venerdì 31 ottobre 2008

Gelmini e i nazifascisti contro il popolo della scuola pubblica

L'arroganza governativa non ha tenuto conto della corale mobilitazione del popolo della scuola pubblica contro il decreto Gelmini, approvato al Senato davanti a migliaia di studenti e docenti che protestavano contro la politica scolastica di Tremonti-Gelmini. Ma la partita resta aperta, visti i numerosi passaggi che attendono, prima dell'attuazione, la legge Gelmini e la 133, e tenendo conto sopratutto dell'intenzione del popolo della scuola pubblica di proseguire e intensificare la lotta nei prossimi giorni, fino ad arrivare ad una oceanica manifestazione nazionale unitaria, con tutte le componenti del fronte in difesa della scuola.
Oggi però l'attacco alle migliaia di studenti e docenti che manifestavano a Piazza Navona non è venuto solo dai senatori/trici che hanno votato il catastrofico decreto, ma anche da un manipolo di nazifascisti che a Roma si sono introdotti in alcune aree del movimento degli studenti medi, usando sigle di copertura. Dopo aver cercato, come già negli ultimi giorni, di prendere la testa di cortei e sit-in, grazie ad una pratica aggressiva e militaresca, di fronte alla pacifica ripulsa della grande maggioranza degli studenti, hanno gettato la maschera, caricando violentemente la piazza e colpendo con catene, bastoni e altri strumenti, giovani inermi, lasciandone numerosi a terra sanguinanti. Ed hanno continuato ad intimidire e a aggredire fino a quando non sono stati messi in condizione di non nuocere dall'ingresso in piazza del corteo degli studenti universitari. Ci auguriamo che questo gravissimo episodio serva se non altro a far chiarezza tra alcuni settori del movimento degli studenti medi romani che in questi giorni avevano creduto di poter convivere pacificamente con i nazifascisti. La sacrosanta indignazione del movimento nei confronti non solo delle politiche governative ma anche di quelle del precedente centrosinistra e dell'attuale inesistente opposizione non possono far sottovalutare, come hanno dovuto purtroppo oggi verificare di persona gli studenti picchiati, come il nazifascismo sia sempre violento, aggressivo, antidemocratico, qualsiasi ne siano le mascherature. E ancora una volta verrà usato dal Potere per cercare di criminalizzare il movimento di lotta e per riaccreditare la tesi berlusconiana del necessario intervento poliziesco "per riportare ordine e disciplina". Ma nè Gelmini nè tantomeno i nazifascisti fermeranno il grande movimento popolare in difesa della scuola pubblica.
Piero Bernocchi portavoce nazionale dei Cobas della scuola

giovedì 30 ottobre 2008

Le omertà di Report su cgil cisl uil

La trasmissione di Report di domenica ha suscitato un vespaio di delusioni (vedi la lettera che segue) e di alzate di scudi a sostegno dei sindacati confederali (vedi Loris Campetti su Il Manifesto di martedi).

Per molti aspetti Report è stato coraggioso e indulgente. Scavando un pò di più avrebbe ricavato una lettura più completa della degenerazione subita da Cgil Cisl Uil dalla metà degli anni settanta a oggi e avrebbe prestato meno il fianco alle accuse strumentali ma pertinenti sul fatto la visione che si ricava dalla puntata fa dire che "i sindacati" sono tutti uguali. Se in Italia sono nati i sindacati di base è proprio perchè i sindacati non sono tutti uguali e perchè qualcuno ha voluto dire la parola basta al modello rappresentato da Cgil Cisl Uil. Non è un dettaglio.

Alla redazione di REPORT
dopo la trasmissione sul sindacato ho ricevuto da molte parti commenti di delusione che poi ho riscontrato anche sul blog. molti hanno ritenuto che la trasmissione è stata troppo generica e diversamente dalla linea editoriale spregiudicata che si era visto nell'intervista a Bassolino, in questa trasmissione è sembrata timida e cauta. io ho una mia opinione sul perchè e voglio rappresentarvela.forse dopo aver montato tutto il lavoro qualcuno vi ha spiegato prima di andare in onda, quello che con modi mafiosi vi ha detto sorridendo il segretario della CISL:"attenti che è pericoloso denigrare troppo il sindacato, perchè così potreste darlo in mano ai qualunquisti" traduzione: questo sindacato, sarà anche quello che voi state dicendo a mezza bocca, ma esso è parte importante del sistema, la sua funzione di calmiere tra i lavoratori, con la favola degli "interessi generali" evita l'acuirsi delle tensioni sociali, perciò è una istituzione con un compito fondamentale per questo sistema. voi avete dato l'impressione di avere scoperto questa cosa durante la trasmissione e di esservi reso conto che quel sistema che intendeva Pezzotta è lo stesso per cui voi lavorate, ma che non dovete arrecare danni andando oltre i limiti consentiti. praticamente, il messaggio che emerge dalla trasmissione è stato che il sindacato è una forza di potere istituzione e come tale non si tocca.
Gaetano Marati (RdB sanità, Napoli)

mercoledì 29 ottobre 2008

Pavia: sfrattato tremonti dal suo studio

Questa mattina, martedì 28 ottobre, si è tenuta presso il cortile del rettorato l'assemblea delle assemblee di facoltà, partecipata da un migliaio di studentesse e studenti.
……..
Al termine dell'assemblea, studentesse e studenti sono partiti in corteo verso lo studio del professor Giulio Tremonti, estensore della legge 133 e ordinario di diritto tributario presso il dipartimento di economia pubblica e territoriale dell'università di Pavia.
Non avendo trovato il professore in studio, essendo in congedo parlamentare da 14 anni, gli studenti hanno consegnato dei pizzini raccolti precedentemente in assemblea, in cui ogni studente ha elaborato un messaggio da fargli recepire.
Gli studenti, ritenendo Tremonti, ministro dei tagli all'istruzione, incompatibile con ogni incarico accademico, hanno reso esecutivo lo sfratto dal suo studio.
"Sprechi? Tagliamo i baroni" citava lo striscione appeso alla sua finestra.
Le riforme non le fanno i ministri, men che meno quelli che in università non mettono piede da anni, men che meno coi tagli indiscriminati.
Le riforme dell'università le fa il corpo vivo dell'università. E ci stiamo lavorando...
Non paghi, gli studenti, hanno dato vita ad un corteo spontaneo per le vie cittadine, al grido di "non pagheremo noi la vostra crisi".
Il corteo ha invaso gli spazi cittadini, coinvolgendo gli abitanti di una città universitaria totalmente dipendente, sia culturalmente che economicamente, da chi anima l'ateneo.
Spontaneità, creatività ed irrapresentabilità del movimento si sono concretizzate in improvvisati blocchi stradali.
…………….leggi l’articolo completo
studenti contro la 133 Pavia

martedì 28 ottobre 2008

Stupidità xenofoba senza fine


La spupidità xenofoba si arrichisce di nuovi tasselli. Questa è la denuncia di Medici Senza Frontiere in merito alle discussioni sul Disegno di Legge 733, nell'ambito del cosiddetto "pacchetto sicurezza". Alcuni parlamentari leghisti (Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi) hanno presentato un emendamento, che richiede la soppressione del comma 5 dell'art.35 del Decreto legislativo 286/1998 (Testo unico sull'immigrazione), il quale prevede che «l'accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».

Il principio di quel comma è evidente: garantire a chiunque il diritto alla salute, attraverso l'accesso alle prestazioni sanitarie. Se quell'emendamento passasse e quindi ad ogni prestazione sanitaria usufruita da un straniero non in regola, si rendesse obbligatoria la segnalazione all'autorità, i migranti irregolari sarebbero scoraggiati dal richiedere le prestazioni sanitarie necessarie a tutelare la loro salute. Sarebbe di fatto una condanna all'agonia.

Quell'emendamendo leghista è figlio di una profonda stupidità (non sempre solo leghista), di dispensare provvedimenti per calmare la sete xenofoba dei suoi elettori.
Ma tanta è la stupidità, tanta la bramosia xenofoba, che i senatori leghisti, nell'emendare il DDL 733, non si sono accorti di quali effetti dannosi quella loro proposta potrà avere su qualsiasi persona che calpesti il territorio italiano. Non si sono posti il problema, che impedire di fatto le cure agli immigrati irregolari, vuol dire anche impedire la prevenzione di malattie trasmissibili e di epidemie.
Forse i parlamentari leghisti, abituati come sono ad alzare barriere, non si sono resi conto che virus e batteri per spostarsi non hanno bisogno di permessi di soggiorno regolari, nè stanno a guardare la nazionalità del corpo ospitante. Germi, batteri e virus, sono molto più democratici dei leghisti. E qualche volta meno devastanti.

lunedì 27 ottobre 2008

Mai "sotto l'egìda" di Gelmini.

Il 28 ottobre a Roma, il popolo della scuola pubblica manifesterà davanti al Senato.
Nonostante le pesantissime minacce del monarca di Arcore, gli studenti, i docenti ed Ata, i cittadini che intendono difendere la scuola pubblica hanno ribadito il pacifico e potente impegno preso nell'enorme corteo dei 500 mila del 17 scorso (durante lo sciopero generale indetto da Cobas, Cub e SdL), "La vostra crisi non la pagheremo noi", e vi hanno aggiunto "..e non ci fate paura". Dopodichè, anche tutti/e coloro che avevano ancora dubbi sulla posizione da prendere, sono entrati in occupazione o autogestione, raddoppiando o triplicando le scuole e le università in lotta.
Però, nonostante appaia lampante come la netta maggioranza dei protagonisti della scuola pubblica respinga le leggi e i decreti gelminiani, il governo resta sordo ad ogni protesta e porterà in aula il decreto Gelmini, per sottoporlo alla votazione finale (utilizzando la "fiducia"), martedi 28 ottobre.
Sarà davvero il 28 ottobre "sotto l'egìda" della sgrammaticata avvocata bresciana (con abilitazione "miracolata" a Reggio Calabria)? Non possiamo permettere che il 28 sia davvero un "Gelmini day".
Facciamo appello a tutto il popolo della scuola pubblica perchè in quella giornata metta in campo in maniera unitaria e corale tutta la forza della sua protesta e utilizzi al meglio l'ultimo giorno utile per bloccare il distruttivo decreto che devasterebbe la scuola pubblica irreparabilmente.
In particolare a Roma, invitiamo tutti/e i docenti, Ata, studenti e genitori che si stanno battendo contro la politica scolastica di Gelmini-Tremonti, a partecipare alla manifestazione - promossa da numerose realtà del movimento di lotta tra cui i Cobas - che si svolgerà a partire dalle 17 a Piazza Navona, davanti al Senato. No alla legge 133 e al decreto 137. Mai "sotto l'egìda" di Gelmini!!

domenica 26 ottobre 2008

Chi sta pagando la crisi nel nostro territorio?

Mentre tutta l’attenzione del governo è rivolta a tagliare risorse a scuola, sanità e servizi sociali, per salvare speculatori e bancarottieri, in toscana la crisi sta assumendo proporzioni finora sconosciute, rischiando di cancellare interi settori produttivi. In lucchesia il calzaturiero viaggia con una media di venti cessazioni al mese. A Prato è molto pesante la situazione del tessile, nel pistoiese mobili, moda e maglieria. Molto spesso la crisi è solo il pretesto per delocalizzare (la Eaton sceglie ad es. la Polonia) e questo, nonostante i benefici accordati in questi anni alle aziende: sgravi fiscali, bassi salari, assenza di conflitti e l’utilizzo di ogni forma di flessibilità e precarietà. Nei primi nove mesi dell’anno, i nuovi disoccupati hanno raggiunto quota settantamila. Nel nostro territorio e in quello limitrofo, interi settori produttivi come quello della moda, delle cornici e del calzaturiero, rischiano di essere interamente cancellati; altri settori, dalla camperistica al conciario, fortemente ridimensionati. Una specie di bollettino di guerra che sembra arricchirsi ogni giorno di più. A Certaldo è cominciata la cassa integrazione per 45 lavoratori della Pertici; per 19 dei 38 dipendenti dell’azienda di abbigliamento Modyva, stanno per partire le procedure di mobilità e altrettanto avverrà per i 67 dipendenti della Manifattura di Stabbia di Cerreto Guidi allo scadere della cassa integrazione (maggio prossimo). Nel settore tessile-abbigliamento, la cassa integrazione del terzo trimestre 2008 è cresciuta del 23.8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’intera catena dei piccoli sub-fornitori del settore camper (1500 lavoratori circa) è in ginocchio nel disinteresse generale. Le occasioni di confronto pubblico come il consiglio comunale aperto del 15 ottobre a Poggibonsi si trasformano in passerelle mediatiche per amministratori e rappresentanti politici di tutti i livelli. Ai lavoratori che sono i soggetti più colpiti, si concede di intervenire solo tre ore dopo, quando la maggior parte di loro erano già andati via.
Un recente studio dell'Irpet ha calcolato che almeno 4.400 famiglie toscane scenderanno sotto la soglia dell'indigenza, passando dal 2,9% al 3,3% del totale (da circa 43.000 a 47.500). La perdita media del reddito sarà di circa 518 euro, cifra che secondo i ricercatori "potrebbe addirittura triplicare nel 2009" se le condizioni non dovessero mutare radicalmente.
Per quanto riguarda i mutui la crisi per i toscani porterà ad un aumento medio di circa 326 euro.
Le richieste di sostegno che giungono allo sportello legale Cobas-Orda precaria, diventano sempre più numerose e gli sfratti per morosità, una realtà quasi quotidiana. E’ una emergenza a cui politica e istituzioni devono dare risposte immediate, promuovendo forme adeguate di sostegno al reddito e assumendo come prioritarie il diritto alla casa e ad un lavoro dignitoso.

sabato 25 ottobre 2008

FONDI PENSIONE: la barzelletta del pubblico impiego

Non è una barzelletta come potrebbe a prima vista sembrare. Nel pieno di una crisi finanziaria che sta facendo crollare banche e borse in tutto il mondo, CGIL-CISL-UIL+UGL (+ cosiddetti autonomi CONFSAL-FIALS), si accingono a dar vita nientemeno che ai FONDI PENSIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO!
I nomi fantasiosi scelti per sfilare ancora altri soldi dalle nostre tasche sono: SIRIO per ministeri, parastato e agenzie fiscali e PERSEO per enti locali e sanità.
Tutto questo avviene mentre i fondi pensione già avviati, lamentano perdite considerevoli: Cometa e Fonchim, fondi dei metalmeccanici e dei chimici, hanno perso 7 milioni di Euro in obbligazioni della Lemhan Brothers, e quello dei ferrovieri si è salvato, rimettendoci di meno, solo perché a Luglio si era sbarazzato delle stesse obbligazioni!
Prima ancora della crisi, i fondi avevano perso in media il 2,7%, quasi cinque punti in meno rispetto al +2% reso dal TFR e anche nel lungo periodo gennaio 2000-giugno 2008 nessuno dei maggiori fondi italiani ha raggiunto il rendimento del tfr: + 27,7%.
Tutto questo avviene mentre anche l’Argentina di Kirchner annuncia il ritorno alle pensioni pubbliche. Chi vuole potrà continuare a versare al privato i propri soldi, ma il governo invita i lavoratori a passare al pubblico. Lo Stato si farà carico del passaggio e gestirà i contributi accumulati finora. “Poiché il denaro versato ai fondi pensione finisce in investimenti finanziari il cui rischio è da considerare in aumento, è meglio che lo Stato intervenga ora piuttosto di ritrovarsi a doverlo fare in futuro, quando cioè milioni di lavoratori potrebbero vedere polverizzate le loro pensioni”.

giovedì 23 ottobre 2008

Berlusconi va alla guerra


La conferenza-stampa tenuta ieri da Berlusconi rappresenta una violenta dichiarazione di guerra al popolo della scuola pubblica - sceso in piazza in centinaia di migliaia venerdì scorso -, a chiunque si opponga alle politiche governative e alla stampa non "allineata".
Berlusconi ha iniziato, da principe dei cantastorie, tirando le orecchie alla Gelmini, "colpevole" di aver parlato di maestro unico, mentre all'orizzonte ci sarebbe addirittura una marea di maestre, intorno ad una "prevalente", una di informatica, una di inglese, una di religione e una di educazione fisica.
Ma dopo una noiosa serie di amenità del genere, il monarca di Arcore si è calato l'elmetto in testa, ha assunto toni di voce e cipiglio quasi mussoliniani ed ha annunciato che ordinerà al ministro degli Interni di assaltare, d'ora in poi, qualunque interruzione di lezioni nelle scuole e all'Università.
Esattamente quanto chiedevano stamattina in editoriali forcaioli "Il Giornale" e "Libero": quest'ultimo, sotto il titolo "Chiamate la polizia" invitava, in un editoriale di Renato Farina, a stroncare fantomatici picchetti (previsti dal Farina davanti a tutte le scuole per domani) mediante "calci nelle parti molli degli studenti".
Berlusconi ha annunciato, dunque, uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica. E un attimo dopo, davanti ad una platea sbalordita, il capo del governo ha dichiarato guerra alla stampa non "allineata" che dedicherebbe "troppo spazio alle proteste di quattro gatti", usando un linguaggio simile a quello della giunta militare argentina dopo il golpe degli anni '70, quando nella prima conferenza minacciò la stampa democratica, invitandola ad abituarsi in fretta al nuovo clima antipopolare. "Avete quattro anni e mezzo per farci il callo" ha sibilato Berlusconi.
Perchè nel momento di massima popolarità (cosi ci ripete ogni giorno re Silvio) Berlusconi dichiara guerra a chi protesta? Ci pare evidente che il capo del governo è stato colpito non solo dal mezzo milione del corteo di sabato scorso, promosso da Cobas, Cub e SdL, e dal dilagare della protesta nelle scuole ma sopratutto dal tema centrale delle mobilitazioni di questi giorni: "Non pagheremo noi la vostra crisi".
Milioni di lavoratori, pensionati, studenti si sono sentiti dire in questi giorni che i soldi ci sono, che lo Stato può sborsare somme enormi ma che le vuole dedicare al salvataggio di banche fraudolente e di industrie decotte: e si domandano perchè, invece, i soldi non vadano ad aumentare salari e pensioni, a potenziare scuola, sanità e servizi pubblici, unico modo per riavviare sul serio l'economia.
Berlusconi vuole evitare l'allargamento del conflitto sociale spostando tutto sul piano dell'ordine pubblico, riproducendo i meccanismi che portarono alla distruzione dei movimenti degli anni'60 e '70.
Ma nè noi, nè gli studenti, nè l'intero popolo della scuola pubblica cadranno nella trappola: non faremo un passo indietro, la lotta nelle scuole e nelle università si intensificherà, ma l'eventuale violenza del governo andrà a vuoto e si ritorcerà contro chi la sta ideando e la vuole praticare.
Piero Bernocchi, Portavoce Nazionale Cobas Scuola

lunedì 20 ottobre 2008

Un presidente .... di classe


Benedetti ragazzi, ascoltate la saggia voce che scende dal colle…. : “Non si può dire solo no”. Ha ragione. Davanti alla proposta che per migliorare l’unica scuola che funziona degnamente (le elementari) bisogna cacciare 87 mila maestre e ridurre le ore di insegnamento, non si può dire solo no. Si può anche dire: “No, siete dei banditi!”. Concordo che dire solo no non basta. Conosco precari che nella scuola non entreranno mai, i quali dicono addirittura: “No, manco morti!”. E so di persone moderate e responsabili che di fronte alla proposta delle classi di concentramento per bambini stranieri hanno addirittura sbottato: “No, vaffanculo!”. (Alessandro Robecchi sul manifesto del 19/10/08).

La fiumana di fax e di mail diretti al presidente della repubblica Giorgio Napolitano con la richiesta di non apporre la firma alle leggi Gelmini una volta uscite dal Senato è una vicenda in cui i miti metropolitani sulle istituzioni come garanzia di diritti di tutti vincono sulla acquisizione di informazioni. Infatti il bombardamento di mail è cominciato dopo che Napolitano, in occasione del discorso di apertura dell'anno scolastico con la Gelmini a fianco, aveva parlato di "tagli necessari" e di bilancio pubblico da immolare "per le direttive dell'Unione Europea". Direttive che, come sappiamo, prevedono che la UE bruci migliaia di miliardi per salvare le banche dai giochi speculativi, operati da loro stesse, tagliando spesa pubblica ed istruzione per milioni di persone sul continente.
Quando le petizioni hanno raggiunto un numero record Napolitano ha ufficialmente parlato: "firmerò la legge, in qualsiasi modo mi arrivi dal parlamento". Evidentemente questa tetragona dichiarazione non gli è bastata visto che ha fatto anche filtrare al Corriere della sera le seguenti affermazioni "il presidente della Repubblica è particolarmente irritato dal bombardamento di messaggi di questa settimana". Insomma chi crede che in questa repubblica sia possibile la partecipazione democratica è servito.
Quindi più ci si rivolgeva al garante della costituzione, presunto al di sopra delle parti, più questo signore aveva politicamente preso posizione per lo smantellamento della scuola pubblica e dell'università. Subito dopo le manifestazioni di questi giorni, Napolitano è di nuovo intervenuto in difesa e soccorso della Gelmini "non si può dire sempre di no", riferendosi a chi protesta nei confronti dei tagli. Eh no, caro Napolitano, il problema è rovesciato: non si può dire sempre di sì. Solo poche e selezionate persone come te fanno carriera, dal Pci ad una presidenza della repubblica di sapore ultraliberista, suggerendo agli altri "di non dire di no" affinchè i poteri forti diventino sempre più forti. Ringraziando i Giorgio Napolitano con un avanzamento di carriera magari fino al colle più alto.

Se si scrive quindi al presidente della repubblica pensando che il garante della costituzione e quindi dell'istruzione pubblica, una volta informato dalle periferie, si attivi a difesa dei diritti costituzionali, si fa un grave errore. Napolitano sa benissimo quel che di grave sta succedendo nelle scuole e nelle università. Desidera intimamente che succeda, si sta adoperando perchè succeda e, se necessario, manderà i suoi cosacchi. Basta conoscere la sua storia politica per capirlo.

Insomma, se proprio volete scrivere allo zar chiedete almeno le sue dimissioni.
Kenny Dalglish su
Senzasoste.it

domenica 19 ottobre 2008

"Ci pisciano addosso, ma il governo dice che piove" (cartello portato da una signora al corteo di Roma).

sabato 18 ottobre 2008

Una giornata assolutamente straordinaria

Oltre 2 milioni di lavoratori del settore pubblico e privato, hanno incrociato ieri le braccia, in occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati di base (Cobas, Cub, Sdl). Un corteo immenso, nonostante la pioggia continua, ha attraversato le strade di Roma per affermare che “noi la crisi non la paghiamo”. Un corteo contro la scuola delle "classi di inserimento" (modello apartheid), che chiedeva al contrario diritti uguali fra tutti (italiani o migranti che siano), diritto alla casa, maggiore salario, fine della precarietà e degli omicidi sul lavoro, il rilancio di previdenza e sanità pubblica, il rafforzamento della contrattazione nazionale e la reintroduzione della scala mobile per lavoratori e pensionati. Una protesta imponente che rappresenta l’unica opposizione sociale credibile alle politiche di questo governo e a cui il sindacalismo di base ha dato voce, imponendo una distanza netta dalle pratiche concertative di cgil, cisl e uil.
Una presenza importante anche dall’empolese valdelsa che ha visto oltre ai lavoratori dei Cobas e ai precari di “Orda precaria”, oltre 20 fra studenti e insegnanti dell’istituto Enriques di Castelfiorentino e numerosi rappresentati delle scuole di S.Miniato ed Empoli.
Quel movimento che ieri ha avviato un percorso di iniziativa e di lotta, destinato a svilupparsi nei prossimi giorni anche nel nostro territorio, è un movimento nuovo, irrapresentabile, pragmatico e post ideologico, senza le tradizionali bandiere sindacali o di partito, che combatte il mercato senza alcuna nostalgia dello stato, consapevole che il pubblico non va difeso, ma costruito.

giovedì 16 ottobre 2008

Ultima occasione, affrettarsi

Non perdete questa occasione, lo sciopero del prossimo venerdì 17 potrebbe essere l’ultimo (anche la data sembra portare iella). Il ministro sacconi ha pensato bene di presentare un ddl di riforma del diritto di sciopero nel servizi pubblici che renderebbe impossibile scioperare e che addirittuta prevede la schedatura degli scioperanti e pesanti sanzioni per i lavoratori e per i sindacati che proclamano scioperi. L’annuncio del nuovo provvedimento arriva in contemporanea con l’approvazione alla camera del «famigerato» 1441-quater, che limita le competenze dei giudici del lavoro, minando nei fatti l’applicazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. A chi ricorda come questo sia già accaduto in questo paese il 3 aprile del 1926, Veltroni risponde che non si può parlare di regime e si dichiara pronto al dialogo.
Intanto, domani noi saremo a Roma per uno sciopero generale e generalizzato di tutti i settori produttivi. Uno sciopero contro la scuola del voto in condotta, delle "classi di inserimento" (modello apartheid), che chiede uguali diritti fra cittadini italiani e migranti,diritto alla casa, maggiore salario, fine della precarietà e degli omicidi sul lavoro, il rilancio di previdenza e sanità pubblica, il rafforzamento della contrattazione nazionale e la reintroduzione della scala mobile per lavoratori e pensionati.


martedì 14 ottobre 2008

Lo sciopero del 30 ottobre? : si può annullare

Bonanni: "La Cisl revocherebbe volentieri lo sciopero del 30 ottobre, così potrebbe spendere le energie per cose più importanti".
Angeletti: "Se il governo ci convoca, possiamo revocare gli scioperi della scuola e del PI".

Il vero sciopero della scuola è quello del 17 ottobre

Se qualcuno/a avesse ancora dei dubbi sul fatto che l'unico sciopero utile per cercare di fermare Tremonti-Gelmini nella loro opera di distruzione della scuola è quello del 17 ottobre, le dichiarazioni di ieri di Bonanni e quelle di Angeletti di stamattina dovrebbero farglieli passare del tutto. In perfetto stile-Berlusconi, il segretario generale della Cisl ha ieri "esternato" a Domenica In - uno di quei contenitori di presunto spettacolo che incantano, non si sa perchè, milioni di italiani/e - che rinuncerebbe volentieri allo sciopero della scuola del 30 ottobre "a condizione che il governo ci convochi per discutere come si riorganizza la scuola".

Bonanni si è dichiarato assai fiducioso di ottenere da Sua Maestà Silvio il sospirato incontro: "Se Berlusconi vuole riappacificarsi deve convocare una riunione e so che tutto spinge in questa direzione". Così, ha concluso Bonanni, "le energie potremo spenderle per cose più importanti".

Oggi Angeletti ha rincarato la dose, affermando, sempre in TV: "Non ci divertiamo a scioperare, se il governo ci convocasse potremmo revocare gli scioperi della scuola e del Pubblico Impiego".

Che la convocazione dello sciopero del 30, del tutto fuori tempo massimo, fosse strumentale, finalizzata solo a disturbare il vero sciopero utile, quello del 17, era per noi chiaro.

D'altra parte Gelmini ha sottolineato che lei prosegue la linea imposta dalle Finanziarie del governo Prodi e dal Libro bianco di Fioroni, che ebbero il pieno avallo della Cisl, della Cgil e della Uil, nonchè di quel Partito Democratico che con la sua ministra-ombra (in senso letterale) Garavaglia ha ieri ricordato che era d'accordo sui tagli nella scuola (la "razionalizzazione della spesa", li ha chiamati) ma fino a 6 miliardi e non a 8 e che la rottura è avvenuta perchè Gelmini si è rifiutata di concordarli insieme.

E' esattamente la piattaforma dello sciopero del 30, che non chiede l'abrogazione dell'art.64 della legge 133 (quello degli odiosi tagli) ma "l'apertura di un tavolo negoziale con il governo per una vera riqualificazione della spesa nella scuola, in grado di coniugare la lotta agli sprechi e alle diseconomie con la garanzia del giusto tempo scuola".

Non si chiede la cancellazione e neanche la riduzione dei tagli e nemmeno si dice che quello attuale è il "giusto" tempo scuola: si vogliono solo concertare insieme i "giusti tagli" contro gli "sprechi".

Non ci sorprende dunque che Bonanni ritenga del tutto secondario "sprecare energie" per difendere la scuola pubblica e che vorrebbe dedicarsi a non meglio precisate "cose più importanti": opinione non condivisa però dalla marea di lavoratori/trici che si apprestano a raggiungere Roma, con centinaia di bus, treni e mezzi privati, il 17 ottobre, per fermare l'opera demolitrice della "strana coppia" Tremonti-Gelmini, per dire no ai terrificanti tagli, per rifiutare la riesumazione della "maestra unica" novecentesca e l'espulsione in massa dei precari; e nemmeno dai lavoratori/trici e cittadini che si riuniranno oggi a Roma davanti al Senato (ore 17), dove inizia la discussione del decreto Gelmini, per gli stessi obiettivi

sabato 11 ottobre 2008

giovedì 9 ottobre 2008

Non siamo clandestini, siamo cittadini

Siamo clandestini quando lavoriamo senza contratto.

Siamo clandestini ogni volta che finisce un contratto di lavoro.

Il licenziamento, la fine di un lavoro, l’assenza di una casa adeguata, significano la revoca, o il mancato rinnovo, del permesso di soggiorno.

Ci vogliono clandestini, o a rischio clandestini, per poterci sfruttare.

Clandestini: gran parte della manodopera in molti settori dell’economia contemporanea, la manutenzione delle metropoli affidata a noi clandestini .. nessun governo risolve i nostri problemi.

Per non rischiare il permesso di soggiorno accettiamo tutte le forme di sfruttamento e di violazione dei diritti del lavoro e della dignità della persona.

Veniamo dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa orientale, per produrre la ricchezza di questa Europa ricevendo in cambio paghe da fame e sopraffazioni.

Di fronte a questa realtà non ci sono comunità etniche, nazionalità d’origine da difendere.

Ci battiamo per i diritti di tutti non conta da dove veniamo.

Oggi dicono che in Italia siamo noi il problema, TOGLIAMO SICUREZZA..Qualcuno di noi muore ogni giorno, cascando da un’impalcatura o stritolato da una macchina.

Quando accettiamo questi lavori, SENZA SICUREZZA, per pochi euro l’ora rischiando la vita non siamo un problema..

Portiamo con noi la nostra cultura, le nostre storie. Vogliamo dignità. Vogliamo pace e non guerre.

Non siamo clandestini. Siamo cittadini!

Le migranti e i migranti con il Movimento di lotta per la casa - Firenze

lunedì 6 ottobre 2008

INCENERITORI: nè qui, nè altrove

Comunicato stampa del 06/10/08
"Apprendiamo che sul piano programmatico del PD c'è la costruzione di un inceneritore o, come si preferisce chiamarli oggi, un termo-valorizzatore. A pochi mesi dalle elezioni amministrative vorremmo capire se si tratta della verità, visto che si indica già il luogo prescelto, o di semplice tattica pre-elettorale. Vorremmo ricordare che nella legislazione italiana, in base all' articolo 216 del testo unico delle Leggi Sanitarie (g.u. n.220 del 20/09/1994), gli inceneritori sono classificati come industrie insalubri di prima classe. Bruciare i rifiuti non equivale a distruggerli. Nel 2003, l' inceneritore di Brescia, portato spesso a modello di moderna gestione integrata dei rifiuti, ha “termo-valorizzato” 552.138 tonnellate di rifiuti urbani e ha “prodotto” 124.546 tonnellate di ceneri pesanti e 28.286 tonnellate di ceneri leggere classificate come rifiuti pericolosi. L' incenerimento non è la soluzione al problema rifiuti e discutibile è la questione della produzione energetica. Nel 2004, grazie ai Certificati Verdi e ai cip6 i termo-valorizzatori esistenti sul territorio nazionale hanno ricevuto incentivi per 144 milioni di euro, pagati dagli italiani e sottratti allo sviluppo delle vere fonti energetiche rinnovabili (idroelettrico, solare, eolico e geotermico). La produzione di energia elettrica tramite incenerimento dei rifiuti è indirettamente sovvenzionata dallo stato per sopperire alla sua anti-economicità, i costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti: L' Unione Europea ha inviato una procedura d' infrazione all' Italia per gli incentivi dati dal governo per produrre energia bruciando rifiuti inorganici e considerandola come fonte rinnovabile. Per ridurre la quantità di rifiuti servono politiche serie di riduzione alla fonte. Serve investire nel lavoro e nei servizi come la raccolta differenziata con sistema porta a porta e deviare i finanziamenti verso le vere fonti rinnovabili per il semplice fatto che la salute è un diritto e non una merce".
Cobas Empoli-Valdelsa aderenti alla Confederazione Cobas del lavoro privato

La finanza etica in un paese devastato.

Anche il cavaliere silvio, paladino fino a ieri di quella finanza selvaggia che chiedeva rese a breve del 15 o 20 per cento, fregandosene del come, dove e a che prezzo, a cui non importavano le condizioni di lavoro, i bassi salari, la precarietà, la crescita di infortuni e malattie professionali, le tonnellate di rifiuti tossici prodotti e smaltiti illegalmente, il lavoro nero e le collusioni con la mafia, parla oggi di “riportare l'etica nel mondo della finanza”. Lo aveva già detto la figlia Marina, che nel frattempo aveva preso possesso della poltrona di Mediobanca: “c'è finanza e finanza, c'è la finanza sana e parsimoniosa che Mediobanca rappresenta molto bene”. Una moralità garantita dal presidente Geronzi, accusato di usura per il crack parmalat, rinviato a giudizio per estorsione nell'ambito del troncone Eurolat, indagato di frode nel crack Cirio, condannato in primo grado per il crack Italcase….
Certo è che ad un paese lobotomizzato si può ormai spacciare di tutto, l’ingratitudine dei lavoratori dell’alitalia a fronte degli sforzi di manager seri come Colaninno (capace di affogare Telecom in soli due anni e venderla con una plusvalenza di 1,5 miliardi di Euro, condannato in primo grado a 4 anni e 1 mese per cosiddetto crac Italcase…). Un paese a cui si spaccia la necessità di tagliare scuola e sanità mentre si finanzia con 400 milioni di euro (finanziaria 2008) il nuovo Jet militare Aermacchi M346.

sabato 4 ottobre 2008

Sesto San Giovanni, ex Stalingrado d'Italia

-Nei primi 6 mesi del 2008, in Lombardia 78 operai sono morti causa “infortuni” sul lavoro.
-Nei primi 6 mesi del 2008, in Lombardia 16.000 lavoratori hanno perso il posto di lavoro, circa il 27% in più rispetto lo stesso periodo dello scorso anno.
-A sesto San Giovanni operaie/i venivano confinati in reparti “mattatoio”, costretti a respirare i fumi e le polveri, esposti alle sostanze nocive e cancerogene, alle radiazioni delle saldature con protezioni “antinfortunistiche” fatte di coperte e lenzuola d’amianto che si frantumavano, disperdendosi nell’aria e nei polmoni dei lavoratori. 12 anni di battaglie, 19 denunce archiviate e 76 lavoratori uccisi dal killer amianto.
- A Sesto San Giovanni mentre il Comune chiede all’Unesco il riconoscimento della città quale “paesaggio culturale evolutivo”, i Rom bruciano in accampamenti di fortuna.
- A Sesto San Giovanni i genitori di un bambino della seconda elementare, con la gamba ingessata, per poterlo mandare a scuola hanno dovuto comprare il banco a loro spese, perché serviva uno un po’ più grande.
-A Sesto San Giovanni 3 pakistani sono stati multati (390 euro), perché mangiavano un mango in un parco.
-A Sesto San Giovanni qualcuno ha scritto frasi razziste contro il ragazzino romeno morto carbonizzato nella sua baracca qualche giorno fa.

venerdì 3 ottobre 2008

La lunga scia di sangue

Quattro morti solo ieri in toscana. Tre nei cantieri per la variante di valico: Giovanni Mesiti, 49 anni, di Locri (Reggio Calabria), Rosario Caruso, 26 anni, di Sinopoli (Reggio Calabria), e Gaetano Cervicato, 45, di Melito di Napoli (Napoli), il quarto (Alessandro Marrai) su un cantiere della Tav che porta dalla stazione di Castello a quella di Rifredi. Tav e variante di valico sono la rappresentazione più evidente del fallimento di un modello di sviluppo che ha devastato i territori e generato morti e insicurezza. E’ inaccettabile che si possa morire cadendo nel vuoto o travolti da un carrello per la manutenzione in due fra i cantieri più monitorati d’italia.

Cinque morti per fare una tragedia

Ecco, bravi! Morite compatti e non in ordine sparso, sennò non fate notizia. Bel colpo compagni! Ve ne siete andati in cinque oggi, tre sono caduti di là, un altro lì, e uno qua, abbastanza vicino. Visto? Una cinquina e siete tornati in pole position, almeno sui giornali on line, poi bisognerà attendere, ma è facile che domani sarete in prima pagina, e forse qualcuno al bar, anziché parlare dei risultati del torneo di calcio, o dei 9 milioni di euro che moratti da al suo allenatore, parlerà di voi.

Certo però che vi siete dovuti impegnare parecchio per far sì che si tornasse ad usare il termine tragedia, perché se continuate a morire ad uno ad uno, uno a Bolzano e uno in Sardegna, uno a Torino e l’altro a Crotone – tanto per dire la distanza – siete e resterete sempre incidenti, cose che capitano, fatalità che non si possono imputare a nessuno.

Ma avevate il casco quando siete precipitati da 38 metri o non lo avete messo per non sciupare la capigliatura? Perché è questo che dicono di quelli che se ne vanno uno ad uno, è sempre per colpa del fato, ma agevolato dall’imperizia del singolo morto.

Bravi operai che siete morti. Era ora che vi decideste a fare un po’ di chiasso in questo paese logorato dalla monotonia. Va tutto così bene che ci manca solo l’orologio che non sgarra mai per farci confondere con la Svizzera. Bravi! Ora vedrete che troveranno il fesso – un politico o un sindacalista – che porterà il suo grugno davanti ad una telecamera per dire che voi no, non siete morti invano, che grazie a voi le cose cambieranno.

E voi? Dico a voi 35, che siete morti in ordine sparso nel solo mese di Settembre, perché non ci avete pensato? Perché non vi siete dati appuntamento per morire tutti insieme lo stesso giorno?

Voi sì che siete stati inutili, avrete provocato si e no qualche minuto di silenzio e forse un paio di ore di sciopero per protesta spontanea. Nemmeno un articoletto per dire che i vostri colleghi avevano incrociato le braccia.

Dai coraggio, ce la si può fare … un altro piccolo sforzo, un altro paio di vite umane, e vedrete che finalmente i tesserati di CGIL CISL e UIL manderanno a cagare i vertici strappando le tessere, e finalmente si potrà ricostituire un sindacato reale, non servo del padronato, che riuscirà a gridare alla tragedia anche se muore un uomo solo, e bloccare i cantieri, e le strade e le piazze e i porti e gli aeroporti. E l’epoca in cui uno sciopero generale, durava 4 ore e garantiva fasce protette, come fosse una TV per i ragazzi, diventerà solo un ricordo.

Quando il lavoratore riuscirà a creare un sindacato reale, forse miracolosamente si smetterà di morire di lavoro, perché sarà il tempo in cui si potrà tornare a discutere dei contratti di lavoro al ministero del lavoro, e non più proni, al cospetto dei padroni di CONFINDUSTRIA.

Rita Pani. http://www.r-esistenza-settimanale.blogspot.com/