lunedì 6 dicembre 2010

VOGLIONO CANCELLARE IL DIRITTO DI SCIOPERO! DIFENDIAMO IL NOSTRO BENE COMUNE.

Dopo che la legge detta “Collegato lavoro” ha posto in essere l’attentato permanente ai diritti dei lavoratori, il governo, in conto proprio e per conto di Confindustria, ha messo sotto tiro il diritto di sciopero.
A differenza di altri paesi europei, le procedure di sciopero nei servizi pubblici in Italia sono già macchinose e lunghe, per rendere meno efficace lo strumento e indebolire il potere di contrattazione dei lavoratori e delle lavoratrici italiane.
La legge n. 146/90, infatti, stabilisce già oggi che, per poter effettuare la prima azione di sciopero, tra procedure di raffreddamento e di conciliazione e proclamazione, occorre che passi almeno un mese. In pratica se il padrone licenziasse un lavoratore dei trasporti, la risposta di solidarietà e di lotta per lui potrebbe scattare solo dopo un mese ...
Ma al peggio non c'è limite. Così, ecco che il 27 febbraio 2009 il Consiglio dei ministri approva un disegno di legge delega in materia di sciopero nei trasporti, che continua il suo cammino senza che nessuno lo fermi o si opponga.
Il disegno di legge stabilisce il requisito minimo di rappresentatività del 50% per poter proclamare uno sciopero. Il sindacato che non lo possiede, ma raggiunge una soglia di rapresentatività superiore al 20% può proclamare sciopero solo se prima indice un referendum e ottiene il consenso di almeno il 30% dei lavoratori interessati. Una volta raggiunto il quorum, lo sciopero dovrà rispettare le procedure previste dalla legge n. 146/90.
Il sindacato che ha meno del 20% di rappresentatività non potrà né indire il referendum né proclamare lo sciopero. Dietro la cortina fumogena delle dichiarazioni a favore dei diritti degli
utenti dei trasporti, risulta chiaramente che Sacconi (ormai prossimo al “premio Nobel” come ministro contro il lavoro!), il suo governo, i partiti concorrenti del cosiddetto centro-destra attivo per sfiduciarlo e, sotto sotto, anche quelli di centro sinistra vogliono rendere impraticabile ogni forma di sciopero nel settore, malgrado esso sia un diritto individuale e indisponibile, cioè non sottraibile alla disponibilità di ogni singolo lavoratore.
E’ chiaro che non è democratico far dipendere l’esercizio del diritto di sciopero dalla cosiddetta rappresentatività, in genere basata sulla debolezza in cui si trovano oggi i lavoratori e sul clientelismo sfrenato delle “grandi” centrali sindacali a caccia di iscritti cui offrire briciole di diritti.
La democrazia, infatti, consiste nel libero diritto di ogni formazione sindacale di proclamare sciopero e nel libero diritto di ogni lavoratore di aderirvi o non aderirvi. Se si vedono anche alcuni altri aspetti del disegno di legge, non si può non arrivare alla conclusione che l’obiettivo che esso si prefigge consiste nella pratica cancellazione del dirito di sciopero.
Per esempio, l’obbligo di dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero, che costringe il lavoratore a dichiarare se ha intenzione di aderire o meno, col rischio di sanzione nel caso non rispetti quanto dichiarato.
E’ chiaro che quest’obbligo mira a scoraggiare il lavoratore dal partecipare agli scioperi, perché, in tempi bui come gli attuali, lo pone nella condizione di esporsi in prima persona, sottoponendolo alle intimidazioni e ai ricatti della gerarchia aziendale. O l’inasprimento delle sanzioni in caso di azioni fuori dalle regole. Sanzioni per migliaia di euro, che rappresentano minacce in stile “terroristico”, perché precipitano tutti nella paura e nell’abbandono di ogni volontà di lotta. O lo sciopero virtuale: un ennesimo colpo di perfida fantasia del ministro, che comporta la prosecuzione dell'attività lavorativa con perdita della retribuzione per il lavoratore e il versamento da parte del datore di lavoro di un contributo a un “fondo con finalità sociali”. Con buona pace di chi pensa che lo sciopero dovrebbe essere uno strumento utile a spostare a favore dei lavoratori i rapporti di forza!
Ma il Sacconi-pensiero ha già manifestato l’intenzione di partire dal settore dei trasporti, per addomesticare tutto il resto del lavoro dipendente, non solo pubblico (già disciplinato dalla legge n. 146/90), ma anche privato. In questa prospettiva, il suo ministero ha già avviato il lavoro di
elaborazione di una disciplina generale anti-sciopero (una specie di “testo unico” della materia), con la finalità di colpire tutti i settori lavorativi e chiudere in una gabbia autoritaria il conflitto sindacale e quello in genere sociale, per esempio sanzionando il blocco del traffico con multe di migliaia di euro sulla testa di ogni manifestante.

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