giovedì 21 maggio 2009

E se ci ribellassimo?


Sono rientrato a casa dopo un lungo giro in bicicletta. Per terra, all’entrata, una busta, che qualcuno aveva infilato sotto la mia porta. Mi sono chinato col cuore in gola per raccogliere la busta in questi tempi di corvi svolazzanti, l’ho aperta con mani tremanti, ho sfilato il foglio che ci stava dentro e ho letto il messaggio – scritto in centoventisette lingue. Trascrivo qui la versione italiana, naturalmente.

Essa dice così:
«Cari lombardi, emiliani e toscani, bianchi cristiani ed ariani, forse è meglio parlarvi con chiarezza prima che accada l’irreparabile. Noi siamo cinque miliardi.
Yoruba e pashtun, azeri e moldavi, tamoul e roma, banghal e dogon guarani e alawit.
Insomma negri, ma tanti.
E non smettiamo di crescere di numero mentre voi lombardi, emiliani e toscani, bianchi cristiani ed ariani tendete verso l’estinzione, quanto a numero forza e intelligenza.
Abbiamo sentito il viso pallido che avete scelto come dittatore, dichiarare che l’Italia non è un paese multietnico. La stirpe italiana di pura razza ariana non deve contaminarsi? Spiace dovervelo dire, ma le vostre nonne e bisnonne hanno già concepito milioni di figli con saraceni libanesi e turchi. Ma non è questo il punto. In realtà quello che vi spaventa è l’idea di spartire la ricchezza che avete accumulato nei vostri forzieri e nei vostri frigoriferi con noi, che siamo cinque miliardi e abbiamo fame.
Negli ultimi cinquecento anni avete invaso le nostre terre, sequestrato i nostri figli per farli lavorare come schiavi nei campi di cotone o nelle fabbriche, avete bruciato le nostre capanne e violentato le nostre donne. Ci avete sfruttati rapinati e uccisi e sulla nostra miseria e morte avete costruito la vostra civiltà. Ma non vogliamo rinvangare il passato. Facciamo finta di niente. Parliamo di adesso.
Adesso le frontiere sono aperte per i vostri capitali, che vengono nei nostri paesi a farci lavorare duro per salari di fame, e in cambio a noi non resta niente perché il profitto va nelle vostre banche. Noi avevamo capito che le frontiere fossero aperte anche per gli esseri umani, invece ci arrestate appena arriviamo nella vostra terra, ci chiudete in campi di concentramento, addirittura ci respingete in mare, senza rispettare neppure le vostre leggi, e ci mandate a morire in qualche campo di sterminio.
Allora abbiamo deciso di scrivervi questa lettera.
Ci sono due possibilità a questo punto.
La prima è che facciamo uno sforzo di comprensione reciproca. Noi siamo disposti a venire nei vostri paesi per lavorare con le nostre braccia giovani dato che voi non siete più in grado neppure di reggervi in piedi. Siamo disposti a occuparci dei vostri vecchi che perdono la memoria e il senno in numero crescente. Siamo disposti a collaborare per rendere la convivenza più civile, siamo disposti a scambiarci esperienze e conoscenze, a imparare la vostra lingua se ci permettete di frequentare le vostre scuole, siamo disposti a rispettare le vostre regole se tengono conto del fatto che ci siamo noi, e che abbiamo gli stessi diritti che avete voi.
Ma se non riuscite a capirlo rapidamente, se insistete nel volerci sfruttare senza darci in cambio neppure un letto, un permesso di soggiorno, il diritto alla scuola e alle cure mediche, se continuate a comportarvi come dei nazisti, che è esattamente quel che sta facendo il vostro presidente del consiglio e quella banda di razzisti analfabeti che vanno in giro con le camicie verdi, se continuate a diffondere odio razzista ed ammazzare i nostri fratelli, allora le cose andranno a finire molto male. Finora siamo stati pazienti perché sappiamo che gli italiani sono poveracci che fino a qualche anno fa emigravano come noi, ma da qualche tempo vi siete montati la testa e credono tutti di essere diventati divi della TV, mentre non siete che foruncolosi miserabili coglioni terrorizzati perché sapete bene di essere solo i più poveri tra i ricchi, o forse i più ricchi tra noi poveri.
Se volete la guerra l’avrete, ma sappiate che noi siamo abituati a soffrire, a vivere in condizioni difficili, a tollerare il caldo e il freddo, a sopportare cose che nessuno di voi sa neppure immaginare. Se volete la guerra molti di noi moriranno, ma molti di noi stanno già morendo adesso. Voi non siete abituati a quello che potrà capitarvi, e non ci soffermiamo sui particolari.
Ritirate le vostre leggi razziste, aprite le vostre frontiere a chi è costretto a fuggire dai territori che il colonialismo ha devastato. Concedete agli stranieri che lavorano un permesso di soggiorno. E fate presto perché il vostro tempo sta per scadere…»

Sotto questo testo, che mi ha fatto un po’ paura, ci sono cinque miliardi di firme.

Non sto a trascriverle perché il tempo stringe.
e se i clandestini si ribellassero?

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