sabato 27 novembre 2010

per ogni donna umilata e offesa siamo tutte parte lesa

NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

per ogni donna umilata e offesa siamo tutte parte lesa

La Comunità in Resistenza di Empoli ribadisce, ancora una volta, il proprio NO ad ogni forma di violenza nei confronti di tutte le donne, violenza che si esprime in ogni forma, fisica, psicologica, istituzionale, economica..
Vogliamo portare i panni sporchi in piazza e sventolare tutto quello che non siamo più disposte a sopportare.
BASTA bollettini di guerra: ogni giorno donne morte ammazzate perchè si ribellano, perchè vogliono decidere loro stesse come, dove e con chi vivere.
Donne che lottano e resistono quotidianamente nel privato, in famiglia, nei luoghi di lavoro, nei Cie.
BASTA strumentalizzazioni della lotta contro la violenza sulle donne, malamente utilizzata solo in certi casi e solo per convenienza e opportunità, guardando altrove in altre occasioni.
BASTA classificazioni di donne di serie A o di serie B, non ci sono donne violentate che meritano più attenzione di altre, a seconda di interessi partitici, economici, di alleanze o convenienze.
BASTA strumentalizzazioni in campagne di caccia allo straniero, intrise di razzismo e xenofobia, dati sulla violenza di genere dicono chiaramente che l'assassino, lo stupratore, il violento, ha le chiavi di casa.
BASTA col ripetere che chi fa violenza è solo una "mela marcia" oppure un malato, uno psichiatrico incosciente colpito da raptus: sappiamo chiaramente che noi donne siamo violentate, ammazzate, offese e minacciate da uomini che sanno perfettamente ciò che fanno, uomini che rappresentano il prodotto di una società ancora radicalmente patriarcale, dove si appoggia la prevaricazione dell'anello forte su quello più debole..
BASTA con giustificazioni e omertà nei confronti di chi agisce, siano essi mariti, amanti, ex, padri, figli, datori di lavoro, poliziotti o istituzioni.
BASTA con le manganellate in piazza mentre manifestiamo cercando di difendere i nostri territori dall´inquinamento, dalla cementificazione, dallo sfruttamento delle risorse comuni..
BASTA coi centri di identificazione ed espulsione che ci rinchiudono mentre tentiamo di rifarci una vita.
BASTA considerarci solo per adempiere a ruoli riproduttivi, a lavori di cura: non siamo solo mamme e badanti!
BASTA usarci come carne da macello per vendere qualsiasi tipo di prodotto, per pubblicizzare e arricchire imprese e attirare più voti nelle campagne elettorali..
BASTA
con gli ostacoli alle nostre libertà di scelta, non sopportiamo più di non poter decidere sui nostri corpi e di essere aggredite da sostenitori di movimenti pro-life.
Ciò che vogliamo è essere tutelate dalla violenza sul piano sociale, istituzionale, morale, culturale: se non siamo libere tutte non è libera nessuna..
NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE
per ogni donna umilata e offesa siamo tutte parte lesa

Comunicato di solidarietà agli studenti

Nel momento d’inarrestabile diffusione della protesta, con centinaia di migliaia di studenti contro la riforma Gelmini in piazza a Firenze come nel resto d’Italia per la difesa diritto allo studio contro la morte dell’università pubblica, si è inserita la provocazione fascista e razzista al Polo Scientifico di Novoli, con l’evidente complicità del rettore che l’ha autorizzata.
Una vera e propria provocazione di governo, in considerazione della presenza di un suo lugubre esponente come il segretario alla presidenza del consiglio Santanchè accompagnata dal vicesindaco PdL di Milano Corato, anch’egli noto per le sue ripetute esternazioni razziste. Già il titolo dato alla “tavola rotonda” “Comunitari ed extracomunitari padroni a casa nostra?”, conteneva chiaramente l’intento provocatorio di matrice xenofoba.
Alla legittima protesta degli studenti lo Stato autoritario ha risposto con cariche violente, la polizia schierata in assetto antisommossa ha manganellato indifferentemente studenti e rappresentanti dell’ANPI.
E’ la stessa intolleranza verso qualsiasi forma di dissenso sociale, sono gli stessi manganelli che vengono usati contro gli operai di Pomigliano come quelli della Eaton di Massa.
La medesima violenza di Stato contro i dannati delle discariche campane, contro i cittadini dell’Aquila come contro precari e migranti costretti a salire sulle gru e sui tetti del bel paese che nel frattempo si sbriciola, sotto i colpi della crisi e della speculazione.
Ma sia chiaro che in questo devastato panorama sociale non saranno queste meschine provocazioni fasciste e nemmeno i manganelli di Stato a fermare le lotte.

La Confederazione Cobas esprime condivisione politica e totale solidarietà agli studenti fiorentini per i fatti accaduti al Polo Scientifico e mette a disposizione il proprio ufficio legale per qualsiasi necessità.

venerdì 26 novembre 2010

Impugnare i contratti precari è possibile

Il Collegato lavoro permette alle aziende di imporre al singolo lavoratore la rinuncia alla propria tutela rappresentata dalle leggi del lavoro e dai contratti collettivi.

Una volta trascorso il periodo di prova, l'azienda può convocare il lavoratore (mai così debole negli ultimi 50 anni) e fargli sottoscrivere una clausola (detta “compromissoria”) di rinuncia a rivolgersi al giudice per far valere le sue ragioni, nel caso in cui sorgessero controversie con l’azienda (praticamente su tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, meno che sul licenziamento).

Il collegato permette all’azienda di affidare la soluzione delle eventuali controversie solo a un “collegio arbitrale”, la cui composizione e i cui criteri di esame (svincolati dal contratto collettivo e dalle leggi del lavoro) saranno tali da favorire unicamente gli interessi aziendali.

Per impedire tutto questo occorre che entro il 23 Gennaio 2011 , chiunque sospetti la minima irregolarità nei rapporti di lavoro degli ultimi 3 anni (siano essi a tempo determinato, a collaborazione, a partita Iva, a somministrazione) impugni tali contratti.

Considerate le palesi irregolarità della stragrande maggioranza dei contratti di lavoro "atipici", un confronto con il legale può determinare la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e un risarcimento per i mesi non lavorati da 2,5 a 12 mensilità.

Presso lo sportello legale COBAS EMPOLI-VALDELSA & ORDA PRECARIA è possibile una consulenza gratuita che ti permetterà di capire e decidere se fare un eventuale ricorso inviando una lettera raccomandata entro il 23\1\2011 a una o più aziende dove hai lavorato negli ultimi 3 anni. Poi, hai 270 giorni di tempo per preparare con il legale la causa.

Non c’è tempo da perdere, hanno introdotto i 60 giorni (con le vacanze di Natale nel mezzo) passati i quali non sarà più possibile impugnare presso il Giudice i tuoi contratti precari e utilizzare la via giudiziaria per ottenere quel posto di lavoro che il blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione e i licenziamenti nel privato stanno allontanando

Mercoledì 1 Dicembre presso lo sportello sociale, in via 25 aprile n.1 a Ponte A Elsa (Empoli), dalle ore 21,30 ti sarà possibile valutare gratuitamente tutto questo alla presenza di un

giovedì 25 novembre 2010

La Cgil non vuole lo sciopero generale e utilizza i lavoratori per tornare ai tavoli della concertazione

LA PIAZZA DEL 27 NOVEMBRE? UN MODO COME UN'ALTRO PER EVITARE LO SCIOPEROGENERALE!

Dall’estate, ossia da quando Marchionne impose a Pomigliano il modello di schiavitù salariale, operai\e, lavoratori\trici, precari\e e studenti\sse chiedono lo sciopero generale.
Non un rito ma una necessità che la Cgil ha cercato di occultare per mesi anche quando a chiederlo erano decine di migliaia di metalmeccanici (e non) in piazza il 16 Ottobre. Uno sciopero generale che avrebbe rafforzato la lotta intrapresa dai metalmeccanici . Ma nel frattem... Leggi tutto

Libertà per il popolo Kurdo

I cobas Empoli-Valdelsa aderiscono alla marcia organizzata dalla comunità Kurda in toscana. L'appuntamento è sabato 27 alle 8:30 davanti il comune di empoli.

Libertà per il popolo Kurdo.

La Comunità in Resistenza aderisce alla marcia Empoli-Ponsacco organizzata dalla comunità Kurda in Toscana. Il popolo Kurdo lotta da molti anni per la propria indipendenza e per poter sognare un futuro dignitoso e di pace. Negli ultimi tempi la repressioni nei confronti di questo popolo e delle sue forme pacifiche di lotta politica è aumentata, con la ripresa delle operazioni militari e con arresti di massa nei confronti della popolazione civile. Per fare un esempio ricordiamo il processo che in questi giorni in Turchia vede come imputati decine di sindaci ed amministratori delle regioni curde del paese, in carcere da più di un anno e mezzo. Esprimiamo la nostra vicinanza ai fratelli e alle sorelle del Kurdistan che lottano per la pace e la libertà.

La marcia per il riconoscimento del diritto alla dignità e alla pace del popolo Kurdo partirà sabato 27 novembre alle ore 8:30 ad Empoli, di fronte al Comune.

Libertà per i fratelli e le sorelle del Kurdistan!

Comunità in Resistenza


RINVIATO LO SFRATTO

Comunicato stampa 24 Novembre 2010

Oggi pomeriggio il "Picchetto sicurezza" organizzato dallo sportello sociale di Empoli è riuscito ad ottenere la proroga dello sfratto fino al 12 Gennaio 2010. Un rinvio giusto, che darà il tempo alla famiglia di trovare una nuova abitazione, ottenuto ancora una volta grazie alla mobilitazione e alla solidarietà attiva. Il fabbro avrà modo di operare il cambio della serratura soltanto quando la famiglia sarà entrata in un'altra casa.
Ringraziamo tutti quelli che hanno partecipato e chi si è adoperato per la ricerca di una soluzione non violenta al problema dello sfratto. Ringraziamo anche la proprietaria che comprendendo la situazione e la buona volontà della famiglia in difficoltà non si è opposta al rinvio.
Uniche grandi assenti, in tutta la vicenda, continuano ad essere l'amministrazione comunale ed una politica abitativa a Montelupo.

COBAS Empoli-valdelsa
ORDA PRECARIA
Comunità in Resistenza

martedì 23 novembre 2010

UNITI CONTRO GLI SFRATTI

Come avviene per la CACCIA o per i SALDI, si è riaperta anche la stagione sfratti, l'unica differenza è che questa sembra non chiudere mai

Comunicato stampa, 23 Novembre 2010
UNITI CONTRO GLI SFRATTI!
Annunciamo per domani Mercoledì 24 Novembre un "Picchetto Sicurezza" per stare al fianco di una famiglia che a Montelupo rischia lo sfratto. Si tratta della famiglia di Mbarek B. composta da padre madre e due figli piccoli, uno di due anni e l'altro di tre mesi. Convochiamo tutti e tutte, uniti contro gli sfratti e per il diritto alla casa, a Montelupo nel centrale Corso Garibaldi n. 23, con l'obiettivo di rinviare lo sfratto per il tempo necessario a trovare una nuova abitazione e permettere il passaggio da casa a casa evitando inutili traumi.
La famiglia, perfettamente inserita nel tessuto sociale cittadino, da dieci anni vive a Montelupo e Mbarek è anche volontario in alcune associazioni della città, ma si trova oggi come migliaia di altre famiglie italiane a dover fare i conti con una crisi senza precedenti.

La storia è sempre la stessa, si ripete. C'è la crisi. Famiglie che perdono il lavoro, non riescono a trovarne un altro e cominciano ad accumulare affitti non pagati. Automatica arriva la richiesta di sfratto.
C'è la crisi. Però questa crisi, causata da coloro che in maniera spregiudicata hanno giocato, facendo superprofitti, con la finanza, lascia intatte le ricchezze e si accanisce contro chi da sempre riesce a malapena a soddisfare bisogni essenziali come la casa.

Molte sono le case sfitte anche nel nostro territorio. Poi pensi: aumentano gli sfratti per morosità e i proprietari preferiscono tenere le case vuote piuttosto che proporre canoni d'affitto da tempo di crisi? C'è qualcosa che non va.
C'è la crisi. E chi nella giunta del sindaco Mori si dovrebbe occupare di questi problemi? Forse l'assessorato alla casa ci viene da pensare, insieme ai servizi sociali. Invece agli incontri con le istituzioni capita che ci sentiamo dire "ho visto un cartello affittasi in Empoli". Questa è la politica abitativa del comune, lo denunciamo da tempo, delegare ai privati una questione sociale così importante come quella abitativa, strettamente legata al diritto ad una vita dignitosa.
I privati fanno ovviamente quello che vogliono, ma se succede che una famiglia oltre a subire la crisi, subire uno sfratto, si trova anche di fronte all'impossibilità di trovare qualcuno che gli affitti una casa? Magari perché non si affitta a stranieri?
Veramente, qualcosa non va!

Mbarek e la sua famiglia purtroppo rientrano nella statistica di chi a un certo punto, dopo otto anni di canone pagato regolarmente, non ha più potuto permettersi l'affitto.
Ma Mbarek, come tutti gli altri, non è un dato statistico. È una persona con la sua storia e la sua vita, i suoi sogni, i suoi diritti.

Il comune dice che "se la famiglia trova una casa" stanzierà un certo budget per il contratto, bene la famiglia la sta cercando disperatamente una casa nel mercato privato, ma siccome il budget è limitato, non possiamo permettere una permanenza in una struttura a 60 euro al giorno. Su questo conveniamo tutti, comune compreso: in pochi giorni se ne andrebbero tutti i fondi a disposizione e addio nuovo contratto. Per questo chiediamo a proprietà e ufficiale giudiziario di capire la situazione e prorogare i termini dello sfratto del tempo necessario. Per questo invitiamo il comune ancora una volta a mettere in campo delle politiche sociali adeguate al tempo della crisi.
Domani saremo tutte e tutti a Montelupo per rinviare questo ennesimo sfratto!

UNITI CONTRO LA CRISI, UNITI CONTRO GLI SFRATTI!

COBAS Empoli-valdelsa
ORDA PRECARIA
COMUNITA' IN RESISTENZA

sabato 20 novembre 2010

Enzino, un compagno con un grande cuore

L'appuntamento per dare il nostro saluto ad Enzo è per oggi, sabato in piazza farinata degli uberti (dei leoni) alle ore 14.30.

giovedì 18 novembre 2010

Ci ha lasciato il compagno Enzo Bargellini


Ciao Enzino, compagno di tante battaglie.

lunedì 15 novembre 2010

Manifestazione nazionale 20 novembre a L’Aquila


Sono passati quasi due anni dal terremoto e qui a L’ Aquila va sempre peggio, per questo abbiamo deciso di tornare ancora una volta in piazza. Lo faremo il 20 novembre, invitando i movimenti a partecipare e a farsi carico di una situazione drammatica. Sulla nostra pelle si è fatto e si sta facendo di tutto, la nostra città sta morendo, tra il disinteresse generale: vi invitiamo a stare un giorno con noi, per capire, per lottare.

Oggi L’Aquila è una città fantasma, svuotata, senza più abitanti, dove si sopravvive senza diritti, senza lavoro, senza casa, con una crisi economica e sociale che colpisce sempre più persone. Ma la crisi di questa città è la crisi di un intero sistema e quanto viviamo noi è un modello che rischia di riproporsi, in dimensioni e modalità ancora più drammatiche. Manifestare a L’Aquila non significa solo essere a fianco di circa centomila persone. Significa soprattutto capire che le catastrofi oggi rappresentano sia la nuova frontiera dell’arricchimento, sia la forma di governabilità, il modello con il quale imporre l’ordine attraverso lo stato di emergenza.

Il terremoto ha rappresentato il varco oltre il quale ciò che prima non era politicamente conveniente è diventato condivisibile, “necessario”. Si sta distruggendo un territorio e si sta riducendo una città ad un’unica strada, ad un centro commerciale, ad una serie di dormitori, ad una miriade di baracche. Contemporaneamente ci vengono rubati i diritti: prima del terremoto nessun@ avrebbe accettato la limitazione delle proprie scelte, persino nell’agire quotidiano, nessun@ avrebbe accettato di essere trattato non più come un cittadino ma come un mendicante costretto a ringraziare. Nessun@ avrebbe accettato di essere licenziato dall’oggi al domani, di perdere la propria attività lavorativa, di vivere tra transenne, cancelli, colonne di mezzi militari e divise di ogni genere. Nessun@ avrebbe tollerato che i morti, i crolli, le difficoltà, la miseria, diventassero oggetto di speculazione per le grandi imprese o di propaganda per i politicanti. Questo è il vero volto del “miracolo” aquilano: un disastro! Si sono serviti di operazioni ciniche e violente: la militarizzazione del territorio, i sistemi di controllo, i campi, la sovraesposizione del G8, la Protezione Civile, i commissariamenti, le menzogne, il buonismo, la creazione di falsi nemici e di falsi miti. Vogliono produrre una società priva di ogni capacità critica, decisionale, resistenziale, frantumata in tante microscopiche nicchie; una società che rinunci alla propria dignità in cambio di quattro baracche con il televisore al plasma. E vogliono un territorio ridotto a merce.

E’ quanto sta accadendo qui, in quella che era una tranquilla cittadina di provincia, è quanto potrebbe accadere ovunque!

Epicentro Solidale

E' in gioco Il nostro diritto alla salute fisica e mentale

Il nostro diritto alla salute fisica e mentale,
la nostra dignità e il nostro legittimo orgoglio:
è su questo che dobbiamo resistere all’attacco dei padroni

È decisamente grave il cambiamento in peggio che dal 2 novembre ha subìto, soprattutto nel lavoro in linea, la condizione operaia in Magna, dopo che l’azienda e Fim-Fiom-Uilm (viva l’unità sindacale!) si sono accordate per il taglio di 5 minuti della pausa mensa e per la prosecuzione della produzione nei 5 minuti di fine turno.
40 ore di lavoro in linea in più all’anno e questo in piena cassa integrazione: tutto gratis, naturalmente, e senza nemmeno dirci “grazie!”.

La mensa è diventata un’autentica corsa contro il tempo: devi usare i servizi igienici, rifornirti del cibo, consumarlo, prendere un caffè, fumare una sigaretta, riposizionarti alla catena: il tutto in 30 minuti!
Quanto alla fine turno, l’accordo ci costringe a uscire di fabbrica, magari correndo (alé!), 5 minuti più tardi rispetto a prima del 2 novembre.

Altro che gastriti, coliti e mal di testa, che -come si sa- sono malesseri spesso provocati da cause nervose, da stress mentale, dall’ansia e dall’intensità dei ritmi con cui si è costretti ad agire: un peggioramento, insomma, della condizione che subiamo in 7 ore di produzione ripetitivamente asfissiante!
A essere colpito non è solo il nostro corpo o la nostra mente, è anche la nostra dignità, il nostro legittimo orgoglio.

Tra l’altro, con risultati che, per quanto riguarda la fine turno, non pare che siano granché, dato che al momento del cambio la produzione inizia praticamente con 5 minuti di ritardo rispetto a prima.
Ma tant’è: per il padrone ciò che conta è assoggettarci al suo comando, farci subire di tutto di più, farci abbassare la testa.

In questa situazione, che si presenta come il lasciapassare verso altre decisioni aziendali e altri accordi sindacali per ulteriori riduzioni delle pause o per riorganizzazioni produttive o per misure di flessibilizzazione dell’orario, noi diciamo con forza che:
- non ci stiamo;
- diffidiamo chiunque dal fare nuovi accordi peggiorativi della nostra condizione;
- non ci faremo ingannare dalla falsa democrazia del voto imposto sotto la minaccia del trasferimento della produzione in Polonia, com’è successo a maggio, quando -tra l’altro- a votare per il SÌ furono soprattutto lavoratori non di linea, in particolare impiegati;
- troveremo la forza e l’unità per intraprendere scioperi leggeri per noi e pesanti per la produzione, per impedire che si continui a fare il tiro al bersaglio sulla nostra pelle e per rimettere tutto in discussione, anche l’accordo che ora stiamo subendo.

COBAS MAGNA - GUASTICCE - COLLESALVETTI (LI)
COBAS LAVORO PRIVATO
(comparto metalmeccanici)

I lavoratori devono essere retribuiti anche per il tempo necessario ad indossare la divisa di lavoro

 I lavoratori devono essere retribuiti anche per il tempo necessario ad
indossare la divisa di lavoro
Cassazione Sezione Lavoro n. 19358 del 10 settembre 2010, Pres.
Roselli, Rel. Di Nubila

Lavoro subordinato - retribuzione - orario di lavoro effettivo

La Suprema Corte con la suddetta sentenza ha richiamando la sua
sentenza n. 19279 del 2006 secondo cui "Ai fini di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno,occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica: in particolare, ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita, mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione,rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito."

La Corte ha anche richiamato la sua sentenza n. 15492/2009 secondo cui: "L'art. 5 del contratto collettivo nazionale per il lavoratori delle industrie meccaniche private in data 8 giugno 1999 e del contratto collettivo nazionale delle aziende meccaniche pubbliche aderenti all'Intersind, nella parte in cui prevede che "sono considerate ore di lavoro quelle di effettiva prestazione", deve essere interpretato nel senso che siano da ricomprendere nelle ore di lavoro effettivo, come tali da retribuire, anche le attività preparatorie o successive allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché etero dirette dal datore di lavoro, fra le quali deve ricomprendersi anche il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale, qualora il datore di lavoro ne disciplini il tempo ed il luogo di esecuzione. Né può ritenersi incompatibile con tale interpretazione la disposizione contenuta nell'art. 5 citato secondo la quale "le ore di lavoro sono contate con l'orologio dello stabilimento o reparto", posto che tale clausola non ha una funzione prescrittiva, ma ha natura meramente ordinaria e regolativa, ed è destinata a cedere a fronte dell'eventuale ricomprensione nell'orario di lavoro di operazioni preparatorie e/o integrative della prestazione lavorativa che siano, rispettivamente, anteriori o posteriori alla timbratura dell'orologio marcatempo".

La giurisprudenza sopra citata - ha osservato la Corte - conferma che nel rapporto di lavoro deve distinguersi una fase finale, che soddisfa direttamente l'interesse del datore di lavoro, ed una fase preparatoria, relativa a prestazioni od attività accessorie e strumentali, da eseguire nell'ambito della disciplina d'impresa (art. 2104 secondo comma Codice Civile) ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria. Di conseguenza al tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro (tempo estraneo a quello destinato alla prestazione lavorativa finale) deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva.

Divieto di sottoporre i lavoratore a due procedure disciplinari per lo stesso fatto
Cassazione Sezione Lavoro n. 21760 del 22 ottobre 2010

Lavoro subordinato - procedimento disciplinare - divieto di reitazione della procedura per lo stesso fatto

Il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare una seconda volta, per gli stessi fatti, il detto potere, ormai consumato. Gli è consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva, nonché dei fatti non tempestivamente contestati o contestati ma non sanzionati - ove siano stati unificati con quelli ritualmente contestati - ai fini della globale valutazione, anche sotto il profilo psicologico, del comportamento del lavoratore e della gravità degli specifici episodi addebitati.

giovedì 11 novembre 2010

SIAMO TUTT@ SULLA GRU!

Esprimiamo tutta la nostra solidarietà e vicinanza ai migranti che da più di dieci giorni sono saliti sulla gru di Brescia per vedere riconosciuti la propria dignità e i propri diritti, e per denunciare la truffa che il governo e il ministero degli interni stanno attuando nei confronti di migliaia di cittadini migranti dell'intero Paese.
Intanto spieghiamo cosa è successo e cosa stanno denunciando queste persone: la questione, se non banale, è tanto semplice che perfino Minzolini riuscirebbe a dirlo, se solo lo volesse.
Nel settembre 2009 a Brescia come in tutta Italia migliaia di immigrati hanno fatto domanda di regolarizzazione attraverso la sanatoria colf e badanti, la prima e la sola che il governo abbia aperto da tantissimo tempo. Oggi, dopo più di un anno, delle 11.300 richieste di permesso di soggiorno presentate a Brescia oltre mille sono state respinte dalla questura, e altre 4 mila rischiano di fare la stessa fine.
Questo soprattutto perché molte fra le persone che hanno fatto la domanda di sanatoria, negli anni precedenti, pur non avendo commesso alcun reato, avevano subito una denuncia per clandestinità in seguito ad un normale controllo di polizia dal quale erano risultati privi di permesso di soggiorno.
Al momento della presentazione delle domande il ministero degli interni aveva comunicato che tale condanna non impediva di regolarizzarsi, e questo è logico visto che ovviamente si regolarizza chi è in uno stato di irregolarità. Ma poi, mesi dopo (marzo 2010), lo stesso ministero attraverso una direttiva del capo della polizia Manganelli ha ordinato a questure e prefetture di respingere le domande di chi aveva condanne anche solo per clandestinità.
Dunque la sanatoria serve per regolarizzare gli irregolari che ne hanno diritto, ma gli stessi se erano stati trovati precedentemente in condizione di irregolarità, non possono essere regolarizzati! Benvenuti in Italia 2010!
Oltre al danno qui si deve registrare anche il furto, presentare la domanda infatti è stato per i (200 mila) richiedenti molto costoso, almeno 500 euro ciascuno, con un introito per le casse dello stato di circa 100 milioni di euro. Il cambio delle regole è avvenuto a domande già presentate, quindi è evidente la truffa fatta dal governo ai danni delle categorie più deboli e non garantite, gli irregolari.
Come sempre autoritari con i deboli e anche un po’ cialtroni.
Il vice sindaco di Brescia più o meno ha detto così: lasciateli senza cibo alla fine vedrete che scenderanno. Disprezzo per le persone, per le loro vite per il loro dolore concreto e reale. Forse perché si pensa che il loro grado di appartenenza alla specie umana sia non adeguato, non consono, non sufficiente. Vite a perdere. Finché i migranti si utilizzano come forza lavoro, magari in nero, è conveniente. Poi quando chiedono il riconoscimento dei loro diritti diventano dei soggetti pericolosi da allontanare.
I sei migranti di Brescia chiedono di incontrare il ministro Maroni, chiedono che uno spazio del diritto si apra per loro. Che il ministro vada li, ascolti, si renda conto dei problemi, li risolva, per quanto è nelle sue mani. Chiedono troppo?
Noi chiediamo che le istituzioni e i poteri della Repubblica facciano il loro dovere e funzionino per risolvere i problemi secondo lo spirito della Costituzione invece di ridurre una vicenda come questa a un problema di ordine pubblico e mandare la polizia a sgombrare i presidi di solidarietà. Ci uniamo inoltre a chi chiede l'immediata rimozione del vicequestore di Brescia Emanuele Ricifari, responsabile delle cariche contro persone inermi e pacifiche (su youtube si può vederlo mentre ordina cariche contro persone assolutamente innocue).
Sabato 13 Novembre invitiamo a partecipare alla manifestazione che si terrà a Bologna dalle ore 14.30 in Piazza XX Settembre, contro il razzismo, per i diritti dei migranti, per i diritti di tutti noi.

Comunità in Resistenza, Empoli


Video in cui il vicequestore Emanuele Ricifari ordina le cariche: clicca qui

Solidarietà ai lavoratori licenziati dalla CGIL

Roma (Sede della Cgil) – Presidio di protesta

Giovedi’ 11 novembre 2010 a partire dalle ore 10.00, davanti alla sede della Cgil nazionale (C.so d’Italia) si è svolto un presidio di protesta e una conferenza stampa promossa dal comitato dei precari e dei licenziati dalla Cgil.
Tutti gli organi di informazione che hanno a cuore la dignita’ del lavoro e la tutela dei diritti, sono stati invitati a partecipare.
Sono trascorsi oltre 5 mesi da quando il 16° congresso della Cgil ha approvato l’ordine del giorno che avrebbe dovuto ridare speranza e dignita’ ai lavoratori e alle lavoratrici licenziati dalla Cgil.

”Purtroppo, nonostante gli impegni formalmente assunti dalla segreteria nazionale nella persona del responsabile di organizzazione Enrico Panini, ad oggi, nulla di concreto si e’ realizzato. L’elezione del nuovo segretario generale della Cgil Susanna Camusso, ci induce
a promuovere UN PRESIDIO DI PROTESTA che faccia il punto della situazione e nel contempo induca il nuovo segretario generale a dare concreta attuazione a quanto a suo tempo deciso in sede congressuale”.

(dal Comunicato stampa comitato dei precari e dei licenziati dalla Cgil)

Firenze, 15 novembre. convegno 'per lo sviluppo di una mobilita’ pubblica e sostenibile'

Lunedì 15 novembre – Firenze, Palazzo Dei Congressi Piazza Adua - Ore 11,00

Firenze – mercoledì, 10 novembre 2010 L’Unione Sindacale di Base Lavoro Privato ed i Cobas del lavoro Privato organizzano il convegno “Per lo sviluppo di una mobilità sostenibile”, che si terrà al palazzo dei Congressi di Firenze lunedì 15 novembre, a partire dalle ore 11.00.

Al centro del dibattito, l’urgenza di politiche mirate allo sviluppo del trasporto pubblico che siano in grado di fornire una reale risposta a tre priorità: la riduzione di scorte petrolifere; l’aumento dell’inquinamento ambientale; un forte impulso all’occupazione.

Sin dai primi anni Novanta il nostro paese è andato invece verso la progressiva riduzione degli investimenti destinati al trasporto pubblico. L’ultima manovra estiva e la finanziaria in discussione al Parlamento apportano ulteriori drastici tagli, con pesanti ricadute sui livelli occupazionali e la qualità dei servizi, contro i quali USB e Cobas Lavoro Privato hanno proclamato lo sciopero nazionale del trasporto pubblico locale il prossimo 10 dicembre.

Intervengono:

Maurizio Da Re - Ambientalista

Ignazio De Rosa – USB Attività Marittime

Gianfranco De Benedictis - USB Lavoro Privato, Trasporto Pubblico locale

Paolo Maras - USB Trasporto Aereo

Alessandro Nannini - Cobas del Lavoro Privato, Trasporto Pubblico locale

Mirco Rossi - Divulgatore scientifico ASPO

Roberto Testa - RLS Attività Ferroviarie

Cobas Lavoro Privato - Unione Sindacale di Base Lavoro Privato

martedì 9 novembre 2010

TENIAMO APERTO IL MUSEO DI VIA TASSO A ROMA

VOGLIONO CHIUDERE " VIA TASSO"

IL MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE IN ROMA PRESSO VIA TASSO STA DEFINITIVAMENTE CHIUDENDO. IERI 7 NOV. 2010 E' STATO UFFICIALIZZATO DAL PRESIDENTE DEL MUSEO MEDESIMO.
E' UN AFFRONTO ALLA CITTA' DI ROMA, AI SUOI MORTI, A CHI HA RESISTITO A TUTTI COLORO CHE ANCORA SOFFRONO DOPO DECENNI PER LA BARBARIE SUBITA DA FAMIGLIARI.

LA' SONO SCOLPITE CON LE UNGHIE E I MANICI DI CUCCHIAI NELLE PARETI LE ULTIME GRIDA STRAZIANTI DI CHI FU SEVIZIATO E TORTURATO,POI UCCISO .

LA' VI SONO I DOCUMENTI "VIVI", LA' E' LA NOSTRA MEMORIA : PER POCHI MISERI EURO LO STATO E LE AMMINISTRAZIONI LOCALI NON HANNO VLOUTO ACQUISIRE I LOCALI DI UN MUSEO CHE TUTTO IL MONDO CONOSCE E VISITA . UN'ALTRA VERGOGNA ITALIANA!

TENIAMOLO APERTO NOI!

DI SEGUITO LE COORDINATE PER LE SOTTOSCRIZIONI.

E SOLLECITARE CON IL PASSA PAROLA QUESTA AZIONE DI RISPETTO , MEMORIA E DIGNITA'.

IL MUSEO HA UN WEBSITE DOVE CI SONO LE INFORMAZIONI E LO STATO DELL'ARTE.

http://www.viatasso.eu/novita_news.asp?SECTION=novita

inviare un ccp 51520005 Intestato a: Museo storico della Liberazione, via Tasso 145 – 00185 Roma Causale: CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA'

sabato 6 novembre 2010

Siamo tutti sulla gru

Sabato 30 ottobre la Questura, la Prefettura e soprattutto il Comune di Brescia hanno tentato di imporre con la forza militare la fine della lotta dei migranti che vogliono liberarsi dalla clandestinità. Prima hanno vietato una pacifica manifestazione dimigranti e antirazzisti, usando come pretesto la concomitanza con l’adunata degli alpini che in realtà si svolgeva in tutt’altra zona del centro storico. Poi hanno ordinato a polizia e carabinieri di manganellare in via San Faustino gli oltre mille manifestanti che si erano radunati nonostante numerosi reparti delle forze dell’ordine da ore stessero ostacolando o impedendo, soprattutto ai migranti, l’accesso al luogo di ritrovo per il corteo. La violenza di polizia in via San Faustino è costata forti contusioni a numerosi manifestanti, uno dei quali è stato addirittura arrestato. Contemporaneamente, approfittando delle cariche di polizia in corso nel centro storico, il vicesindaco Rolfi ha inviato le ruspe a distruggere le strutture del presidio permanente per i permessi di soggiorno, in quel momento incustodito, nei pressi della Prefettura in via lupi di Toscana. Il presidio era in corso da più di un mese senza che fosse ancora stata data una risposta.
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Lo spot sulla sicurezza

Da un po’ di tempo stiamo assistendo alla messa in onda in televisione di uno spot sulla sicurezza nei luoghi di lavoro patrocinato e creato dal nostro governo.
Con una faccia tosta incredibile ed un’ ipocrisia senza limiti, si esortano i lavoratori a fare maggior attenzione mentre lavorano, in modo da poter tornare a casa sani e salvi perché in questo modo dimostrano di voler bene a se stessi e ai propri cari.

Si dice in questo spot che la “sicurezza sul lavoro la pretende chi si vuole bene” come se i lavoratori fossero gli unici responsabili dei propri infortuni, delle proprie morti e delle malattie professionali, perché non pretendono controlli, applicazioni delle procedure e degli standard di sicurezza. Non una sola parola in questi spot per esortare anche i datori di lavoro “a voler bene ai propri operai” !!!

QUESTO SPOT VA RITIRATO IMMEDIATAMENTE PERCHE’ OFFENDE TUTTE LE VITTIME DEL LAVORO E LE LORO FAMIGLIE !!!

Questo spot non accenna minimamente al fatto che oggi i lavoratori sono sempre più ricattabili e non hanno la possibilità di scegliere: per vivere sono costretti ad accettare un lavoro nero, un lavoro precario o un lavoro a tempo determinato. Impossibile o difficilissimo per chi è in queste condizioni rivendicare l’ applicazione delle leggi sulla salute e sicurezza sul lavoro.

E non basta, perché anche i lavoratori “più fortunati” che hanno un contratto a tempo indeterminato sono costretti ad accettare condizioni di lavoro inaccettabili che vanno dalla esposizione a sostanze tossiche e cancerogene, fino all’ aumento dell’ intensità del lavoro come è successo a Pomigliano.
Togliere o monetizzare le pause è un modo “sicuro” per aumentare gli infortuni e le malattie professionali, in altri termini per uccidere.

Offende le decine di migliaia di vittime dell’ amianto, vittime della vergognosa ingordigia di tanti imprenditori che erano perfettamente a conoscenza della pericolosità di quel minerale eppure hanno taciuto e ora sulla loro coscienza pesa il numero dei morti. Recentemente il Senato della Repubblica ha approvato un progetto di legge che equipara le vittime dell’ amianto sulle navi militari alle “vittime del dovere”, liberando i datori di lavoro (in questo caso gli ammiragli) da ogni responsabilità.

Per ridurre gli incidenti sul lavoro non servono spot, bisogna applicare una normativa che invece questo governo in tutti i modi sta cercando di smantellare.
Questo governo ha depenalizzato e ha ridotto le sanzioni agli imprenditori colpevoli di infortuni o morti per e sul lavoro.
Ha reso più difficili i controlli già difficoltosi per via della carenza paurosa di personale tecnico che non viene incrementato, inoltre il ministro Tremonti ha dichiarato che “la sicurezza sul lavoro è un lusso che non possiamo più permetterci.”

I famigliari delle vittime chiedono rispetto, chiedono che vengano immediatamente sospesi questi vergognosi spot finanziati con i denari pubblici, denari che provengono anche dalle tasche delle vittime del lavoro.

ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO
Paderno Dugnano

Aggiornamento sentenza

Stamane la sentenza d'appello ha riconosciuto le attenuanti,che non erano state concesse in primo grado, e pertanto il reato di resistenza è andato in prescrizione.
Continuiamo a pensare che manifestare contro la guerra non sia reato, così come il subire una
immotivata carica da parte delle forze dell'ordine.
In ogni caso l'importante è che per i 13 imputati è finito un incubo!

Grazie per l'adesione all'appello, che ha raggiunto le duemila firme, ed è stato
portato in aula dagli avvocati difensori.

Il Comitato 13 maggio 1999

lunedì 1 novembre 2010

STORIE DI ORDINARIA INGIUSTIZIA

Il 13 maggio 1999 (Governo D'Alema) il sindacali­smo di base, da solo, chiamava i lavoratori a scioperare per opporsi alla guerra della NATO contro quella che fu la Repubblica Yugoslava.
Una guerra illegale che violava lo Statuto dell'ONU e la Costituzione Italiana, fatta non per le ragioni “umanitarie” sbandierate all'epoca dalla propaganda governativa, e che per la prima volta dal 1945, tragicamente, riportava il con­flitto sul territorio europeo.
Una guerra non ancora conclusa tanto che migliaia di soldati NATO stazionano ancora oggi in Bosnia, in Kosovo, in Croazia, in Macedonia.
Alla fine della manifestazione svoltasi a Firenze, davanti al consolato america­no, la polizia e i carabinieri caricavano violentemente i lavoratori provocando feriti e una scia di disordini.
Immagini video (mostrate anche da “striscia la notizia” e che sono visionabili su youtube.com, ad esempio: http://www.youtube.com/watch?v=oyIC4zsYFeg) do­cumentarono della violenza e della volontà di reprimere chi aveva osato criti­care un’alleanza inedita perché erano insieme, sia pure con ruoli diversi, d'a­lema, fini, casini e berlusconi.
Il 29 gennaio 2008, dopo quasi 10 anni dai fatti, il tribunale di Firen­ze, con una sentenza incredibile, condannava 13 manifestanti addi­rittura a 7 anni per “resistenza pluriaggravata”.
VIETATO PROTESTARE – VIETATO CONTESTARE
una anticipazione delle politiche repressive e di becera criminalizzazione che oggi caratterizzano l'azione delle cricche al potere contro ogni protesta sociale sia degli operai che degli studenti, contro ogni contestazione agli interessi di quei pochi privilegiati che stanno sempre più invischiando il Paese in costose avventure militari con la loro scia di lutti e tragedie.
In questa Italia le varie caste politiche ed economiche rubano e deva­stano, violano la Costituzione e il diritto internazionale, sfruttano e schiavizzano, cancellano diritti primari come sanità e istruzione e tut­to in una completa impunità, i 13 lavoratori condannati a 7 anni per aver manifestato contro la guerra, si troveranno il 5 novembre 2010 nuovamente in tribunale dove è fissata l'udienza di secondo grado che dovrà esaminare il ricorso presentato dalla difesa degli imputati.
DIRE BASTA è TROPPO POCO !!!
La Confederazione cobas di Firenze e usi Firenze esprimono la propria solidarietà ai lavoratori CONDANNATI, denunciano una repressione che schiaccia ogni spazio democratico e invita i lavoratori a partecipare alle iniziative di solidarietà che si svolgeranno in città.
Firenze 31/10/2010 Confederazione Cobas Firenze/ Usi Firenze