In tutto il mondo, a Febbraio e Marzo si tiene l’iniziativa della
Settimana contro l’Apartheid. Chiedendo di aderire al boicottaggio
dell'Apartheid israeliano. Domani il via in Palestina, anche a Gaza
ancora sotto le bombe.
IKA DANO
Beit Sahour (Cisigiordania), 12 Marzo 2012, Nena News – Inizia oggi in Palestina l’ottava edizione della Settimana contro l’Apartheid israeliano.
Con attività in tutte le città della Cisgiordania, organizzazioni della
società civile e coordinamenti popolari mirano a sensibilizzare
l’opinione pubblica locale ed internazionale sulle discriminazioni
strutturali perpetrate dallo Stato di Israele. Chiedendo al mondo di
unirsi al movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Negli
ultimi anni, la risposta internazionale all’iniziativa è stata in
costante crescita. Nel 2011, 97 le città che hanno aderito in tutto il
mondo, quest’anno sono 109. E anche Gaza, nonostante i bombardamenti,
partecipa per la terza volta.
Il concetto di Apartheid è entrato nel diritto internazionale con la
convenzione ONU del 1973 – con i voti contrari di Portogallo, Sudafrica,
Gran Bretagna e Stati Uniti in Assemblea Generale. La convenzione
mirava alla condanna dell’apartheid sudafricano, adottando però una
definizione applicabile anche ad altri contesti. “Il termine ‘crimine di
apartheid’, – si legge nell’articolo 2 – “designa gli atti disumani,
commessi in vista di istituire e di mantenere la dominazione di un
gruppo razziale di esseri umani su un qualsiasi altro gruppo razziale di
essere umani e di opprimere sistematicamente quest’ultimo”.
Molteplici gli studi legali sulla natura dell’Apartheid israeliano,
definito tale in virtù della violazione del diritto alla nazionalità,
alla libertà di movimento e alla residenza dei Palestinesi, negati al
fine “di stabilire e mantenere la dominazione di un gruppo su di un
altro” – scrive il ricercatore Hazem Jamjoum sulla rivista Al Majdal –
trattandosi nel caso di Israele del “popolo ebraico definito come tale
dalla legge israeliana, posto al di sopra dei “Non-Ebrei”, esclusi dallo
stesso statuto legale e politico”.
La condanna dello Stato di Israele che “assoggetta i Palestinesi ad
un regime istituzionalizzato di dominazione equivalente all’apartheid
come definito dal diritto internazionale” è arrivata lo scorso novembre
dal Russell Tribunal sulla Palestina, istituito dalla società civile in
seguito alle mancata implementazione di sanzioni per la costruzione del
Muro di Separazione, dichiarato illegale dalla Corte Internazionale di
Giustizia nel 2004. Nella giuria, esperti legali di fama internazionale
quali l’avvocato britannico Michael Mensfield e il professore di diritto
internazionale John Dugard.
I paralleli tra il regime sudafricano e quello israeliano vengono
riconosciuti nella natura coloniale dello Stato, nella creazione di
cosidetti bantustans – aree circoscritte in cui confinare la
popolazione “indesiderata” perchè non “eletta” – e nell’idea della
necessità di supremazia “razziale”, che nel caso israeliano si traduce
in pratiche di espulsione della popolazione palestinese, rincorrendo il
sogno sionista “della terra senza popolo per un popolo senza terra”. E a
testimoniare le similitudini tra l’Apartheid sudafricano e quello
israeliano, si richiama spesso la voce dell’attivista e arcivescovo
sudafricano Desmond Tutu che, invitato lo scorso anno alla conferenza
dell’organizzazione Sabeel a Betlemme, ha dichiarato “qui [in Palestina]
ho visto cose che non si sono viste neppure nell’Apartheid sudafricana,
un livello di punizione collettiva che da noi non c`era”.
Diversi gli sforzi delle organizzazioni impegnate nella Settimana
contro l’Apartheid di mettere l’accento sulla definizione legale e sulle
similitudini con le politiche razziste di Pretoria, contro cui il mondo
intero – seppur dopo anni – è stato disposto a solidarizzare. Tra le
attività in Cisgiordania, la proiezione del documentario “Roadmap to
Apartheid”- un paragone tra Sudafrica e Palestina, e dibattiti sul
coordinamento del movimento anti-Apartheid. A Gaza – ancora sotto i
bombardamenti - sono previste discussioni sull’importanza della
Primavera Araba per la Palestina, il significato dell’esilio nella
narrativa palestinese e il ruolo del BDS nel mondo arabo.
A livello mondiale, numerose le iniziative sull’importanza del
movimento di boicottaggio come mezzo di resistenza pacifica, che propio
nel caso del Sudafrica, aveva dimostrato la sua efficacia. Da Montréal a
Glasgow, da Lublijana a Pisa, workshops e incontri per rispondere alla
chiamata di oltre 170 organizzazioni della società civile palestinese,
che all’immobilità della comunità internazionale nel 2005 ha risposto
con un appello alla società civile di tutto il mondo ad unirsi al
boicottaggio.
Chiari gli obiettivi: uguaglianza dei palestinesi cittadini
israeliani, fine dell’Occupazione e della colonizzazione della
Cisgiordania, di Gaza, delle Alture del Golan e di Gerusalemme Est,
smantellamento del Muro e diritto al ritorno dei sei milioni di
rifugiati palestinesi come stipulato dalla risoluzione ONU 194.
Grande assente europea della Settimana contro l’Apartheid, la
Germania, dove la critica alle politiche israeliane viene bersagliata
con molta facilità come antisemitismo. Ma al riparo da critiche non si è
neppure altrove. Dal Canada, dove la risonanza dell’iniziativa nelle
università è forte, echeggia il ministro dell’immigrazione Kennedy
“Questa settimana non è altro che un sbilanciato tentativo di dipingere
Israele e i suoi sostenitori come razzisti”. “Chiedo ai Canadesi di
rifiutare l’antisemitismo – ha continuato – e tutte le forme di
razzismo, discriminazione e intolleranza”.
Intanto, Israele si mobilita per contrastare un’iniziativa che
evidentemente desta timori: il Ministro per la Diplomaza e gli Affari
della Diaspora finanzia una delegazione di un centinaio di israeliani
incaricati di diffondere l’immagine positiva di Israele in Europa,
Africa and America del Nord.Nena News
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