ANALISI CRITICA DEL “PIANO CASA” DEL GOVERNO RENZI
Il decreto legge recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa”
varato dal Consiglio dei Ministri del 12.03.2014 comprende al suo
interno un insieme di misure applicate con costanza negli ultimi decenni
che di certo non rappresentano una scatto in avanti per affrontare
l’emergenza abitativa evocata nel titolo, misure che non hanno
assolutamente intaccato l’enormità del problema abitativo in Italia e
che risulta irritante vedere riproposte tali e quali dopo anni e anni di
fallimenti.
L’ambito normativo in cui ci si muove è sempre quello dalla legge 431
del 1998 che ha introdotto la liberalizzazione degli affitti e ha
lasciato mano libera ai proprietari di casa nel fissare le condizioni di
mercato degli affitti. Gli interventi dello stato sono, anche con questo
decreto, al massimo rivolti a contenere gli effetti nefasti della
liberalizzazione senza andare ad intaccare la supremazia assoluta
dell’interesse della rendita e della proprietà, cercando anche di
stroncare, con l’art. 5 del decreto, i movimenti di riappropriazione dal
basso di valore d’uso. Al massimo potranno avere qualche giovamento le
famiglie che si potranno permettere l’housing sociale o l’affitto
concordato, con prezzi sempre più vicini a quelli di mercato, quindi
famiglie con reddito medio/medio-basso. Completamente escluse le
situazioni di vero disagio, gli sfrattati, le famiglie con un solo
reddito precario o senza reddito, condannati sempre di più
all’emarginazione. Altro che cambio di tendenza!
Questo piano casa è uguale a quello di Berlusconi, rispolverando la
vendita del patrimonio erp, facendone un perno centrale della manovra,
andando a impoverire ulteriormente la dotazione già misera (meno del 4%
del totale delle abitazioni) dei comuni italiani.
In continuità con le manovre precedenti sulla casa sembra fatto per
offrire facili occasioni di intervento alle imprese del settore edile,
che si vedono riconosciuti anche benefici fiscali (art.6). Non si
accenna a misure minimali come il blocco degli sfratti, la tassazione
dello sfitto o il recupero a fini di edilizia pubblica di aree edificate
abbandonate (caserme per esempio).
La classe proprietaria è una casta i cui interessi non devono essere
essere sfiorati e costoro sono i veri beneficiari di una manovra che si
presenta sotto mentite spoglie. Noi restiamo persuasi, anche di fronte
al fallimento già verificato delle misure pedissequamente riproposte con
questo decreto, che il bisogno di casa vissuto da centinaia di migliaia
di famiglie, giovani, studenti sia risolvibile, in completa
controtendenza con il piano casa di Renzi e Lupi, andando a intaccare
pesantemente la grande proprietà immobiliare, con la requisizione dello
sfitto, il blocco degli sfratti, un piano di edilizia popolare da
avviare su aree già edificate e abbandonate, la conversione
dell’edilizia sociale/housing sociale in edilizia residenziale pubblica.
Veniamo a un’analisi più approfondita del provvedimento tanto
sbandierato come dirompente e innovativo
All’art 1 si definiscono gli importi per gli anni a venire del fondo
nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione e per la morosità
incolpevole.
Il primo fondo è stato istituito sempre con la legge 431/98 per
permettere agli inquilini di sostenere il pagamento del costo
dell’affitto anche in caso di difficoltà. Il fondo nel 1999 era di 388
milioni di euro, oggi in una situazione di crisi devastante e con un
numero infinitamente più alto di famiglie in difficoltà con il pagamento
degli affitti il fondo è passato a 100 milioni di euro. A ben poco vale
ricordare che nel 2013 il fondo era stato addirittura azzerato. Si
tratta comunque di soldi che passano direttamente dallo stato al
proprietario che affitta, garantendo con soldi pubblici la rendita del
proprietario al quale i soldi vengono versati direttamente. Stesso
discorso per il fondo della morosità incolpevole: in cambio della
sospensione momentanea della procedura di sfratto il proprietario riceve
dallo stato quanto gli spetterebbe. Anche in questo caso si distribuisce
miseria. Di fronte alla marea montante degli sfratti i 60 milioni scarsi
di Euro previsti per il 2014 e 2015 di questo che possiamo considerare
il surrogato del blocco degli sfratti, sono un insulto all’emergenza
sociale. Il sistema dei fondi come abbiamo da sempre denunciato giova
principalmente ai proprietari e garantisce la rendita, vero interesse
tutelato da questa misura.
Con l’art 2 e l’art 9 il decreto intende rilanciare il secondo canale di
contrattazione, quello a canone concordato. In cambio di agevolazioni
fiscali il proprietario si impegna in questo caso ad affittare a un
livello d’affitto definito sulla base di contrattazioni territoriali tra
rappresentanti dei proprietari e degli inquilini. Stiamo parlando di
canoni un po’ più bassi del libero mercato ma comunque ben remunerativi
per i proprietari. Questo secondo canale, introdotto sempre dalla legge
431/98 è stato per anni completamente soppiantato dal canale di
contrattazione libero. Ultimamente si cerca in tutti i modi di
rilanciarlo con l’aumento delle agevolazioni fiscali come in questo caso
con la riduzione dal 15% al 10 % della cedolare secca. Rimane il fatto
che questo tipo di contratto decolla solo nelle provincie dove si
aggiornano gli accordi territoriali cioè dove si aumenta il livello dei
canoni concordati. Lasciando il pallino nelle mani dei privati
naturalmente questi si orientano verso le soluzioni più redditizie e non
certo verso la soluzione dell’emergenza casa.
All’art 2 si prevede anche la possibilità di coinvolgere e finanziare
tramite convenzione coi comuni le cooperative edilizie che affittano a
canone concordato.
All’art.3 e 4 si parla del patrimonio residenziale pubblico. Da un lato
art 4 per avviare un piano di recupero degli alloggi ERP non assegnati
per i quali verranno utilizzati fondi già esistenti nel bilancio del
ministero delle infrastrutture e non spesi per un massimo di 500 milioni
di euro più 67,9 milioni di euro non spesi da programmi di edilizia
residenziale precedenti. Nella relazione tecnica del decreto si parla di
12.000 alloggi l’anno, staremo a vedere, ma sono ben poca cosa rispetto
alle 650.000 famiglie attualmente in lista d’attesa nelle graduatorie.
All’art. 3, però, in piena contraddizione con il progetto di estendere
la disponibilità di alloggi ERP esposto all’art.4, si prevede di
accelerare il piano di dismissione di alloggi ERP già previsto dal
Governo Berlusconi nel 2008.
Gli alloggi vengono offerti con diritto di prelazione agli inquilini ma
come si è sempre riscontrato nel caso di procedimenti analoghi,in
mancanza di prelazione dell’inquilino l’alloggio viene venduto al
privato che vuole fare la speculazione, ma questo non è l’unico limite
naturalmente di provvedimenti di questo tipo perché anche se gli
introiti della vendita degli alloggi devono essere reinvestiti nel campo
dell’edilizia residenziale pubblica la partita ha un risultato netto
sempre a perdere e ciò significa che il patrimonio complessivo si
impoverisce inevitabilmente, anche perché gli standard per le nuove
costruzioni sono sempre molto più costosi del vecchio.
Dell’art.5 abbiamo già accennato. Si vuole stroncare qualsiasi movimento
che vada ad intaccare gli interessi della speculazione e che cerchi di
orientare la proprietà privata inutilizzata verso finalità sociali.
Impedire l’acquisizione della residenza e l’allaccio delle utenze negli
stabili occupati significa tentare di eliminare uno strumento concreto e
diretto di risoluzione del bisogno abitativo, unico strumento esistente
per migliaia e migliaia di persone che vi fanno ricorso, il tutto di
fronte al nulla prospettato a livello istituzionale anche con questo
decreto. Se si abbandona la pratica della riappropriazione diretta
l’emergenza sociale diventerà ancora più drammatica proprio perché le
soluzioni offerte dal mercato e dalle istituzioni non sono
raggiungibili.
Art.6 prevede agevolazioni fiscali per le imprese che affittano alloggi
sociali.
Art.7 prevede detrazioni fiscali per chi è titolare di contratto di
locazione di alloggi di social housing.
Art.8 altro articolo che prende in considerazione chi la casa ce l’ha
già (alloggio sociale) per favorirne in questo caso il riscatto in
proprietà tramite agevolazioni fiscali.
Art. 9 vedi art.2 di cui sopra si parla di agevolazioni fiscali per chi
affitta a canone concordato.
Art.10 detrazioni Irpef per l’acquisto di mobili e arredi.
Art.11 ha la finalità di accelerare i piani di social house già avviati
o di tramutare in social housing progetti edilizi destinati ad altre
finalità.
Art.12 e 13 sono articoli di definizione operativa e copertura
finanziaria.
Che dire tutto già visto, sperimentato, fallito, metà degli articoli
riguardano chi la casa ce l’ha già, altri sono fatti esplicitamente o
implicitamente per i proprietari, i piani sul recupero erp sono
annullati da quelli sulla vendita. Bisogna a questo punto chiedersi se
la povertà e l'emergenza casa siano un problema o un'opportunità per
questo governo.
Il senso di questa manovra è per noi chiaro, attaccare pesantemente la
dignità di chi oggi vive, incolpevolmente, senza reddito sufficiente per
arricchire a dovere gli speculatori. Minacciare chi prova sollevarsi
contro una legalità ingiusta e un destino che non bisogna cambiare.
Garantire ai soliti noti rendite e potere a scapito dei diritti di
tutti. Vogliono creare una nuova classe di schiavi, disposti ad
accettare tutto, impauriti ed isolati. Sta a noi impedirglielo, ne va
del nostro futuro, della nostra dignità, della nostra vita.
AVANTI CON LA LOTTA
RETE DIRITTI IN CASA PARMA