venerdì 31 agosto 2012

I Cobas replicano alla Cgil sull'accordo del conciario

La recente approvazione dell'accordo quadro del settore conciario apre alcuni e inquietanti interrogativi. Già nella premessa, le associazioni imprenditoriali rivelano il vero interesse dell'accordo: sollecitare l'immediato intervento della Regione sulla questione Tubone, un progetto nato con il solo scopo di annacquare gli scarichi conciari con oltre 20 milioni di metri cubi d'acqua proveniente dai sistemi di depurazione della Valdera e della Valdelsa.
 
Come nella vicenda ILVA, sono gli interessi padronali a farla da padroni, certi del consenso esplicito \acritico dei sindacati concertativi che continuano a tacere sui veleni in nome di quella assurda mentalità del “Lavoro purchè sia”. 
 
E' utile ricordare che le concerie lavorano “legalmente” solo sulla base di una deroga provinciale che fissa nel 2015 la scadenza ultima per mettersi a norma. L'accordo diventa perciò la moneta di scambio per scaricare quasi per intero sulla collettività (meno del 7% saranno gli oneri a carico degli imprenditori) i 130 milioni di euro previsti dal progetto . Più che condividere tali premesse (come leggiamo nell'accordo), Cgil Cisl e Uil dovrebbero mettere al primo posto la salute dei lavoratori e della popolazione del comprensorio, chiedendo incentivi per le produzioni meno inquinanti e indicando limiti certi da non oltrepassare.
 
Il secondo aspetto salutato in maniera entusiastica dai sindacati firmatari è l'avvio della previdenza integrativa per i lavoratori del conciario. 
 
 
Non si capisce il perché di tanto entusiasmo se si considera che l'andamento medio dei fondi pensione di categoria è stato di gran lunga più basso rispetto a chi ha scelto di tenere il TFR in azienda. Secondo i dati forniti dall'istituto di vigilanza (COVIP), il rendimento medio di tutti i comparti è stato nel 2011 dello 0,1%, a fronte del 3,5% guadagnato da chi ha lasciato il TFR in azienda.
 
 
Tutto questo nonostante un contributo aziendale ai fondi pensione che varia dall'1,2 all'1,5% della retribuzione lorda. Continuare a sponsorizzare tali forme speculative porta alla inevitabile commistione degli interessi del lavoro con quelli speculativo/finanziari, questione inaccettabile per un sindacato.
 
 
Come COBAS abbiamo sempre contrastato la truffa dei fondi pensione (e con noi 3 lavoratori su 4) e crediamo che la difesa dei diritti e dei salari dei lavoratori non possano prescindere dalla rivendicazione di un sistema previdenziale pubblico universale, solidale e dignitoso. Come Cobas pensiamo che il sindacato non possa identificarsi con i datori di lavoro perchè la difesa degli interessi dei lavoratori stride con quella dei profitti aziendali, profitti ai quali Cgil Cisl Uil legano una parte significativa del salario.

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