giovedì 29 marzo 2012

Consiglio comunale aperto? NO, PAGLIACCIATA

Il comitato per l'acqua pubblica Empolese-Valdelsa esprime la propria contrarietà rispetto alle modalità di convocazione del presente consiglio comunale che vede negare il diritto di parola a Movimenti, Associazioni e società civile di questo territorio. Siamo espressione di quel 71% di cittadini/e che nell'Empolese Valdelsa è andato a votare per i referendum indicando chiaramente che sull'acqua non si devono fare profitti, una maggioranza più ampia di qualsiasi amministrazione del territorio e che ora vi invita a prendere finalmente atto di quel risultato. Negli anni recenti del Berlusconismo, gran parte di voi si sono aggrappati alla difesa dei diritti costituzionali, oggi siamo qui a ricordarvi l'attuazione concreta di tali principi. La Corte costituzionale prima e , il Decreto Presidenziale del luglio 2011 successivamente, hanno sancito la legittimità dell’esito referendario e chiesto testualmente: “E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare”. Vogliamo ricordarvi che che lo stesso Ministro dell'Ambiente Clini ha emanato alcune settimane fa una circolare in cui riconosce che, anche senza una nuova normativa nazionale, le tariffe vanno adeguate all'esito referendario. Non c'è quindi alcuna necessità di attendere alcunché, né siamo più disponibili ad accettare le vostre pretestuose argomentazioni e l'umiliazione di principi e norme costituzionali. Siamo consapevoli che questa battaglia di democrazia dal basso a difesa dei beni comuni mina in profondità la vostra idea di democrazia rappresentativa, sempre più lontana da ogni forma di controllo democratico e talmente degradata da non essere nemmeno più in grado di garantire livelli di diritti minimi per tutti. Questa battaglia arriva in un momento in cui la questione Beni Comuni si trova schiacciata da un lato da un governo di banchieri che finge l'inesistenza di questo referendum e dall'altro dalla cosiddetta troika (BCE-FMI-UE) che detta un'agenda politica volta a privatizzare sempre più pesantemente. L'attacco ai beni comuni è parte integrante di questa agenda e della gestione della crisi del debito che spoglia gradualmente ceti medi e classi popolari di ogni sorta di protezione sociale pubblica. Così come dobbiamo alla stessa troika la richiesta di modifiche all'art.18 e ciò che ancora rimane dei residui diritti al lavoro. Siamo fermamente convinti che la scelta suicida di queste politiche di austerità finirà con il produrre ancora recessione e quindi ulteriori manovre di aggiustamento, con la conseguenza di nuovi sacrifici e di un ulteriore svendita di beni pubblici: dall'acqua, alle coste, al territorio demaniale. Le manovre diventano così il problema, non la soluzione. Di fronte ad un paese che si trasforma sempre più nel laboratorio ideale di queste nuove forma di dominazione sociale, espropriando reddito, diritti, beni comuni e democrazia, NOI vogliamo essere l'argine e intanto cominciamo attraverso la battaglia sull'acqua prenderci parte di ciò che ci viene sottratto. A Marsiglia, nella culla delle multinazionali dell’acqua abbiamo scritto la Carta Europea dei movimenti per l’acqua attorno a quattro principi chiave, spingendo persino una parte delle delegazioni al forum ufficiale ad unirsi al nostro Forum alternativo. Abbiamo messo al primo posto il riconoscimento che l'acqua non è una merce ma un diritto universale ed un bene comune, rivendicando una gestione partecipata senza l'intrusione dei privati. Abbiamo posto le basi per un movimento europeo che detti le proprie condizioni all'UE, consapevoli che questo percorso non sarà breve ma ineluttabile e necessario.
Comitato per l'acqua pubblica Empolese-Valdelsa

martedì 27 marzo 2012


martedì 20 marzo 2012

Manifestazioni contro l'attacco all'art.18

Ieri 19 Marzo poco dopo le 18, la manifestazione in piazza stazione Fs a Pisa, manifestazione\presidio organizzata dai cobas per protestare contro la riforma degli ammortizzatori sociali e l’attacco all’art 18.
decine di lavoratori del privato e del pubblico impiego hanno presidiato la porta centrale della stazione volantinando lungo i binari e affiggendo uno striscione di 6 metri con sopra scritto no alla cancellazione dell’art 18 e degli ammortizzatori sociali
Erano presenti anche i lavoratori della Ceva che al mattino avevano scioperato uscendo fuori dalla fabbrica di Lugnano(Vicopisano) per proseguire fino ai cancelli di altre fabbriche dove i lavoratori sono usciti solidarizzando con la rsu e i cobas.
Oggi sciopero di 2 ore (9-11) e blocco del traffico sull’Aurelia (10-10.30), con circa 80-100 operai e operaie di Magna, Pierburg, Trw, Sim.

Sciopero riuscito pienamente (solo gli impiegati sono rimasti dentro).

Alle ore 11,15 una ventina di lavoratori del cobas hanno esposto uno striscione al palazzo della provincia in via nenni distribuendo un volantino.

domenica 18 marzo 2012

NON VOTARMI!Non sono un numero. Aprile mese del non voto



 

"Classificare significa impedire un armonioso sviluppo intellettivo, rispettoso dei tempi di crescita individuali".

NON VOTARMI!Non sono un numero

Aprile mese senza voti. Per la promozione di una relazione didattica rispettosa della sensibilità dei bambini e delle bambine, per una valutazione plurale, creativa e multiforme che valorizzi le potenzialità e non schiacci sulle capacità, che sia stimolo alla crescita e non educazione alla competitività.
Dal convegno di Bologna sulla Didattica Resistente/Resiliente parte l’invito a maestre e maestri a liberarsi dei voti, almeno nella pratica didattica del mese di aprile.
Reintrodotto nella scuola primaria dal ministro Gelmini, il voto numerico riduce la relazione didattica a un esame continuo, fomenta la competizione tra scolari, crea ansie e ferite interiori, sposta l’attenzione dal contenuto dell’apprendimento al suo esito numerico. L’attribuzione del voto implica una valutazione "sommativa" che tende a classificare per selezionare, mentre una valutazione "formativa" vuole capire e aiutare i bambini nella loro formazione.//
"Classificare significa impedire un armonioso sviluppo intellettivo, rispettoso dei tempi di crescita individuali".
Per questo già ora molti insegnanti non danno voti, se non nell’assolvimento burocratico richiesto per le schede di valutazione.
Il mese di aprile è l’occasione per allargare questa pratica didattica virtuosa, facendo provare ai bambini e ai loro genitori il piacere dell’apprendimento per se stesso e non per la "moneta" del voto.
Maestre! Maestri! Per questo mese tornate a non usare i voti, si può, si sta meglio, un piccolo passo nella costruzione di una società migliore.
www.cespbo.it- cespbo@gmail.com

sabato 17 marzo 2012

Il giudice del lavoro ordina la riassunzione di Bruno Bellomonte



IL GIUDICE DEL LAVORO DI ROMA ORDINA A MORETTI/FS
RIASSUMETE IL CAPOSTAZIONE BRUNO BELLOMONTE !!

Il questo momento alla stazione di Sassari è festa ! Si brinda alla vittoria di Bruno Bellomonte contro il licenziamento illegittimo voluto spietatamente dall’AD Moretti , non nuovo a questi drastici provvedimenti - vedi i licenziamenti di Dante De Angelis , di Riccardo Antonimi e di altri ancora – mentre ai detenuti in attesa di giudizio va applicata la misura della sospensione cautelare.

Bruno Bellomonte , a novembre 2011 , dopo aver scontato 2 anni e ½ di galera preventiva nei carceri speciali , è stato assolto e liberato dalla Corte di Assise di Roma , la cui sentenza sconfessa i teoremi e le fandonie imbastiti dalla Digos e PM romani sulla presunta “ rinascita delle Br”.

Ora a 62 anni , Bruno Bellomonte con la vittoria anche contro il licenziamento ripristina un po’ della perduta agibilità di movimento e delle enormi spese sostenute a causa della repressione.

Per i Cobas che hanno sempre sostenuto la sua sorte e rivendicato la liberazione , è motivo di grande soddisfazione questa seconda vittoria, che peraltro testimonia la certezza del valore della solidarietà e dell’impegno nello sconfiggere la repressione e i licenziamenti.

Brindiamo felici anche noi alla salute e alla vittoria di Bruno , dei ferrovieri della stazione di Sassari , dei compagni di “ A Manca….” .

Brindiamo alla prossima vittoria contro il licenziamento sofferto a Viareggio da Riccardo Antonimi e da altri licenziati nelle FS.

NESSUN LICENZIAMENTO E’ GIUSTIFICATO !
TUTTI LIBERI , TUTTI RIASSUNTI !!

giovedì 15 marzo 2012

“ N O N P A G O “. NELLA CRISI AUMENTA LA DISUGUAGLIANZA, DIMINUISCE LA DEMOCRAZIA

“ NON  PAGO “ è una riflessione, che può diventare una indicazione e una pratica di autodifesa nei confronti dell’aggravarsi della crisi, creata ed utilizzata da finanza,banche e padroni per sviluppare ulteriori vantaggi profittuali e istituzioni autoritarie.

“ NON  PAGO “ è la messa in pratica della dichiarazione di intenti conclamata fin dall’insorgere della crisi nel 2008 “ noi  il debito non lo paghiamo”.
Senza la determinazione applicativa, molecolare e collettiva di quel imperativo, gli annunci “sul NO debito e/o sull’insolvenza” sono solo una testimonianza verbale,  incapace di nascondere la soccombenza di fronte all’impennarsi della crisi e dell’impoverimento dei lavoratori , dei ceti popolari , dei giovani.

Le stime capitalistiche indicano ancora  anni di recessione ed è improprio che il governo Monti  annunci l’uscita dalla crisi , quando il debito sovrano è oltre i 1800 MLD di euro   e le decisioni per il suo dimezzamento concordate in sede UE/BCE, oltre al rientro nel “patto di stabilità”, prevedono manovre da 50MLD/anno !
Intanto l’inflazione è oltre il 4,5% , stante l’impennata dei prezzi dell’energia ( la benzina oltre i
2 euro/litro) e delle materie prime. Ciò fa scattare l’aumento generalizzato dei beni di prima necessità , con la correlata riduzione del risparmio familiare (e il moltiplicarsi dell’indebitamento) da sempre l’autentico “ ammortizzatore sociale”, che peraltro limita il diffondersi dell’insorgenza sociale.
L’Istat nel 2010 da la seguente fotografia dell’Italia.
¼ degli italiani è alla soglia della povertà e/o dell’esclusione sociale; di questi il 20% è a rischio di povertà assoluta e il 7% vive con gravi privazioni materiali; i più esposti sono i giovani tra  18-35 anni , di cui il 20% usufruisce dei servizi Caritas.
In generale, il 20% degli italiani “ fatica ad arrivare a fine mese”;  il 15% ha smesso di riscaldare l’alloggio ; il 15% è in arretrato con il pagamento del mutuo e dell’affitto ; il 10%  è in arretrato con il pagamento delle bollette.
In merito al lavoro, in 4 anni (2008-2011) è stato perso 1 milione di posti di lavoro ed altri 300.000 rischiano di aggiungersi( si sono in corso 200 tavoli-vertenze) ; la  disoccupazione ufficiale supera il 9 % , pari a 2.300.000 persone; dal 2008 , l’80% delle assunzioni sono state a tempo determinato o con contratti atipici ; il 35% dei giovani dai 18 ai 35 anni è senza lavoro, 1/3 di costoro ha smesso di cercare lavoro.
500.000 lavoratori sono attualmente in Cassa Integrazione. La spesa per gli ammortizzatori sociali (CIG,mobilità,disoccupazione) è passata dagli 10,5 MLD del 2008 ai 20,5MLD del 2010 , in 3 anni di crisi , sono stati spesi circa 50 MLD; l’assegno medio mensile e di circa 780 euro.
Il 75 % delle pensioni sono sotto i 1000euro;quella sociale è di 500euro, di invalidità  290 euro !
L’aumento dell’Iva al 23%(dal 21%) a decorrere dal 1° ottobre2012, non farà che aggravare la situazione,attraverso l’aumento dei prezzi e il conseguente riduzione dei consumi : a pagare sono sempre gli stessi, lavoratori e pensionati, in assenza di patrimoniale e tagli della politica.

A fronte di questo disastro sociale che va estendendosi, diventa improrogabile assicurarsi il  “minimo vitale , agendo in stato di necessità”.
Prima che sia troppo tardi. Quando la depressione da disoccupazione, sfratto,tasse,esclusione sociale, prenda il sopravento e spinga a gesti autolesionisti , come accaduto di recente a Bari a 2 coniugi ultrasessantenni che si sono suicidati , lasciando questo biglietto “ vivere senza lavoro-reddito , specie se sei in età avanzata , è peggio che avere un cancro : questa malattia ti conserva dignità ed affetti, la disoccupazione oltre a spingerti a rinunciare alla vita , ti fa perdere dignità,affetti,amici”.
L’antidoto alla disperazione è la riappropriazione sociale, ovvero la soddisfazione dei bisogni elementari attraverso l’agire collettivo, tendente alla redistribuzione della ricchezza sociale prodotta.
Abbiamo mille ragioni da vantare , a fronte di 200 MLD di evasione fiscale, di 50MLD di pensioni d’oro, di 20MLD di costi della politica, di decine di MLD dati alle banche a tassi irrisori, così che possono continuare a ingigantire la crisi speculando sul danaro e imponendoci tassi usurai .
Anziché soccombere , poniamo in essere la “ vertenza generalizzata per il minimo vitale”, a partire dalla messa in pratica del “ diritto a non pagare” i bisogni elementari nella  attuale condizione di crisi  inconfutabile.

Negli anni ‘70-’80 le autoriduzioni degli affitti ,delle bollette, dei trasporti, dei ticket,  mentre portavano un sollievo immediato alla penuria di reddito , riuscirono a conquistare il principio redistributivo della ricchezza per tutti attraverso la “ tariffazione sociale” , introducendo il meccanismo delle “ fasce sociali” per bollette-trasporti-ticket e l’equo canone per gli affitti.
Oggi ,in una condizione esasperata dalla crisi sistemica, l’autodifesa del “ non pagare per sopravvivere” non esclude, anzi premette, il nuovo capitolo dell’equità sociale.

E’ contro natura togliersi il pane di bocca e/o vietarsi di curarsi a causa della difficoltà di reddito.
A fronte dell’impoverimento generalizzato,di nuovi ceti indigenti, di svariati altri anni di miseria , si impone stringente la necessità di non soccombere , socializzando la crisi esistenziale.
Con il significato umanitario del diritto all’esistenza, con il senso di responsabilità di avere il dovuto per campare , nella legittimità iscritta nella Carta Costituzionale, va sostenuto il principio assoluto del “ diritto alla vita “ sopra qualsiasi “ diritto privato,commerciale,amministrativo”.
Chiarendo che la permanenza contingente della crisi, ci vedrà costretti a differire il pagamento di beni-servizi , cessando la quale sarà possibile  ripristinare il dovuto.

“ Si agirà in stato di necessità” , così come prevede la legge , che non condanna assolvendo coloro che di fronte a pericoli di vario genere , hanno messo in atto comportamenti straordinari “ agendo in stato di necessità”(F.De Andrè”oggi sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”)
In via preventiva andranno comunicati i presupposti e le finalità del “ non pago”  agli erogatori di beni e servizi, cercando un colloquio teso a far comprenderne gli scopi e a concordare la dilazione e/o la riduzione dei pagamenti  stante la crisi.
In ogni caso andrà autogestito e  praticato il bisogno a seconda delle necessità e dell’opportunità. avendo garantiti la rete degli sportelli sociali e legali messi a disposizione dal sindacalismo di base, dall’associazionismo mutuale e ambientale e da altri ancora.

Rientrano in questa emergenza tesa al recupero del reddito in questa situazione eccezionale di larga-lunga disoccupazione, di licenziamenti, CIG,lavori precari,sfratti e sanzioni pecuniarie :
1) il diritto all’abitare : sia attraverso la dilazione del pagamento dei mutui ; sia con la riduzione-dilazione degli affitti e/o la denuncia dei “ contratti in nero” ; sia tramite l’occupazione di case sfitte, di manufatti e spazi liberi anche per l’autorecupero;
2) le bollette acqua-gas-luce : sono servizi inderogabili, alla persona ,vanno garantiti ! l’ eventuale distacco per morosità, nella crisi, può essere deciso solo dal giudice ; per l’acqua è in corso la campagna “ obbedienza civile” , con l’autoriduzione della quota”enumerazione capitale” abrogata dal referendum;
3)i ticket sanitari : in via preventiva vanno  assicurati dal personale sanitario visite e prestazioni, e solo successivamente può essere sviluppato il contenzioso amministrativo sul mancato-ridotto-differito pagamento del ticket ;
4) le mense scolastiche e gli asili nido : la refezione  è un servizio connaturato al diritto allo studio , che con si può negare in caso di morosità giustificata; idem per gli asili nido ;
5)la tassa sui rifiuti : va ridotta-differita tenuto conto del non adeguamento dei Comuni alla Legge, che prevede entro il 31/12/2012 la “ raccolta differenziata al 60%; della sentenza C.Costituzionale(2010) che dispone il non pagamento della tassa in caso di mancanza o mal funzionamento dei depuratori;del dovuto rimborso dell’IVA ( 10% x 10 anni retroattivi) stabilito dalla C.Cassazione(2011) “ essendo la Tarsu tassa e non tariffa”;
6) i prezzi dei generi di prima necessità : l’azione collettiva è in grado di imporre ai supermercati “ un paniere di generi scontati del 50% nel mese e pagamenti dilazionati”; nella crisi va sviluppato il rapporto diretto con i contadini ,sia attraverso i GAS che coi mercatini sociali( vedi “ Terra-Terra”);
7) i trasporti urbani : vanno respinti gli aumenti ( fin oltre il 50%)  in quanto sono finalizzati a coprire le gestioni clientelari e la mancata “ cura del ferro,delle corsie preferenziali e ciclabili”;
8) le multe e le gabelle di ogni tipo:  va messo sotto accusa l’Erario, che attraverso Equitalia , si comporta come un aguzzino vessatore  e impunito nei confronti del cittadino indifeso ; in ogni caso, dilazione e differimento fino all’esaurirsi della crisi;
9) il permesso di soggiorno per i migranti : l’aumento stabilito dal governo Monti , che porta a 80-100 euro il costo , è una vera e propria “ tassa razzista” , che va denunciata in ogni sede e rifiutata con il contenzioso sociale e legale;
10) “il reddito sociale diretto e indiretto” : manca in Italia, vige nell’Europa dei 15, la sua introduzione è tanto più comprensibile ora , dove in qualche misura avrebbe contribuito ad attenuare l’impatto drammatico della crisi.
Confederazione Cobas

martedì 13 marzo 2012

ATAF MERCOLEDI’ 14 MARZO ancora SCIOPERO DI 24 ORE



…”Non è possibile chiedere maggiori soddisfazioni personali che pesano sullazienda che così non potrebbe andare avanti”… J.L. Laugaa, Amministratore Delegato di GEST in occasione del primo sciopero della tranvia (Corriere Fiorentino 1.3.12).

Quando un dirigente aziendale si può tranquillamente permettere di scambiare i diritti dei lavoratori con fastidiose ed inopportune soddisfazioni personali, significa sostanzialmente che, ci si trova in Italia e che noi lavoratori non siamo alla frutta, bensì al conto da saldare.

In questo disgraziato paese i padroni vengono legittimati dal silenzio della politica, intenta solo a preservare sé stessa e i propri privilegi di casta, a calpestare regole a tutela dei lavoratori e la dignità di questi ultimi. Nel mondo dell’impiego si assiste oramai quotidianamente, ad atti di prevaricazione di tutti quei Marchionne, Renzi, Berlusconi, Monti, ecc, che in nome dei loro vergognosi stipendi e del loro potere, applicano modelli di sviluppo scellerati che sono ad oggi risultati fallaci e persino negativi. Le liberalizzazioni e lo sfruttamento da parte dei privati dei beni comuni, ha prodotto ovunque nel mondo, un servizio peggiore e meno sicuro per la comunità (soprattutto per le fasce più deboli di essa), con un cospicuo peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei dipendenti di tali aziende.

...”Si tratta di un’azienda…in forte sofferenza. Chi comprerà non sarà un filantropo, spererà di conquistare una posizione ma anche di renderla redditizia. Ci vorranno lacrime e sangue e non si sa se basteranno”… L. Grazzini, Amministratore Delegato Busitalia (Repubblica 8.3.12).

Tocca dunque a noi lavoratori e cittadini, trattati sempre più come schiavi ben anestetizzati, prima che ci abbiano definitivamente rubato, la salute, il tempo, la vita, far sentire forte la voce del nostro dissenso: il no alla svendita di ATAF e della nostra dignità.

...”L’azienda perde…milioni, 6 o 7 nel 2011, costa poco, ma vanno comprati bus e diminuito un organico superiore alle necessità… B. Lombardi, Responsabile per l’Italia RATP (Repubblica 8.3.12).

Se da pecore ci trattano per lo meno che lo fossimo NERE!

MERCOLEDI14 MARZO SCIOPERO DI 24 ORE
Movimento: dall'inizio del servizio alle 6.00,
dalle 9.15 ( ultima partenza 8.59)alle 11.45,
dalle 15.15 (ultima partenza 14.59) alla fine servizio
DALLE ORE 15.30 PRESIDIO DEP. CURE
ALLE ORE 16.30/17.00
MERENDA CON FRITTELLE PASTICCINI E VIN SANTO

lunedì 12 marzo 2012

MOBILITAZIONE CONTRO L’APARTHEID ISRAELIANO

In tutto il mondo, a Febbraio e Marzo si tiene l’iniziativa della Settimana contro l’Apartheid. Chiedendo di aderire al boicottaggio dell'Apartheid israeliano. Domani il via in Palestina, anche a Gaza ancora sotto le bombe.
IKA DANO
Beit Sahour (Cisigiordania), 12 Marzo 2012, Nena News – Inizia oggi in Palestina l’ottava edizione della Settimana contro l’Apartheid israeliano. Con attività in tutte le città della Cisgiordania, organizzazioni della società civile e coordinamenti popolari mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica locale ed internazionale sulle discriminazioni strutturali perpetrate dallo Stato di Israele. Chiedendo al mondo di unirsi al movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Negli ultimi anni, la risposta internazionale all’iniziativa è stata in costante crescita. Nel 2011, 97 le città che hanno aderito in tutto il mondo, quest’anno sono 109. E anche Gaza, nonostante i bombardamenti, partecipa per la terza volta.
Il concetto di Apartheid è entrato nel diritto internazionale con la convenzione ONU del 1973 – con i voti contrari di Portogallo, Sudafrica, Gran Bretagna e Stati Uniti in Assemblea Generale. La convenzione mirava alla condanna dell’apartheid sudafricano, adottando però una definizione applicabile anche ad altri contesti. “Il termine ‘crimine di apartheid’, – si legge nell’articolo 2 – “designa gli atti disumani, commessi in vista di istituire e di mante­nere la dominazione di un gruppo razziale di esseri umani su un qualsiasi altro gruppo razziale di essere umani e di opprimere sistematicamente quest’ultimo”.
Molteplici gli studi legali sulla natura dell’Apartheid israeliano, definito tale in virtù della violazione del diritto alla nazionalità, alla libertà di movimento e alla residenza dei Palestinesi, negati al fine “di stabilire e mantenere la dominazione di un gruppo su di un altro” – scrive il ricercatore Hazem Jamjoum sulla rivista Al Majdal – trattandosi nel caso di Israele del “popolo ebraico definito come tale dalla legge israeliana, posto al di sopra dei “Non-Ebrei”, esclusi dallo stesso statuto legale e politico”.
La condanna dello Stato di Israele che “assoggetta i Palestinesi ad un regime istituzionalizzato di dominazione equivalente all’apartheid come definito dal diritto internazionale” è arrivata lo scorso novembre dal Russell Tribunal sulla Palestina, istituito dalla società civile in seguito alle mancata implementazione di sanzioni per la costruzione del Muro di Separazione, dichiarato illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 2004. Nella giuria, esperti legali di fama internazionale quali l’avvocato britannico Michael Mensfield e il professore di diritto internazionale John Dugard.
I paralleli tra il regime sudafricano e quello israeliano vengono riconosciuti nella natura coloniale dello Stato, nella creazione di cosidetti  bantustans – aree circoscritte in cui confinare la popolazione “indesiderata” perchè non “eletta” – e  nell’idea della necessità di supremazia “razziale”, che nel caso israeliano si traduce in pratiche di espulsione della popolazione palestinese, rincorrendo il sogno sionista “della terra senza popolo per un popolo senza terra”. E a testimoniare le similitudini tra l’Apartheid sudafricano e quello israeliano, si richiama spesso la voce dell’attivista e arcivescovo sudafricano Desmond Tutu che, invitato lo scorso anno alla conferenza dell’organizzazione Sabeel a Betlemme, ha dichiarato “qui [in Palestina] ho visto cose che non si sono viste neppure nell’Apartheid sudafricana, un livello di punizione collettiva che da noi non c`era”.
Diversi gli sforzi delle organizzazioni impegnate nella Settimana contro l’Apartheid di mettere l’accento sulla definizione legale e sulle similitudini con le politiche razziste di Pretoria, contro cui il mondo intero – seppur dopo anni – è stato disposto a solidarizzare. Tra le attività in Cisgiordania, la proiezione del documentario “Roadmap to Apartheid”- un paragone tra Sudafrica e Palestina, e dibattiti sul coordinamento del movimento anti-Apartheid. A Gaza – ancora sotto i bombardamenti  - sono previste discussioni sull’importanza della Primavera Araba per la Palestina, il significato dell’esilio nella narrativa palestinese e il ruolo del BDS nel mondo arabo.
A livello mondiale, numerose le iniziative sull’importanza del movimento di boicottaggio come mezzo di resistenza pacifica, che propio nel caso del Sudafrica, aveva dimostrato la sua efficacia. Da Montréal a Glasgow, da Lublijana a Pisa, workshops e incontri per rispondere alla chiamata di oltre 170 organizzazioni della società civile palestinese, che all’immobilità della comunità internazionale  nel 2005 ha risposto con un appello alla società civile di tutto il mondo ad unirsi al boicottaggio.
Chiari gli obiettivi: uguaglianza dei palestinesi cittadini israeliani, fine dell’Occupazione e della colonizzazione della Cisgiordania, di Gaza, delle Alture del Golan e di Gerusalemme Est, smantellamento del Muro e diritto al ritorno dei sei milioni di rifugiati palestinesi come stipulato dalla risoluzione ONU 194.
Grande assente europea della Settimana contro l’Apartheid, la Germania, dove la critica alle politiche israeliane viene bersagliata con molta facilità come antisemitismo. Ma al riparo da critiche non si è neppure altrove.  Dal Canada, dove la risonanza dell’iniziativa nelle università è forte, echeggia il ministro dell’immigrazione Kennedy “Questa settimana non è altro che un sbilanciato tentativo di dipingere Israele e i suoi sostenitori come razzisti”. “Chiedo ai Canadesi di rifiutare l’antisemitismo – ha continuato – e tutte le forme di razzismo, discriminazione e intolleranza”.
Intanto, Israele si mobilita per contrastare un’iniziativa che evidentemente desta timori: il Ministro per la Diplomaza e gli Affari della Diaspora finanzia una delegazione di un centinaio di israeliani incaricati di diffondere l’immagine positiva di Israele in Europa, Africa and America del Nord.Nena News

domenica 11 marzo 2012

Art. 18, ovvero la gigantesca opera di disinformazione dei mass media e del ceto politico: la lezione di Goebbels è ancora viva?

Pubblichiamo l'intervento di Pier Luigi Panici sulle modifiche al mercato del lavoro ed all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori

Fa davvero impressione notare che tutti coloro che discutono dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori non richiamano mai il tenore letterale della norma, esattamente come i giornalisti non ne illustrano mai il suo reale contenuto.
Da qui la gigantesca opera di disinformazione e manipolazione dell’opinione pubblica di questi giorni finalizzata a favorire, di fatto, la eliminazione della fondamentale tutela contro tutti i licenziamenti : sia quelli illegittimi con la sanzione dell’art. 18 (reintegrazione e risarcimento danni), sia quelli discriminatori con la sanzione di diritto civile (nullità, inidoneità ad interrompere il rapporto di lavoro, prosecuzione dello stesso con diritto del lavoratore a percepire tutte le retribuzioni).
Cito l’ultimo imbarazzante ed emblematico caso accaduto a Ballarò il 21.02.2012.
L’on. Finocchiaro, parlamentare molto autorevole politicamente e con una solida preparazione giuridica (proviene dalla Magistratura) ha affermato che non deve essere eliminata la tutela dell’art. 18 per i licenziamenti discriminatori, anzi deve essere estesa a tutti i lavoratori.
Il furbo on. Sacconi si è detto d’accordo, il conduttore dr. Floris nulla ha obiettato.
Ma, come vedremo, per i licenziamenti discriminatori c’è la tutela prevista dalla Costituzione, dal codice civile e da specifiche leggi; tali normative si applicano a tutti i lavoratori, a prescindere dall’art. 18.
leggi tutto....

domenica 4 marzo 2012

La retorica della "domenica senza lavoro"

Il 4 marzo è la Giornata Europea per le domeniche libere dal lavoro promossa dalla European Sunday Alliance ", una rete di organizzazioni sindacali, associazioni civili e religiose che puntano le loro attività sul rispetto dei tempi di vita e di lavoro".
Su questo tema Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno organizzato iniziative in molte città italiane. “Libera la domenica dal lavoro, oggi non fare shopping" è lo slogan della campagna ma sarà vero?
Solo pochi anni fa Cisl e Uil sottoscrissero un contratto nazionale che prevedeva le domeniche lavorative, l'anno dopo la stessa Cgil che quell'accordo non lo aveva firmato, l'accettò in nome di un non meglio definito patto per lo sviluppo nel commercio.
Se firmiamo contratti nazionali che aprono la strada alle domeniche lavorative, i grandi marchi commerciali prendono la palla al balzo e , sulla scia delle liberalizzazione volute dall'Unione europea dei banchieri e dal governo Monti, alzano la posta in gioco. L'art 31 del decreto di fine anno  liberalizza gli orari della distribuzione commerciale che già in parte erano previsti dal decreto Bersani, la risposta di Cgil Cisl Uil non è stata quella di entrare nel merito della organizzazione del lavoro, dell'aumento dei carichi di lavoro, di un orario frammentato e flessibile che già impone alle lavoratrici e ai lavoratori condizioni di vita precarie e indecenti. Cgil Cisl Uil si sono preoccupate solo di concertare con gli enti locali una regolamentazione delle domeniche lavorative e da qui sono partiti ricorsi al Tar e la scesa in campo di alcuni sindaci che si sono fatti paladini "dei diritti dei lavoratori".
Ma la posta in gioco è ben altra. Nel settore del commercio stanno passando contratti ed accordi che oltre a non incrementare salari già di per sè bassi, stanno distruggendo molte conquiste in fatto di malattia, di rispetto delle mansioni (ti vogliono flessibile e utilizzabile ovunque), stanno trovando il modo di farti lavorare di sera e nei giorni festivi a costo zero per l'azienda (qualche euro di differenza non si nega a nessuno, ma nella sostanza i profitti aziendali aumenteranno in misura esponenziale rispetto al salario di chi lavora), insomma impongono una organizzazione del lavoro atta ad impedire ogni rivendicazione.
Di questo dovrebbero occuparsi i sindacati per esempio non sottoscrivendo contratti che peggiorano le condizioni di vita e di lavoro nel commercio. E' giusto opporsi alle domeniche lavorative ma quale opposizione credibile si può costruire se gli accordi sottoscritti prevedono domeniche lavorative e trattamenti iniqui per i primi giorni di malattia? Insomma al di là della retorica domenicale, chi tutela le lavoratrici e i lavoratori del commercio?