro le cause sistemiche del cambio climatico ci daranno un futuro migliore, non qualche lampada a basso consumo energetico.

Il futuro può essere riscritto; se non ora, quando?